di Chiara Ricci

Eliminare sindacati e lavoratori scomodi non è una peculiarità della sola Fiat di Sergio Marchionne. Le ennesime, violentissime cariche di ieri mattina al polo logistico Le Mose di Piacenza, centro strategico per i distretti emiliani e l'area milanese, hanno fatto conoscere un'altra protesta anti discriminazione. Quella dei lavoratori delle cooperative di facchinaggio che lavorano in appalto nel gigantesco deposito-magazzino dell'Ikea, fornitore di punti vendita in mezzo continente. Per la multinazionale dell'arredamento non è una bella pubblicità. Per giunta le manganellate e i lacrimogeni, che da più di due settimane stanno scandendo le giornate davanti ai cancelli Ikea

, la vedono responsabile soprattutto per menefreghismo: «La multinazionale paga gli appalti applicando gli accordi nazionali del contratto di lavoro della categoria - spiega Aldo Milani del sindacato intercategoriale Cobas - la sua colpa è quella di non verificare come vengono utilizzati i suoi soldi, e di aver permesso quello che sta accadendo davanti al suo stabilimento».
I protagonisti di questa battaglia di resistenza civile sono tutti immigrati magrebini. Per lo più egiziani, ancora compagni l'uno con l'altro. Il loro peccato originale è aver avviato in estate una vertenza perché fosse applicato in sede aziendale il contratto nazionale del trasporto merci e logistica. L'aggravante, decisiva, è quella di aderire a un sindacato di base. Peraltro di rilievo, in quello specifico settore. In teoria i facchini l'hanno spuntata: «A luglio l'accordo è stato firmato - racconta Milani - con un contratto che prevede 168 ore mensili di lavoro. Ma da allora abbiamo assistito a un nuovo fenomeno: un gruppo di lavoratori ha iniziato a essere impiegato ben oltre l'orario contrattuale, con gli straordinari. Mentre per altri l'orario si è ridotto fino a 70, 80 ore al mese. Con una paga che conseguenza arriva a stento a 500 euro». Giustificazione classica: la crisi. Di cui però, almeno al polo logistico piacentino, si vedono ben poche tracce. Le coop di facchinaggio che lavorano per Ikea si chiamano Cristal, San Martino ed Euroservice. Fanno parte del Consorzio Cgs, sorta di general contractor cui la multinazionale ha affidato tutta una serie di servizi. Non hanno mai nascosto di preferire i confederali rispetto ai Cobas. Ma fino a pochi mesi fa una gran maggioranza dei lavoratori era iscritta al sindacato di base. Ora sono molti meno. Ancora Milani: «Ce ne siamo accorti alle ultime assemblee. E abbiamo capito che l'adesione al sindacato di base comporta automaticamente una riduzione dell'orario di lavoro e trasferimenti punitivi. Mentre l'adesione ad altri sindacati, segnatamente quello cislino, equivale a poter continuare a lavorare al polo logistico».
A metà ottobre la goccia che ha fatto traboccare un vaso già colmo è stata la sospensione di un delegato Cobas e poi di altri 14 facchini, mentre per un'altra ottantina non c'è stato, nei fatti, più da lavorare. Eliminati. Da qui è scattata la protesta di un centinaio di lavoratori che, chiedendo la reintegra dei compagni e il rispetto del contratto e degli accordi presi solo pochi mesi prima, hanno avviato un'agitazione quasi quotidiana. Fino a cercare di bloccare l'ingresso dei Tir nel deposito di Ikea e formare dei picchetti, sempre sciolti dalle forze dell'ordine a suon di manganellate e lacrimogeni. Una, due, tre, quattro volte in quindici giorni. Con la sola Rifondazione comunista che, sul fronte politico, ha partecipato alle proteste insieme ai movimenti dei giovani piacentini di sinistra, denunciando il mancato rispetto degli accordi sindacali.
Le cariche di ieri mattina hanno portato una decina di lavoratori all'ospedale e fatto altrettanti contusi. Ma sono state diffuse in rete, a disposizione di tutti. E hanno fatto finalmente notizia. Ora il sindaco democrat Dosi e l'assessore Rabuffi stanno provando a far ripartire le trattative. Mentre all'Ispettorato del lavoro il nuovo responsabile dell'ufficio - il predecessore è sotto processo insieme a un dirigente cislino per una storia di ispezioni concordate al polo logistico - ha deciso di far luce sull'intera vicenda. «Tutti i facchini devono essere reintegrati - ricorda Aldo Milani - senza che ci siano trasferimenti punitivi». E martedì al polo logistico si sciopera.

 

da il manifesto

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