di Guido Scorza

Ormai è diventato un autentico tormentone parlamentare che rimbalza dalla Camera al Senato e da un banco all’altro di Montecitorio e Palazzo Madama con frequenza quasi settimanale.

Stiamo parlando della famigerata legge ammazza-internet attraverso la quale si vorrebbe estendere l’applicabilità dell’intera vecchia legge sulla stampa, quella datata 1948, a tutti i “siti internet aventi natura editoriale” il che vuol dire, più o meno, a tutti i siti internet giacché è pressoché impossibile stabilire quando ad un sito internet possa essere attribuita “natura editoriale”.

102 caratteri, spazi inclusi, per stabilire che chiunque gestisca un blog, un sito internet, una piattaforma di condivisione di contenuti, una web tv, un forum di discussione, una pagina su un social network o un aggregatore di informazioni altrui è tenuto a registrare in tribunale una testata, a nominare un giornalista direttore responsabile, a rettificare entro 48 ore dalla richiesta a pena di una salatissima sanzione pecuniaria ed ad adempiere alle altre decine di formalità e regole prescritte dalla vecchia legge sulla stampa per chi intenda fare dell’informazione un’impresa ed un mestiere.

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di Fulvio Sarzana -

Un cartone animato francese uscito nelle sale italiane a novembre del 2012, rischia di divenire una delle più grandi pietre di scandalo della storia recente di internet. Almeno in Italia. Il cartone animato in questione si chiama Un mostro a Parigi (Un monstre à Paris) ed è  un film d’animazione del 12 ottobre 2011, uscito in Italia  il 22 novembre 2012.

Un cartoon come tanti altri, forse più bello degli altri. Fatto sta che il 27 febbraio (più di due mesi dunque dall’uscita nelle sale) di quest’anno la società italiana di distribuzione italiana del film ha deciso di denunciare alla Procura della Repubblica di Roma le violazioni del copyright che aveva riscontrato sulla rete.

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di Loris Mazzetti -

 

Qualche tempo fa in Internet ho letto una notizia molto inquietante: a Lugano esiste una società che scheda ogni italiano il cui nome appare su un giornale o in un atto pubblico. Facendo una ricerca dettagliata scopro che in Europa vi sono diverse società che di nascosto lavorano sui dati di siti considerati socialmente utili. L’americana Fbi lo sta facendo da anni, ha superato i 150 milioni di persone schedate, da tempo sta immettendo nella banca dati oltre alle impronte digitali anche le foto delle persone.

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di Daniele Pitteri -

Sono almeno 20 anni che si discute sulla democraticità o meno di Internet e più in generale delle nuove tecnologie. Diciamo soltanto che fra i due estremi, quello di una visione che dà origine a scenari iperpartecipativi di democrazia diretta e quello in stile orwelliano di un grande fratello controllore assoluto, esistono una varietà di posizioni, visioni, prospettive e scenari tanto complessi e articolati da essere difficilmente riassumibili in poche righe. Ma diciamo anche che qualche riflessione in questi giorni bisogna pur farla, perché l’avvento sulla scena del M5S sta obiettivamente portando, con grande afflato e con grande enfasi, il web e le tematiche ad esso legate al centro del dibattito e anche della relazione fra cittadini e politica. Emergono alcune questioni: ma davvero la rete è il luogo iperdemocratico che molti descrivono? Davvero è lo spazio dove uno vale uno e dove non esistono condizionamenti di alcun genere? Davvero il web è un luogo di assoluta libertà, senza controllo alcuno, di dibattito libero e di flussi fluidi di comunicazione fra gli individui? Dico subito una cosa, per fugare ogni dubbio: non appartengo a quelli che propendono per una visione del web in stile grande fratello, ma neppure a quelli che lo ritengono democratico in sé. Penso che sia un luogo ad altissimo potenziale democratico, che tuttavia necessita di una serie di regole condivise a garanzia delle libertà e dei diritti individuali e collettivi.

 

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1noalacta

ROMA - Succederà attorno a mezzogiorno. Dopo anni di discussioni, proteste di piazza, trucchi, sgambetti e pesanti azioni di lobbying, mercoledì 4 luglio il Parlamento europeo voterà su Acta, l’accordo anticontraffazione. Stavolta é il voto decisivo. E’ assai probabile che Acta venga rigettato grazie al lavoro di convincimento fatto dalle associazioni per le libertà e i diritti digitali, gli internet provider, medici, ricercatori e Ong, sulle cinque commissioni che se ne sono occupate a livello europeo, nessuna delle quali si è espressa a favore dell’accordo. Sulla decisione finale pesa infatti la decisione della commissione per il Commercio interno (INTA) che si è dichiaratamente espressa contro Acta. Lo stesso vale per le altre commissioni e in particolare per quella sulle Libertà civili. E tutto questo nonostante - o forse proprio a causa di - molti tentativi della lobby pro-copyright di influenzare il comportamento degli onorevoli europei come denunciato da Edri.

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