di Raffaele Tecce  *

Il decreto-legge del 6 luglio 2012 recante “Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica noto come Spending Review,  all’ esame del Senato in questi giorni, lungi dal rappresentare il tentativo di ridurre selettivamente gli sprechi e la spesa pubblica inutile - come strombazzato dal Presidente Monti, dai partiti e dalla grande stampa che lo sostengono - rappresenta semplicemente l’ennesima manovra finanziaria mascherata fatta solo di tagli indiscriminati e lineari, con effetti drammatici in particolare sugli Enti Locali, sulla sanità , sui servizi e diritti dei cittadini .

Opportunamente l’ANCI nazionale ha chiamato nei giorni scorsi – il 24/7 u.s. – i Comuni alla mobilitazione sotto il Senato denunciando, dopo l’incontro col Ministro Giarda, un conflitto istituzionale con il Governo e con le forze della maggioranza che di fatto non riconoscono la funzione costituzionale dei Comuni, in quanto “si tratta solo di tagli ai trasferimenti - come dichiarato dal Presidente Delrio - e non di lotta agli sprechi, alla quale come Comuni eravamo pronti a contribuire con nostre proposte “.

In questa sede mi limito a segnalare gli effetti più gravi di questo decreto in via di conversione: un ulteriore taglio di 2,5 miliardi di trasferimentiai Comuni, attraverso la drasticariduzione del “fondo sperimentale di riequilibrio “; un taglio di 2,7 miliardi alle sole regioni a statuto ordinario, al netto degli ulteriori tagli alla spesa sanitaria; una forte riduzione dei fondi per la spesa farmaceutica e per il servizio sanitario pubblico; un ulteriore attacco alle società degli enti pubblici gestite in house finalizzato all’ obbligo alla privatizzazione entro il 31 dicembre 2013 di tutte le società “che hanno conseguito nel 2011 un fatturato da prestazione di servizi a favore di pubbliche amministrazioni superiore al 90 % “(art. 4 ).

Queste ultime norme finalizzate all’ obbligo alla privatizzazione dei servizi pubblici locali vanno in netto contrasto con la recente sentenza della Corte costituzionale che ha abrogato, riconoscendonel’ incostituzionalità, l’art 4 della manovra di Berlusconi di agosto (art. 4 del DL 138 del 13/8/2011 convertito in legge 148 del 14/9/2011 )che di fatto rendevaobbligatoria per gli EELL la privatizzazione dei servizi pubblici, minando fortemente la stessa pubblicizzazione del ciclo idrico integrato, chiesta da 27 milioni di italiani con la vittoria referendaria .

Fummo tra i primi a denunciare – a partire dal forum di Napoli dei “Comuni per i beni Comuni “ del 28/1/2012 -la pericolosità dell' art 4 del DL 138/2011 teso ad incentivare,con apposite premialità e semplificazioni, la privatizzazione dei servizi pubblici locali facendo rivivere tutta la normativa della legge Ronchi, formalmente abrogata col referendum, rendendo assai difficili i processi di costituzione di aziende speciali integralmente pubbliche per la gestione diretta e pubblica dell' acqua - sul modello dalla ABC (Azienda Beni Comuni costituita recentemente dal Comune di Napoli ) - e cioè di fatto, al di la della formale esclusione, tentando di mettere in discussione la volontà popolare referendaria .La recente sentenza che ha dichiarato anticostituzionale l’ articolo 4 della legge 138/2011 rappresenta una grande vittoria del movimento per i beni comuni e dimostra che spesso sollevare il tema della costituzionalità di norme che attaccano i diritti universali dei cittadini può essere vincente, anche in una fase in cui governano le forze liberiste, se si collega, come abbiamo fatto in questi mesi, ad un iniziativa popolare dei partiti della sinistra alternativa e dei comitati.

 

E’ una strada che vogliamo riproporre anche contro alcune misure del decreto sulla spending rewiew oggi in discussione. Infatti, proprio i tagli previsti da questo decreto sul fondo di riequilibrio ai Comuni configurano un attacco ai diritti dei cittadini. Con queste misure, insomma, non e' piu' possibile finanziare i livelli essenziali delle prestazioni sociali e sanitarie,ne' le funzioni fondamentali dei comuni in violazione di quanto previsto dagli articoli 117 ,118 e119 del titolo v° novellato della Costituzione .

