Intervista a Giorgio Cremaschi di Ylenia Sina
«C'è un gap tra movimenti europei di lotta contro le politiche della troika e dinamiche italiane; è ora di colmarlo»
«In Italia manca una vera opposizione politica al governo Monti. La manifestazione di sabato riempie un vuoto». Giorgio Cremaschi, coordinatore della Rete28Aprile nella Cgil, racconta le ragioni del No Monti Day.
Perché una giornata contro il governo Monti?
In questi mesi abbiamo lavorato alla giornata di sabato coperti dalla censura più totale. In Italia si è instaurato intorno al governo Monti un regime dell'informazione senza precedenti. Il 99% dei media è allineato alle politiche del premier. Con questa manifestazione stiamo coprendo il gigantesco vuoto politico dell'Italia rispetto al resto d'Europa. In tutti i paesi colpiti dall'austerity sta crescendo un movimento che la rifiuta. In Italia tutto questo manca sia sul piano politico che su quello sindacale. Non si può manifestare sulle singole questioni senza respingere l'intera politica di governo.
Quale opposizione scenderà in piazza sabato?
Il No Monti Day ha unito tante forze politiche, sindacali e sociali. Movimenti territoriali, studenti, sindacati di base, parte dei centri sociali, lavoratori e tutta la politica a sinistra di Vendola. Per dare una definizione, quella parte di sinistra che non si accontenta di «ammorbidire» Monti e non crede si possano mettere le basi per il futuro con formulette prive di qualsiasi significato come «coniugare rigore e equità» o «austerità con la crescita». Ci sarebbe piaciuto che con noi ci fossero le grandi forze della sinistra e la Cgil. Qualcuno ha aderito singolarmente. Sicuramente ci saranno tanti militanti. Significativa la presenza dei disabili gravi, in sciopero della fame in questi giorni; hanno capito che, se non si bloccano queste politiche, un giorno si taglia l'accompagnamento e il giorno dopo l'indennità. E così via. Il collegamento che non riesce a fare il gruppo dirigente della Cgil lo si è fatto dal basso, sul piano sociale. Non possiamo pensare di andare oltre Monti senza andare contro Monti. Per questo bisogna rompere il quadro di compatibilità, il fiscal compact e tutte le politiche di pareggio di bilancio.
Il 14 novembre in Grecia, Spagna e Portogallo ci sarà sciopero generale. In Italia la situazione è meno grave?
L'Italia è messa sindacalmente peggio: le principali organizzazioni di questo paese sono interne ai giochi di palazzo. Noi lavoreremo perché lo sciopero, il primo a livello europeo, ci sia comunque. Rischiamo di diventare i crumiri d'Europa. Chiederemo formalmente alla Cgil di proclamare lo sciopero, perché non si può rispondere a questa situazione con una manifestazione come quella di sabato scorso a San Giovanni. Non è questo il livello di cui abbiamo bisogno.
È possibile che movimenti come quello greco o spagnolo maturino anche in Italia?
Sicuramente le difficoltà ci sono. Una di queste è l'assenza di grandi soggetti politici e sindacali. Personalmente, la necessità di scendere in campo l'ho maturata all'inizio di settembre, quando i lavoratori dell'Alcoa sono venuti a Roma, annunciandolo prima, e si sono trovati al loro fianco poche decine di sostenitori. Ho paragonato quel momento con quanto successo in Spagna, quando i minatori delle Asturie sono andati a protestare a Madrid: decine di migliaia di persone li aspettavano. Se va avanti così, rischiamo di diventare il Paese più regredito d'Europa. L'ambizione è quella di costruire anche in Italia un popolo antimontiano. Sabato sarà solo l'inizio.
Quasi tutti i partiti appoggiano questo governo. Perché un No Monti Day e non un Que se vayan todos? È solo una questione di termini?
Il problema specifico dell'Italia è Monti. Non volevamo usare slogan di altri paesi, con il rischio dell'imitazione. Siamo messi politicamente e culturalmente peggio: abbiamo un governo di banchieri e finanzieri garantito dalla censura di regime. Monti non è il nuovo. Monti è l'ultimo e più rigoroso interprete di una politica economica iniziata con Bettino Craxi. La sinistra che pensa di poterlo sostenere dall'esterno mi ricorda la canzone la Fiera dell'Est: la sinistra più radicale sostiene quella meno radicale, quella meno radicale il Pd, il Pd l'Udc, l'Udc Monti e Monti decide per tutti.
Ritieni possibile «correggere Monti» votandolo?
No, ci vuole una rottura. Finché chi ha gestito la politica economica liberista degli ultimi trent'anni ci governa, non ci sarà nessun cambiamento.
La prossima primavera ci saranno le elezioni. In che modo il movimento No Monti farà sentire la sua voce?
Faremo il punto sui contenuti: lavoro, fiscalità, politiche europee. Anche se le prossime elezioni rischiano di essere le più finte della storia della Repubblica italiana. Metà del Paese non voterà e l'altra metà rischia di dividersi su come continuare le politiche di Monti.
Il Manifesto - 26.10.12