di Checchino Antonini
Apre Livo Pepino, chiude Marco revelli dopo sei ore di interventi di sei minuti ciascuno, più di quaranta. Lo staff di “Cambiare si può”, l’appello cosiddetto dei 70 per una lista alternativa al centrosinistra e a Monti ha comunicato il programma dell’assemblea romana del 1° dicembre al Teatro Vittoria di Testaccio.
“L’assemblea comincerà alle 10.30 puntuali (mezz’ora dopo l’orario inizialmente comunicato per consentire gli arrivi, concentrati nella mattinata dato lo sciopero dei treni del giorno precedente) e finirà alle 17.15 (per esigenze del teatro).
I lavori saranno introdotti – questa la scelta di chi la sta organizzando – da una relazione di Livio Pepino (di 12 minuti), che Livio cercherà di scrivere e di mandare in anticipo a tutti i firmatari, mentre le conclusioni (della stessa durata) saranno tratte da Marco Revelli.
Non faremo nessuna pausa per il pranzo e prevediamo interventi della durata massima di 6 minuti. Ciò consentirà lo svolgimento di 45-48 interventi, cercando – con la ingrata regia del comitato di presidenza – di dare spazio a promotori, firmatari, ospiti etc. Gli interventi saranno dunque molti ma non tutti quelli che lo desiderano potranno intervenire. Ciò è inevitabile avendo a disposizione solo una giornata.
Per consentire a tutti di dare un contributo abbiamo, peraltro, previsto che chi vuole può mandarci una sintesi in dieci righe ( max 600 caratteri) di quel che vorrebbe dire, scrivendo alla mail
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. In allegato a questo contributo comunicaci anche se richiedi di intervenire (il tutto entro venerdì 30 alle 12.00).
Metteremo tutti gli interventi sul sito (già prima dell’assemblea) e li faremo scorrere nel teatro su uno schermo. Non è la stessa cosa ma è anche questa una forma di partecipazione.”
L’appello viaggia rapidamente verso le cinquemila adesioni ed è al centro delle attenzioni sia del sindaco di Napoli De Magistris, sia dei pezzi organizzati della sinistra, da Rifondazione comunista a Sinistra critica fino a settori del No Monti day che hanno già annunciato la loro presenza e la disponibilità a ragionare sul percorso se questo avrà modalità democratiche, partecipative e contenuti radicali, senza ambiguità nel rapporto con lo schieramento che, invece, ha scelto nelle primarie e nella carta d’intenti che le imprigiona, lo spazio del proprio agire politico.
Le primarie di Pd-Sel, a cui non hanno preso parte i soggetti interessati al quarto polo, hanno avuto una partecipazione non trascurabile ma l’esito rafforza l’impresa per una corsa autonoma delle opposizioni sociali e politiche al neoliberismo. In questo quadro c’è chi prova a rivolgersi anche a chi è andato a votare alle primarie individuando in quell’appuntamento uno spazio in cui incidere, ma che con la carta di intenti Italia Bene Comune hanno ben poco da spartire.
«L’alleanza Pd Sel – ricorda Alba, il percorso verso il nuovo soggetto politico della sinistra – non è lo spazio politico per costruire un’alternativa all’agenda Monti, come invece ha dichiarato di fare Vendola, ma lo spazio in cui possono affermarsi posizioni ultraliberiste alla Renzi. Ad agosto abbiamo detto che la scelta di Vendola era pericolosa, in quanto legittimante sia l’agenda Monti che candidati come Renzi, e velleitaria: in un quadro programmatico così l’esito era scritto e destinato a rinchiuderlo nel recinto del Pd. Così è stato. Questi risultati, come già il consenso alle amministrative al Movimento 5 stelle o il deludente risultato siciliano dell’alleanza Idv-Sel-Prc, evidenziano un’estesa e forte protesta anti-apparato, che in questo caso ha premiato Renzi non casualmente proprio nelle regioni cosiddette “rosse” dove più forte è la struttura del Pd. Questi risultati rafforzano la necessità e la possibilità di lavorare, al di là dell’esito del ballottaggio, per costruire un’alternativa antiliberista che si nutra di proposte e di forme politiche altre, capaci di coniugare rappresentanza e partecipazione».
Tra le adesioni più recenti quella di una delegazione di ricercatori che in questi anni hanno contrastato la sistematica dismissione della Ricerca Pubblica nel nostro Paese e qualla di alcuni attivisti nelle pratiche del mutualismo sociale e delle brigate di solidarietà attive, vicini all’Unione inquilini e alle sensibilità del “partito sociale” del Prc: «Abbiamo spalato il fango delle alluvioni, costruito gruppi di acquisto popolari contro il caro vita, organizzato i picchetti contro gli sfratti, creato scuole e ripetizioni popolari contro la dispersione scolastica e l’abbandono e a sostegno della Scuola Pubblica Statale. In questi anni abbiamo cercato di ricostruire contro la solitudine e la disperazione della crisi un mutuo soccorso popolare. Lo abbiamo fatto con le fabbriche in crisi, costruendo con i lavoratori e le lavoratrici casse di resistenza, banchi alimentari. Con loro e per loro abbiamo sostenuto lotte durate mesi, condividendo lacrime e sorrisi. Molti di noi sono stati a Nardò, Rosarno e Castelnuovo Scrivia, a sostenere nei campi la lotta dei lavoratori braccianti contro la schiavitù. Molti di noi sono stati a dare una mano ai facchini dell’Ikea che lottano per i propri diritti. Abbiamo capito in questi anni che le pratiche sociali sono un passaggio necessario, senza le quali non esiste la politica. Se parlano le pratiche infatti, il qualunquismo perde voce. Oggi la strada dell’auto organizzazione e del mutualismo, diventa un percorso obbligato per resistere alla crisi nel progressivo decadimento del welfare, diventa la strada maestra per ricostruire un processo democratico basato su un principio fondamentale, quello di una testa un voto».