di Alessandro Robecchi
I banchieri, gli imprenditori, i finanzieri, i geni dell'economia di mercato e gli altri guru del disastro riuniti al famoso Workshop Ambrosetti vorrebbero un governo Monti-bis. E' come se la vasca dei pescecani dell'acquario di Genova votasse «Lo squalo» per la nomination all'Oscar. Ora, io non so cosa vende esattamente l'Emporio Ambrosetti elegantemente allestito a Cernobbio. Probabilmente vende previsioni macroeconomiche sul futuro del mondo. Una merce piuttosto deperibile, a giudicare dalle previsioni passate. Basta scorrere la rassegna stampa delle ultime edizioni per farsi quattro risate: «Imprenditori e banchieri: torna l'ottimismo», titolava il Corriere nel 2010. E Il Sole 24 Ore nel 2009: «Ritorno alla crescita tra due anni». E Tremonti nel 2008: «Lo sviluppo è anche il nucleare».
E Il Messaggero nel 2010: «Meno tasse per il rilancio». E Mario Monti nel 2008: «L'UE allargata è più sicura». Insomma, ne avessero azzeccata una che è una, anche per sbaglio, anche per caso, per culo, per avventura o per la legge dei grandi numeri. Invece: niente. I giornali che seguono l'evento come se fosse una riunione di infallibili sciamani ebbri di peyote, continuano a registrare quelle previsioni come oro colato e a usare frasi come «Gotha dell'economia» e «Salotto buono della finanza». I nomi, più o meno, sono sempre quelli: i grandi banchieri sono sempre loro, gli illuminati imprenditori pure, gli astuti finanzieri sono sempre gli stessi, i geniali economisti anche, e al massimo può succedere che qualche banchiere si ripresenti in veste di ministro, o qualche professore coi i galloni di premier. Chissà, forse è all'Emporio Ambrosetti che si avvera il famoso miracolo italiano. Perché anche chi vive dando i numeri del Lotto ogni tanto è tenuto ad azzeccarne uno. Persino nelle tribù del Borneo lo sciamano viene cacciato dopo aver sbagliato troppi vaticinii. A Cernobbio no: tutti aspettano con ansia, annuendo, le nuove mirabolanti previsioni del «Gotha dell'economia». Fossimo sani di mente, dovremmo annuire anche noi. E poi fare esattamente il contrario.
il manifesto 9 settembre 2012