di Fabio Marcelli
L’elezione a presidente della Repubblica di Hugo Chavez, nel 1998 e l’approvazione della nuova Costituzione venezolana nel 1999 hanno certamente aperto una nuova era per il Venezuela e l’America Latina. Epoca segnata da importanti affermazioni dei diritti sociali e della partecipazione democratica. Fatto sta che mai come negli anni dal 1998 ad oggi in Venezuela si è votato per elezioni presidenziali, politiche, locali, referendum costituzionali e revocatori e sempre Chavez ne è uscito vittorioso, con l’unica eccezione del referendum del dicembre 2007, perso per un’incollatura, probabilmente perché prospettava, insieme alla rieleggibilità, una serie di modifiche di troppo ampia portata.
Contemporaneamente sono cresciuti momenti di partecipazione popolare diretta ed è stato grazie alla mobilitazione del popolo venezolano che è stato sconfitto, poco più di dieci anni fa, il tentativo di golpe con il quale oligarchie locali, potere imperiale statunitense e governo spagnolo, fra gli altri, avevano tentato di far fare a Chavez la fine di Salvador Allende. Senza riuscirci.
Per questi motivi suonano un po’ patetiche le strida che si levano da qualche parte per denunciare la presunta natura dittatoriale del governo venezolano. Se per dittatore si intende, come si dovrebbe per dare un senso comune alle parole, qualcuno che governa contro la volontà del popolo, questo non è certamente il caso del presidente Chavez. Eletto più volte ad ampia maggioranza e fortemente amato da moltissimi venezolani. Non tutti ovviamente, perché c’è anche chi con Chavez ci ha rimesso, ma è la legge della democrazia e della lotta di classe, o stai da una parte o stai dall’altra. E Hugo ha deciso, in omaggio alle sue origini popolare e meticce, ai suoi studi approfonditi e fruttuosi all’Accademia militare, alle sue riflessioni di ufficiale patriottico, di stare dalla parte del popolo.
E il popolo lo ha capito. Per questo motivo è molto probabile che, nonostante i suoi problemi di salute, Hugo Chavez, come dicono anche i sondaggi, verrà rieletto presidente della Repubblica bolivariana di Venezuela alle elezioni del prossimo ottobre.
Ma la portata della sua esperienza non si ferma certo lì. Innanzitutto perché Hugo è uno dei protagonisti, insieme ad altri leader come l’ecuadoriano Rafael Correa, l’argentina Cristina Fernandez, la brasiliana Wilma Roussef, il boliviano Evo Morales, l’uruguayano Pepe Mujica, il nicaraguense Daniel Ortega, il cubano Raul Castro e altri, di una nuova stagione di integrazione e protagonismo dell’America Latina sulla scena mondiale, che segna un indubbio rinascimento di quel bellissimo continente dopo gli anni tristi delle dittature e del neoliberismo. Pur con sfumature differenti e sistemi che mantengono sensibili diversità, gli Stati dell’America Latina costituiscono oggi degli avamposti a livello mondiale nella lotta al liberismo e per una democrazia effettivamente partecipata. Essi sono inoltre definitivamente usciti da quasi due secoli di sudditanza nei confronti degli Stati Uniti. Cosa della quale Obama dovrebbe prendere finalmente atto anche per conferire maggiore forza d’attrazione alla sua candidatura, abbandonando ogni velleità imperialista e dedicandosi ai gravi problemi del suo Paese.
Ma anche perché l’esperienza venezolana, contrassegnata come detto da partecipazione popolare e diritti sociali, attraverso la formula inedita delle misiones nei campi di salute, istruzione, abitazione, lavoro, alimentazione, ecc. va studiata e applicata anche nell’Europa oggi soggetta a un preoccupante declino della sua coesione e dei suoi livelli di civiltà, nel segno delle privatizzazioni dei beni pubblici e del dominio incontrastato della finanza.
E sul piano politico? Anche qui si possono cogliere alcuni parallelismi tra la storia del Venezuela, nel quale ogni progresso sociale e democratico è stato a lungo pregiudicato dal patto di Punto Fijo tra forze solo apparentemente alternative come il democristiano COPEI e il socialdemocratico Ad, e quella italiana degli ultimi mesi, con il patto bipartisan che sostiene il governo Monti e che durerà ancora a lungo. In Venezuela l’era dell’alternativa è cominciata quando è emerso l’elemento in grado di scardinare il governo del pensiero unico, un leader carismatico sostenuto da un movimento popolare. E in Italia?
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