di Timo Reuter
Più di 30 mila persone, stimano gli organizzatori, sono scese in piazza ieri contro la politica dell'Europa istitituzionale nella crisi finanziaria. In un corteo variopinto e pacifico, gruppi dell'intero arco della sinistra - riuniti nell'alleanza per blockupy - sono sfilati per tre ore nella metropoli delle banche. Gli attivisti venuti da tutta Europa si sono raccolti
attorno a mezzogiorno vicino alla stazione ferroviaria. Dopo il comizio iniziale, il corteo ha raggiunto la Banca centrale europea. E lì tutti hanno gridato forte la loro rabbia per lo strapotere dei mercati finanziari e per meccanismi decisionali antidemocratici. Un tema è stato anche il divieto, disposto dal comune di Francoforte, di tutte le iniziative di blockupy da mercoledì a venerdì. I tribunali hanno confermato i divieti, tranne che per il corteo di sabato, unico autorizzato. Thomas, della tendopoli sgombrata mercoledì davanti alla Bce, parla di un' «orgia di divieti, con una motivazione solo politica», che si trattasse di comizi, di assemblee o di concerti. Ciò nonostante, sin da mercoledì sono arrivati migliaia di attivisti. Nei giorni del gran divieto si sono replicate dozzine di manifestazioni spontanee, fin quando non sopraggiungeva la polizia. Sebbene sin da mercoledì la polizia abbia distribuito a raffica fogli di diffida a muoversi in centro, e abbia fermato e trattenuto per ore centinaia di persone, sabato la città si è riempita. Perfino la polizia stima a 20mila i partecipanti al corteo. «Blockupy ha vinto», è il bilancio di Frauke Distelrath di Attac: «Le autorità non sono riuscite a impedire la nostra protesta». Sindacalisti, critici della globalizzazione, animalisti, ambientalisti, anticapitalisti hanno sfilato insieme, a riprova dell'ampiezza della contestazione. «Siamo venuti perché è necessario dimostrare contro la perversione del sistema della banche, contro la ripartizione delle risorse alla rovescia, dal basso verso l'alto», dicono Manfred e Petra, arrivati da un sobborgo di Francoforte. Con loro hanno portato il figlio Bennet, di un anno, che prova i suoi primi denti su un volantino della Piattaforma comunista e si gode il sole. I suoi genitori non temono gli «incidenti violenti», di cui da settimane favoleggiano le autorità. «Solo uno spauracchio, senza riscontri nella realtà». Col pseudoargomento di una minaccia per l'ordine pubblico, il comune avrebbe voluto interdire pure il corteo di sabato. L'alleanza di blockupy aveva replicato ricordando che il suo documento programmatico escludeva ogni escalation da parte degli attivisti. Blockupy ha mantenuto la parola, «nonostante massicce provocazioni della polizia per quattro giorni consecutivi», constata Ulrich Willen, presidente regionale della Linke , il partito socialista. Ieri un imponente schieramento di polizia presidiava tutta la zona della dimostrazione, e più volte è entrato con centinaia di agenti dentro il corteo. Soprattutto il blocco anticapitalista è stato a tratti circondato e marcato stretto. «La tattica della polizia serve a impedire reati e eccessi violenti», sostiene un suo portavoce. «Una pura beffa», replicano quelli di blockupy, infuriati per le aggressioni in uniforme. «Lo svolgimento di questa quattro giorni ha dimostrato l'assurdità delle previsioni allarmistiche del comune e della polizia», dice Frauke Distelrath. Le fa eco Christoph Kleine, della Interventionistische Linke : «Ci siamo trovati di fronte un potere statale che non voleva concederci alcuno spazio, ma ce lo siamo preso. Chi è venuto qui si è ripreso da solo il suo diritto a protestare». Kleine, e gli altri collegati nella rete che ha promosso la campagna francofortese, vogliono conservare questo slancio per il futuro: « Blockupy è stata solo l'inizio di un contropotere organizzato dal basso». Iniziative concrete non sono ancora state concordate. Ma seguiranno, perché «i mercati finanziari sono ancora ben lontani dall'essere imbrigliati, e ancora da venire è una sostanziosa imposta patrimoniale per tutta l'Unione europea», prosegue Distelrath, di Attac. Occorrerà intervenire attivamente anche contro il patto fiscale che, con l'obbligo di pareggiare i bilanci, «toglie ai governi europei quasi ogni spazio di manovra».
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