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di Checchino Antonini

«Direi che ci siamo», attacca Ingroia nella cornice del Capranica che l'ha visto solo pochi giorni fa ufficializzare il percorso che oggi si annuncia ufficialmente. L'ex pm di Palermo sarà il candidato premier di Rivoluzione civile, la lista alternativa a Monti e a chi l'ha sostenuto, «vera lista nuova - dirà lui - vera lista civica». Nel logo un quarto stato stilizzato a spiegare che l'anomalia italiana è anche l'esclusione dei ceti subalterni dalla rappresentanza. Che poi lui non se lo sarebbe mai immaginato di dover scendere in politica per proseguire la stessa battaglia iniziata nelle aule di giustizia contro mafie e corruzione ma oggi è il momento della «responsabilità politica» perché la politica «non ha fatto il suo dovere: non siamo in un paese normale, c'è un'emergenza democratica dovuta allo strapotere dei sistemi criminali».


Ingroia riassume così la strada fatta: c'è stato un appello ("Io ci sto") rivolto alla società civile e alla buona politica da cui ha avuto un «sostegno tumultuoso e imprevisto». C'è stato il passo avanti della società civile e quello indietro dei partiti che rinunceranno ai simboli ma a cui non si può chiedere «la mortificazione superflua di rinunciare alla candidatura dei propri leader», ha spiegato Ingroia. Ora questa lista è un «cantiere aperto» in cui funziona una cabina di regia, così pare, composta dai segretari di partito (Idv, Prc, Pdci e verdi più De Magistris) nessuno dei quali è in sala per lasciare tutti i riflettori sull'ex pm tornato dal Guatemala per intrecciare le sue orme prima con quelle di Cambiare si può (l'appello dei 70, dei movimenti, della sinistra alternativa) poi mutando parzialmente la rotta al punto da mettere quel percorso di fronte al bivio se stare o no dentro Rivoluzione civile. Per loro l'appello di Ingroia dai microfoni del Capranica.

Chi ci sarà sicuramente è Salvatore Borsellino e le sue agende rosse che Ingroia ringrazia pubblicamente assieme al figlio di Pio La Torre e alla vedova Montinaro che, con pezzi di Libera (la direttrice Gabriella Stramaccioni), hanno già aderito.

Stoccate per Bersani e porte aperte per Grillo da parte del leader di Rivoluzione civile. Il primo ha una linea «ambigua e contraddittoria» sulla lotta alle mafie e sui diritti dei lavoratori e ha dato una «risposta stravagante» alle richieste di incontro da parte di Ingroia. «Bersani si sente un padreterno» e «il suo silenzio è una risposta inequivoca». E la candidatura del procuratore nazionale antimafia è un segnale ancora più espilicito della distanza: «E' quello che voleva dare un premio al governo Berlusconi per il contrasto alla mafia. E' il procuratore antimafia nominato proprio da Berlusconi in virtù di una legge che faceva fuori Caselli colpevole di voler processare la politica per i suoi rapporti con le mafie». Grasso da una parte, dunque, il figlio di Pio La Torre, ora in Libera, da questa parte. Con Grillo, invece, c'è secondo Ingroia la possibilità di battaglie comuni anche perché al capo a cinque stelle Ingroia vuole dimostrare «di non essere la foglia di fico per trasformismi». Il modello che intende seguire Ingroia è quello delle primavere di Napoli e di Palermo, di De Magistris e Orlando. Modello virtuoso arancione con buona pace di Pisapia che dalle colonne dell'Unità rivendica il copyright di quel colore. Impossibile, perciò, un accordo politico con il centrosinistra. Ingroia si è detto sicuro di superare il quorum in tutt'e due i rami del Parlamento. «Altro discorso per quel che riguarda il confronto con Grillo» specie se si vuole «sostituire l'Europa dei banchieri con un'Europa sociale». Interviste di rito all'ombra del nuovo simbolo prima di riprendere l'aereo per il Guatemala da cui, forse, tornerà in tempo per consegnare la montagna di firme per i referendum in difesa del contratto nazionale e dell'articolo 18.

da Popoff Globalist

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