121115corteoromadi Francesco Piccioni
La precarietà come futuro permanente. Ironia della sorte, a pochi metri dagli scontri c'è il Bilderberg. Bambini, poco più. Quindicenni. Una nuova generazione si affaccia alla vita politica del paese, in piena crisi e senza una via di uscita visibile. E come sempre, da un secolo a questa parte, qualcuno lassù pensa che è utile dar loro una lezione, così, per «far capire subito che aria tira» se vai a contestare chi comanda. Ragazzi che il potere lo immaginano come una categoria del pensiero e forse nemmeno sapevano che 2-300 metri più avanti di Ponte Sisto, all'Hotel de Russie, era in corso la tre giorni romana del Bilderberg Group, la creme de la creme del potere globale, di cui Mario Monti è da decenni l'italiano più importante.

Quindicenni ovviamente inesperti e, per la prima volta nel dopoguerra, privi anche di un'interlocuzione istituzionale, di mediatori riconosciuti; sindacati e partiti, insomma, in grado di tradurre le loro preoccupazioni in obiettivi «plausibili» o anche solo «compatibili»; e quindi di trovare ascolto anche nelle stanze dei governi, là dove vanno (o andavano?) compensati i diversi interessi sociali. I sindacati importanti, in realtà quasi solo la Cgil, hanno fatto il loro bravo corteo senza quasi entrare in contatto con questa generazione. Una breve passeggiata da Bocca della Verità a piazza Farnese, bei monumenti,un veloce comizio e tutti a casa prima di pranzo. Non era una scadenza benvenuta da queste parti, e buttar lì solo quattro ore di sciopero - senza "collaborazione" da parte di Cisl e Uil - era già un segno di insofferenza.
Dei partiti che siedono in Parlamento, non un solo deputato s'è preoccupato di seguire almeno da lontano gli eventi, offrendosi infine come «garante istituzionale» in piazza, come migliaia di volte era avvenuto. I partiti fuori dai giochi in quella piazza avevano gente, ma se non hai un tesserino da «onorevole» nessuno ti dà retta. Anzi.
Ieri a Roma questa valanga di ragazzi si è incolonnata insieme a un po' di docenti dei sindacati di base (Cobas, Usb, ecc). Tutti nuovi, tutti «vergini» di fronte al bruto meccanismo che regola la gestione della crisi, in base a scelte fatte a Bruxelles o in altra sedi temporanee della Troika (Bce, Fmi, Ue). Tutti inesperti, disorganizzati e fin qui inorganizzabili.
Soli? No, finché non son piovute le manganellate, quando chi sa come comportarsi si muove secondo le leggi antiche della piazza, portandosi dietro più «pischelli» possibile; e chi non sa, a volte, a piccoli gruppi o individualmente, si perde. Non è tra Ponte Sisto e Ponte Garibaldi che vanno cercati i colpevoli della loro solitudine. Anzi, lì c'erano probabilmente gli unici soggetti collettivi che hanno a cuore questa generazione. Ma non hanno «entrature» ai piani alti. Anzi.
Sono soli perché chi governa, chi guadagna, chi dispone della materia sociale e «progetta» il futuro - con atti legislativi o scelte di investimento private - non ha per loro una soluzione che li comprenda come generazione. La precarietà cui si sentono consegnati è qualcosa di più di una condizione transitoria da «choosy», non ha confini temporali calcolabili. E chi «sta su» lo sa meglio di loro.
Per questo, anche nella piazza di ieri, mancava la mediazione. Ogni generazione del dopoguerra ha avuto davanti una scelta possibile, tra rottura e mediazione. Perfino nel pieno del «terribile '77», tra scontri più feroci di quelli di ieri e una guerriglia vera, c'era chi - nelle stanze che contano. Pensava di offrire una chance diversa; con i «lavori socialmente utili», le «liste dell'acqua», i finanziamenti alle cooperative improvvisate. Mediazione sociale pura, per ricostruire un equilibrio con un briciolo di spesa pubblica. Che non c'è più.
Quelle facce di quindicenni sono ora l'immagine più fedele della «distanza tra la politica e la società». Per quanto voi vi crediate assolti, siete per sempre coinvolti.

Il Manifesto - 15.11.12

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