di Micaela Bongi
Il diretto interessato continua a svicolare, prima ribadisce, attraverso i suoi collaboratori di non volersi occupare della questione e che non desidera essere «tirato per la giacchetta». Poi ripete in prima persona che «il mio orizzonte finisce ad aprile 2013, nessun dubbio». Ma il Forum Ambrosetti di Cernobbio si conferma sempre più come l'appuntamento per il lancio del Monti-dopo-Monti.
Dopo il sondaggio tra gli imprenditori, all'80% pro Monti-bis, è direttamente il presidente della repubblica Giorgio Napolitano, artefice del governo dei «tecnici», a dettare tempi e modi in cui si dovrà arrivare, se non a una nuova investitura per il presidente del consiglio in carica (del resto lui stesso potrebbe davvero non desiderare il ritorno a palazzo Chigi nel 2013), a un governo che non si discosti di una virgola dalla famosa agenda del professore.
Il messaggio pronunciato in collegamento video con Cernobbio dal capo dello stato non potrebbe essere più chiaro, perché l'inquilino del Quirinale avverte che lui stesso vigilerà perché la ricetta del governo Monti sia applicata anche nei prossimi anni.
Il «nuovo governo», premette Napolitano tessendo le lodi dei «tecnici», è riuscito a «tener fede agli impegni concordati in sede di Unione Europea e a dare significativi contributi al comune obbiettivo del superamento della crisi dell'Eurozona», realizzando «in tempi straordinariamente serrati un densissimo programma di provvedimenti volti al risanamento della finanza pubblica e all'avvio delle necessarie riforme strutturali». E in questo modo ha anche « riguadagnato credibilità nelle relazioni internazionali e sui mercati». Ma il lavoro non è finito. Forse ispirato dal discorso di Barack Obama alla convention democratica di Charlotte, il capo dello stato continua: «Non ci facciamo illusioni sulla sufficienza dei risultati ottenuti: molto resta da fare». Sottinteso, servirebbe un secondo mandato. Perché auspici in questo senso - o meglio, «interrogativi» sugli scenari politici del dopo voto - arriverebbero anche da quanti, «fuori dall'Italia, hanno apprezzato e riconosciuto lo sforzo di cambiamento prodottosi attraverso un'originale formazione di governo, indipendente da pregiudiziali e contrapposizioni politiche e connotata da elevate competenze tecniche».
Il capo dello stato arriva al dunque. Le elezioni - chiarisce ad uso e consumo di quanti potrebbero sperare che si torni alle urne dopo la fine del settennato - si dovranno tenere «entro e non oltre l'aprile del 2013». L'ipotesi più accreditata e che si svolgano in marzo: in questo modo sarà ancora l'attuale inquilino del Quirinale, il cui mandato scade il 15 maggio, a conferire l'incarico al nuovo presidente del consiglio. La legislatura in corso, continua Napolitano, dovrà proseguire in modo costruttivo non solo per «portare avanti la concreta attuazione degli indirizzi e dei provvedimenti definiti dal governo e approvati dal parlamento», ma anche, insiste il capo dello stato, per arrivare all'approvazione di una nuova legge elettorale che favorisca una «migliore rappresentatività e governabilità». Anche se potrebbe essere proprio la legge elettorale il grimaldello per aprire la strada a un nuovo governo di larghe intese, in assenza di uno schieramento vincitore.
Se in tutta Europa «le più o meno vicine competizioni elettorali presentano incognite ed esiti incerti», Napolitano si assume comunque l'incarico di gestire il passaggio al nuovo governo evitando che ci si discosti dal dettato della troika: «Mi adopererò perché in Italia venga esplicitamente e largamente condiviso l'impegno a dare seguito e sviluppo a scelte di fondo concertate in sede europea».
Insomma, il programma è già scritto, i partiti (e il segretario del Pd Pierluigi Bersani che punta a palazzo Chigi) possono mettersi l'anima in pace perché «i diversi schieramenti politici che si contenderanno il consenso degli elettori possono ben riconoscere la necessità vitale di un loro impegno convergente su quel terreno». Se anche adesso i diversi schieramenti non sono tutti pronti a riconoscere che in sostanza anche dopo il rito delle urne dovranno collaborare per mettere in pratica la ricetta europea, prima o poi ci arriveranno: «Cercherò di sollecitare una tale manifestazione di libera e limpida consapevolezza politica - mette in guardia Napolitano, che evidentemente intende ricorrere alla maieutica - considerandolo mio dovere, fino al termine del mandato presidenziale».
il manifesto 9 settembre 2012