 

Nel decreto taglia spese, inoltre, si conferma la “soppressione e la razionalizzazione delle province e delle loro funzioni. Come dipartimento EELL del PRC ci siamo già pronunciati in passato contro la campagna demagogica per lo scioglimento delle Province, che in nome della sacrosanta lotta ai costi impropri della politica, tentava di mettere in discussione una funzione territoriale di governo dell’area vasta, costituzionalmenteprevista, e cioè un importante risorsa della democrazia. Non è un caso che la prima formulazione dello scioglimento delle Province come ente eletto democraticamente dai cittadini è contenuta nel decreto legge 201/2011 approvatoil 28 dicembre 2011 che prevedeva, insieme agli altri punti di attacco alla democrazia ed alle condizioni di vita dei soggetti più deboli a partire dalla controriforma delle pensioni, una norma di chiaro segno anticostituzionale (art.23 commi 14/22 ): lo scioglimento dei consigli provinciali appena andranno a scadenza naturale e la non elezione di quei consigli provinciali che andavano rinnovati entro il 31 /12 /2012, con relativo commissariamento;latrasformazione delle Province in enti di secondo livello, eletti dai consigli comunali del territorio provinciale, con semplice funzione di “indirizzo politico delle attività dei Comuni “ .

Insomma,un governo dinon elettista lavorando per sciogliere rappresentanze democratiche elette dal popolo. Con l ‘ art. 17 del decreto attuale si definiscono i criteri del dimensionamento delle province “tagliate-riformate” e si definiscono le procedure per il trasferimento di molte loro funzioni alle Regioni ed ai Comuni, ridimensionando le funzioni delle province stesse, anche se accorpate, e soprattutto confermando il carattere non elettivo, e quindi non democratico degli organi provinciali.

Sonoin ogni caso chiarissime le due ragioni di fondo del nostro giudizio assai negativo sul provvedimento. In primo luogo, si tenta di azzerare una risorsa della democrazia, sancendo un pericoloso precedente con l’ attacco al sistema di elezione democratica degli EELL, innalzando ulteriormente soglie di sbarramento e centralizzando tutti i poteri nei Presidenti. Peraltro, nel recente studio presentato dall’UPI, redatto da ricercatori del CERTET Bocconi, si stima il costo di funzionamento della rappresentanza democratica delle Province italiane nell’ 1,4 % ( 122 milioni ) della spesa corrente delle province stesse a fronte di compiti e funzioni che non sono certo eliminabili e che, se accentrate nelle Regioni o decentrate ai Comuni, rischiano - come affermato nella citata ricerca - di costare addirittura di più .

In secondo luogo, si abbandona l’ idea – su cui da anni ci siamo battuti - di un futuro delle Province come soggetto istituzionale fondamentalecontro la crisi e per la tutela dei soggetti più deboli: ente territoriale di governodell’ area vasta, con un ruolo importante per la programmazione del territorio, della salvaguardia dell’ ambiente e dei beni comuni, del trasporto pubblico e della scuola e possibile protagonista di processi di sviluppo partecipativi ed ecocompatibili. Anche in relazione alle norme inerenti la controriforma delle province siamo impegnati, nelle prossime settimane, in una compagna di informazione sul ruolo democratico delle province e di sostegno all’ UPI nella iniziativepolitiche per la modifica delle norme contenute nel decreto a partire dalla incostituzionalita’ delle norme che aboliscono la elezione democratica e diretta dei consigli provinciali.

Facciamo perciò appello ai Consigli regionali, invece di discutere e di dividersi sul terreno di pericolosi municipalismi e/o provincialismi sugli accorpamenti ed i nuovi dimensionamenti, di pronunciarsi sulla incostituzionalità della norma, impegnandosi ad impugnarla davanti alla Corte Costituzionale.

*Responsabile nazionale Enti Locali del PRC

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