Roberta Fantozzi
Nel primo tempo hanno fatto la più pesante controriforma delle pensioni della storia di questo paese. Una riforma che ha aumentato l’età in cui si è costretti al lavoro anche di 6 anni, portandola molto al di sopra della media europea. Una riforma che non ha nessuna giustificazione rispetto alla necessità del cosiddetto equlibrio del sistema previdenziale, ma che ha come unica motivazione la scelta di fare cassa e di usare i contributi previdenziali per uno scopo diverso da quello per cui sono versati. A regime un prelievo forzoso di altri 20 miliardi dalla previdenza al bilancio dello stato.
La manovra del governo Monti
La manovra del governo Monti realizza un intervento di dimensioni sostanzialmente costanti, tra i 20 e i 21 miliardi, in ciascuno degli anni del triennio 2012-2014 (20,185 nel 2012; 21,310 nel 2013; 21,423 nel 2014) .
La manovra del governo Monti si aggiunge a quelle del governo Berlusconi. Il totale delle tre manovre approvate nel 2011 varrà quasi 50 miliardi nel 2012, 76 nel 2013, 81 nel 2014. Si tratta con tutta evidenza di cifre enormi, che non hanno confronto neppure con le manovre più pesanti approvate nella storia del paese (siamo quasi al doppio della manovra Amato del ’92).
Le cifre sono pensate per l’obiettivo del pareggio di bilancio nel 2013. Ma con tutta evidenza interventi di questa natura avranno un pesante effetto recessivo sull’economia, accentuando ulteriormente la spirale austerità/ diminuzione del Pil e delle entrate fiscali/ aumento del deficit e del debito rispetto al PIL. Le stime sulla diminuzione del Pil nel 2012 ipotizzano una contrazione superiore all’1,5% nel 2012 (-1,6 secondo Confindustria).
Questo è tanto più grave in una situazione in cui il tasso di risparmio delle famiglie è diminuito dal 12% del Pil nel 2003 al 5% nel 2010. La recessione significherà nuova disoccupazione, in una situazione già gravissima con quasi un milione di posti di lavoro persi dall’inizio della crisi. Con la disoccupazione giovanile oltre il 30% e le possibilità di lavoro delle ragazze e dei ragazzi bloccate dall’intervento sulle pensioni.
La manovra si compone prevalentemente di nuovo entrate. Il rapporto tra maggiori entrate e tagli di spesa è pari all’88% nel 2012, al 79% nel 2013, al 75% nel 2014.
I tagli alla spesa sono concentrati massicciamente nel capitolo delle pensioni. A regime varranno per 20 miliardi. Si realizza una vera e propria riforma strutturale profondamente regressiva. La peggiore controriforma nella storia del paese.
Tutto quello che non ci dicono sulle pensioni. Ma che è utile sapere.
di Felice Roberto Pizzuti
Fino a prima della scorsa estate, nelle riunioni economiche internazionali per fronteggiare la crisi globale, i rappresentanti italiani, per attenuare la valenza negativa attribuita al nostro debito pubblico, ricordavano giustamente che, in compenso, rispetto agli altri paesi, il nostro debito privato è nettamente inferiore, il nostro sistema bancario è molto meno toccato dal possesso di titoli "tossici" e il sistema pensionistico pubblico, dopo la continua serie di riforme avviate nel 1992, è tra quelli con i conti più in ordine.
Inaccettabili e sbagliate.
La manovra è profondamente iniqua: la pagano per l’80% lavoratrici e lavoratori, pensionati, giovani, redditi medio-bassi. Si salvaguardano i grandi patrimoni e i grandi speculatori.
La manovra aggrava la crisi: colpendo i consumi popolari blocca ogni possibilità di ripresa economica e spinge il paese nella recessione.
La manovra non ferma la speculazione, come dimostra l’andamento dello spread. Perché la speculazione si contrasta modificando le politiche della BCE e non massacrando i diritti sociali.
Per questo va costruita l’opposizione a Monti. Per evitare che la nostra società diventi sempre più ingiusta e che l’Italia faccia la fine della Grecia: ridotta allo stremo dalle stesse ricette.
Per questo avanziamo proposte per un’altra politica, e vogliamo costruire mobilitazioni durature con le lavoratrici e i lavoratori, gli studenti, i sindacati che si battono per un’alternativa, i movimenti.
Per questo vogliamo costruire l’unità della sinistra: per dare forza alle ragioni del lavoro, dei diritti, della dignità delle persone, della democrazia e del futuro.
Una manovra iniqua.
E’ vergognoso l’intervento sulle pensioni
Si aboliscono le quote e le pensioni di anzianità. Non bastano più i 40 anni di anzianità contributiva: ci vorranno da subito 42 anni e 1 mese, ed ogni anno questi requisiti cresceranno ancora. Anche raggiungendo i nuovi requisiti, se si va in pensione prima dei 62 anni, la pensione viene tagliata. Peggiorano seccamente anche le norme per la pensione di vecchiaia. Ci si accanisce contro le donne che vedono aumentare da subito l’età pensionabile a 62 anni, per arrivare a 66 nel 2018. Crescerà ancora fino a 70 anni, poi, per donne e uomini. Si portano tutti al contributivo e si blocca la rivalutazione al costo della vita delle pensioni lorde sopra i 1405 euro, circa 1100 euro al netto.