L’Osservatorio Placido Rizzotto ha pubblicato oggi il suo VI rapporto su “agromafie” e lavoro agricolo. Il quadro che ne emerge è incompatibile con qualsiasi stato di diritto. Si contano – per difetto – 230 mila lavoratrici e lavoratori, in gran parte con back ground migratorio, che lavorano al nero, un quarto del totale degli impiegati del settore. Il rapporto registra: paghe da fame, caporalato diffuso, in maggioranza nel Meridione - ma è una piaga che colpisce anche il centro nord -, assenza di politiche attive di contrasto al fenomeno. A leggere i dati sembra di tornare indietro di due secoli, il confine fra lavoro apparentemente regolarizzato, quello al nero, fino a forme di vera e propria riduzione in schiavitù, sembrano costituire la norma. E quello che emerge è solo una parte di un mercato invisibile delle braccia, che non riguarda solo l’agricoltura e che coinvolge anche 55 mila donne, spesso autoctone, costrette a tali condizioni dall’avanzare della crisi. Tacere e non mobilitarsi insieme a queste lavoratrici e questi lavoratori è per noi un dovere politico e morale. Ogni volta che ci rechiamo in un supermercato ad acquistare quella frutta e quelle verdure, dobbiamo sapere e far sapere che, fino a quando non cesserà lo sfruttamento, sono macchiate di lacrime, sudore e spesso anche di sangue.

Antonello Patta, Responsabile nazionale lavoro
Stefano Galieni, Responsabile nazionale immigrazione, Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea

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