Redazionale
Si sono svolte domenica a Madrid, Barcellona e in altre 55 città le manifestazioni indette dai sindacati "Comisiones Obreras" e UGT contro la "riforma" del mercato del lavoro del governo di destra del Partito Popolare...
Secondo gli organizzatori hanno partecipato più di un milione e mezzo di persone. Izquierda Unida ha, come sempre, partecipato in massa e, per la prima volta dopo quasi dieci anni, alle manifestazioni sindacali ha partecipato anche il Psoe, tornato all'opposizione dopo le recenti elezioni. I segretari delle CCOO e dell'UGT hanno detto che le manifestazioni di ieri sono solo l'inizio di una mobilitazione che si prefigge esplicitamente l'obiettivo di impedire l'emanazione del decreto governativo, ma non hanno ancora convocato lo sciopero generale, richiesto invece a gran voce dalla maggioranza dei manifestanti e da Izquierda Unida. Il decreto annunciato dal Primo Ministro Rajoy, che oltre ad avere la maggioranza assoluta dei seggi in parlamento ha incassato già l'appoggio della destra catalana, fa carta straccia di quasi tutti i diritti dei lavoratori sopravvissuti alle diverse "riforme" del mercato del lavoro emanate dai governi socialisti e popolari negli ultimi venti anni. In particolare si elimina la giusta causa nel licenziamento (che comunque era solo fonte di indennizzo da parte dell'impresa nei confronti del lavoratore licenziato) nel primo anno di assunzione in tutte le imprese sotto i 50 dipendenti (che in Spagna sono più del 90 %) e si supera di fatto la valenza del contratto nazionale di lavoro giacché si da alle imprese la facoltà unilaterale di derogare da esso.
Lo Statuto dei lavoratori varato dal parlamento nel 1980, rimaneggiato (sempre in senso peggiorativo) per ben 53 volte in 32 anni soprattutto dai governi socialisti, con questo decreto viene praticamente annullato. Già a partire dalla fine degli anni 80 il mercato del lavoro era stato fortemente precarizzato (il triplo della media europea) e dal "periodo d'oro" (1995 – 2007) con una forte crescita occupazionale caratterizzata dalla precarietà negli ultimi 5 anni si è passati al 22 % di disoccupazione con una perdita secco di quasi tre milioni di posti, dei quali più del 70 % di giovani precari.