di Flavio Liotti

Cari amici, da molti anni andiamo dicendo che non c'è e non ci sarà pace senza una politica di pace. Abbiamo sempre cercato di essere positivi e propositivi, aperti al confronto con tutti, anche con quelli che avevano le idee e i comportamenti opposti. Ma, tranne preziose eccezioni, abbiamo trovato scarsa considerazione e scarso ascolto. Col passare degli anni, insieme all'indifferenza è invece cresciuta una manifesta ostilità e si sono moltiplicati i tentativi di chiudere le organizzazioni, le istituzioni e le esperienze del pacifismo politico considerate troppo autonome e fastidiose.
Cosa dobbiamo fare? Continuare come abbiamo sempre fatto o tentare un metodo nuovo?

Da lungo tempo ci stiamo ponendo questa domanda senza trovare risposte certe e rassicuranti. Le strade appaiono compromesse, incerte e rischiose. Ma le crisi si moltiplicano e si aggravano drammaticamente. E chi non si accontenta della propria testimonianza, chi pratica la vicinanza agli ultimi e ai più vulnerabili, chi non si limita a parlare dei loro problemi ma cerca di risolverli, deve assumersi una responsabilità sempre più grande. Per questo ho deciso di accettare la candidatura alle prossime elezioni politiche proposta da Antonio Ingroia. Mi ha convinto la sua volontà di aprire alla società civile responsabile un nuovo spazio politico in un sistema bloccato, pericolosamente chiuso e autoreferenziale, spesso insensibile e incapace.
Abbiamo bisogno urgente di una politica nuova e di una nuova cultura politica nonviolenta fondata sulla giustizia e sui diritti umani. In mezzo a noi crescono le sofferenze delle persone, le povertà, le disuguaglianze, le ingiustizie, i bavagli, la devastazione dell'ambiente e dei beni comuni universali, il ricorso alla violenza, alla guerra e al terrorismo, le violazioni dei diritti umani... Ma non sono i problemi di sempre. Il mondo sta cambiando strutturalmente e molti nodi stanno giungendo al pettine causando un diffuso dolore. Per scioglierli ci vuole l'impegno di molti e una politica che sappia incoraggiarlo, facilitarlo, organizzarlo. Questo è il tempo della partecipazione responsabile. E di una politica che la valorizza e la sostiene concretamente. Di questo abbiamo disperato bisogno. Oggi, non domani.
In politica non si scende e non si sale. Si opera. Come fanno milioni di persone in tutto il mondo che provano un po' d'amore per gli altri, che si occupano di persone anziane, bambini, giovani, donne, lavoratori, disoccupati, precari, esodati, persone con disabilità, incarcerati, affamati, disperati, migranti, rifugiati, emarginati, perseguitati, dimenticati... Non usciremo dalla crisi in cui siamo sprofondati fintantoché questa Politica con la P maiuscola continuerà ad essere ignorata, derisa, marginalizzata e, in fin dei conti, soffocata.
Cambiare è possibile ma non bastano più le denunce, gli appelli e gli auspici. È necessario «forzare l'aurora a nascere» direbbero Giorgio La Pira, Ernesto Balducci e Tonino Bello. Rompere le consuetudini, uscire dai rifugi che ci siamo costruiti, rimettersi in gioco, scardinare le porte chiuse, aprirne di nuove dove ci sono dei muri, lasciare la strada conosciuta e arrampicarci su nuovi sentieri. Così io voglio continuare il mio impegno politico per costruire un'Italia nonviolenta in un'Europa e in un mondo più giusto, libero e solidale. L'Agenda è l'Agenda politica dei diritti umani. È l'Agenda della Perugia-Assisi. E di tanti gruppi, reti, associazioni e amministratori locali. La vita, la dignità e i diritti delle persone devono essere messe al centro dell'attenzione delle istituzioni e dell'informazione come stabilito dalla nostra Costituzione. Dobbiamo restituire la Rai-servizio pubblico ai cittadini. Dobbiamo passare dalla sicurezza militare alla sicurezza umana, dalla sicurezza nazionale armata alla sicurezza comune. Dobbiamo ripartire dalle città-mondo, dai territori e dalle comunità locali, reinvestire sugli enti locali e sulla loro capacità di dare risposte concrete ai bisogni e ai diritti fondamentali dei cittadini. Dobbiamo reinserire l'Italia nella comunità delle nazioni che cooperano per la soluzione delle gravi crisi globali aperte e che vogliono costruire nuovi rapporti di giustizia e fratellanza tra gli stati e tra i popoli. Insomma, dobbiamo costruire una politica di pace e di giustizia. Per questo in Parlamento, come nella società, abbiamo bisogno di persone capaci di servire, unire e cambiare. Nessuno può pensare di fare da solo. È una grande responsabilità da condividere. Ai liberi e forti dico: «Facciamolo ancora una volta insieme».

da il manifesto

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