di Bruno Giorgini
Alle 22.33 del 6 maggio Martine Aubry sale sul palco di Place de la Bastille piena oltre ogni limite così come le strade laterali. Dice poche parole, in mezzo a uno scroscio d’applausi. Tra queste figura “l’eguaglianza”, centrale anche nel primo discorso di Hollande da Presidente pronunciato a Tulle in Coreze, la provincia di cui era presidente,“uguaglianza”parola ben più densa dell’”equità”, che invece è dizione decerebrata.
In una sera come questa ci sono particolari che contano più dei discorsi. Per esempio quando alla televisione vedo Place de la Bastille, la prima cosa che mi salta agli occhi è una enorme bandiera rossa del PCF che garrisce più alta di tutte. Per esempio quando centinaia di socialisti e militanti di sinistra “occupano” Place de la Concorde, simbolo della destra, Place de La Concorde da dove Sarkozy aveva tentato di mobilitare in piazza la “maggioranza silenziosa”. Anche la Piazza dell’Hotel de Ville, il comune, da dove prese inizio la Comune appunto, è zeppa di bandiere rosse. Viceversa lo sgomento della destra si rivela intero quando Jean Francois Copè, segretario dell’UMP, senza aver detto una parola si alza indispettito abbandonando il palcoscenico di France 2, la principale rete televisiva pubblica, mentre il grande schermo che campeggia dietro il tavolo del dibattito rimanda le immagini della Bastiglia in festa. Sono centinaia di migliaia, quasi ogni ragazza porta una rosa rossa tra i capelli, un giovane dice: finalmente adesso arriva il socialismo. Sempre sui particolari ai margini, i ricchi borghesi di Neuilly -sur- Seine (Hollande è al 15%) dicono ai microfoni di essere molto preoccupati per le misure fiscali annunciate dal nuovo Presidente durante la campagna elettorale. Significativo è anche l’arrivo del Primo Ministro Fillon alla Mutualitè, sala parigina, dove sono convocati i militanti della destra per ascoltare il discorso di commiato del Presidente sconfitto, soltanto dopo che Sarkozy se ne è andato, non solo dal palco ma dalla sala. Quindi qualche passaggio tra una intervista e un discorso: Martine Aubry dice che la vittoria è “dovuta all’accordo (dei socialisti) con l’insieme dei partiti di sinistra”, un accordo che, almeno in modo esplicito, non è mai stato annunciato, tutti hanno notato l’assenza di Melénchon dalla Bastiglia, e che peserebbe nelle prossime elezioni legislative di cui già si discute. A Pierre Moscovici, uno degli strateghi di Hollande, scappa un lapsus forse freudiano: Hollande annuncerà il ritiro della Francia dalla NATO. Sconcerto dell’intervistatore, e rapida correzione, volevo dire ritiro dall’ Afghanistan. Quindi veniamo in breve ai discorsi dei due candidati. Sarkozy parla per primo alla Mutualitè, tesissimo quasi livido, annunciando un passo indietro rispetto alla politica attiva, di fatto almeno per ora il suo ritiro dalla scena pubblica. Nel pomeriggio all’Eliseo erano confluiti tutti i maggiori dirigenti dell’UMP, se la decisione di Sarkozy sia stata “ sollecitata” perché lasciasse campo libero in vista delle prossime scadenze, o se egli l’abbia presa in piena autonomia non è dato sapere, e neppure se si tratti di un passo indietro per farne poi due in avanti, o invece sia definitivo. Comunque marca la sua attuale sconfitta anche personale. Ovviamente ha iniziato il suo discorso rendendo omaggio alla scelta democratica e repubblicana dei concittadini, dichiarando di avere fatto via telefono gli auguri di buon lavoro al nuovo Presidente. Insomma per una volta ha cercato di sdrammatizzare l’alternanza, dopo avere cercato di far leva sulla paura dei “socialisti” per mesi. Una dichiarazione di fine della “guerra civile simulata e virtuale” che egli durante la campagna, soprattutto dopo il risultato del FN al primo turno, aveva cercato di innescare nell’immaginario collettivo. Hollande parla a Tulle, in Coreze a piazza Gambetta, batte e ribatte sull’eguaglianza e sulla giustizia, su una repubblica inclusiva e non delle fratture e divisioni, evoca la necessaria “transizione ecologica”, dichiara i suoi due assi portanti, scuola e giovani, con tono grave afferma che “l’austerità non è una fatalità” e che il 6 maggio deve significare un nuovo inizio per l’Europa. Conclude con orgoglio, je suis socialiste, io sono socialista, e sarò il Presidente di tutti i francesi. Infine il tradizionale “vive la France, vive la Republique”. Intanto a Marsiglia risuonano i clacson come quando vince l’OM , la squadra del cuore, e i marinai al porto azionano le sirene, il PS non ha dato appuntamenti, eppure è diventato il primo partito, ma forse stenta a crederci oppure è ancora timido. Prima di chiudere un ultimo particolare: dalle 21 i bonari accompagnatori del PS, guardie del corpo del candidato, sono stati sostituiti dai cerberi impenetrabili dei servizi di sicurezza presidenziali, e Hollande appariva un po’ stupefatto, lui che spesso girava fino a ieri per Parigi in scooter. In bocca al lupo Presidente socialista, nel mezzo di una crisi squassante dove spesso la destra ingrassa e sguazza.
PS Da domani ricomincia la politica, dura e difficile, ancor più dura e difficile della campagna elettorale che non fu certo una passeggiata. A risentirci.
da eilmensile.it