di Marco Nesci

Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano si rallegra per il piglio con cui il governo Monti affronta i temi delle riforme che a suo dire dovrebbero tirarci fuori dalla crisi e, anzi, auspica una collaborazione tra le forze politiche, affinché l’attuale clima di bacini e bacetti, prosegua anche dopo le elezioni del 2013.

 

Mi verrebbe da chiedere al Presidente, se è ha conoscenza delle reali condizioni materiali e sociali di vastissime aree della popolazione italiana, se è a conoscenza, ad esempio, che 3 persone su 5 rinunciano a curarsi, a causa della insopportabilità dei costi, quando le terapie necessarie non sono coperte dal sistema sanitaria nazionale e quindi si è obbligati a rivolgersi al privato, se è effettivamente a conoscenza della reale spesa sanitaria nel nostro Paese, in rapporto al PIL e in confronto ad altri Paesi Europei il cui rapporto di spesa è assai più significativo del nostro.

C’è davvero poco da rallegrarsi. L’ultima pesantissima opera di macelleria sociale è la cosiddetta spending review, ossia, come tagliare 8 miliardi al sistema sanitario nazionale, che vanno ad aggiungersi a quelli già tagliati nelle due precedenti manovre, toccando esclusivamente i servizi e salvando corruzione, sprechi e sperperi. Il taglio complessivo a fine ciclo sarà di 22 mld .

Prendiamo, ad esempio, il taglio dei posti letto per acuti, 7000 in meno. Premesso che il tasso di posti letto per acuti in Italia è al 3,5 per mille, tra le più basse d’Europa, con la nuova sforbiciata si passerà al 3 per mille, è un modo puro e semplice di fare cassa calpestando il diritto alla salute costituzionalmente riconosciuto. E’ vero che in Italia ci sono troppi Ospedali, di cui solo parte sono effettivamente tali, ma spesso questi presidi sono l’unica risorsa sanitaria in quel territorio. In questi casi non si dovrebbe parlare di chiusura ma di riconversione, investendo sulla qualità della spesa territoriale per una medicina di base che privilegi gli ambulatori plurispecialistici, o per la riabilitazione post acuta. In poche parole, se la razionalizzazione della spesa non è diretta a fare cassa ma ad essere riqualificante, per spendere meno, meglio e alzando la qualità dei servizi, ciò che avviene in questi giorni con la spending review, va in direzione diametralmente opposta.

Il taglio di 7000 posti letto in modo lineare è una pura idiozia, che inizialmente produrrà in termini di cassa i risparmi desiderati, ma esiste qualcuno di buon senso che stima i costi successivi, quando gli interventi anche sociali dovranno supplire alla mancanza di servizi?

Facciamo un esempio: riducendo i posti letto, la necessità di ridurre i tempi di degenza sarà sempre maggiore, aumenteranno quindi le persone che verranno inviate a casa mentre la fase acuta della patologia è in fase discendente, aumenteranno gli interventi chirurgici il cui ciclo (ricovero, operazione, decorso) sarà a tempi strettissimi, ci saranno quindi processi post intervento o acuto che si concluderanno a casa. Le esperienze di questi anni hanno dimostrato come in realtà la riduzione dei tempi di degenza produca effetti di complicanze più gravi da gestire e di costi alla fine superiori ai vantaggi iniziali. Una persona normodotata di cervello sa perfettamente che una mala sanità costa assai di più (anche socialmente) dei risparmi fatti sulla pelle dei cittadini.

Ma temo che ai professori e al trio politico che li sostiene, importi nulla delle conseguenze, anche perchè nei loro piani non c’è più una sanità pubblica e universale.

Altro capitolo è il risparmio sui farmaci. A parte le proteste di chi riceve meno profitti, una manovra di risparmio fatta a tavolino, toccando le aliquote, non produce effetti sul piano strutturale, ossia sulle cause che alimentano la crescita della spesa. Se si vuole agire sulla “struttura”, e produrre effetti di risparmio e migliore qualità di salute, bisognerebbe colpire il processo di durata del brevetto del farmaco ( in Italia il più lungo d’Europa) . Riducendo tale periodo, il farmaco perde il sovrapprezzo definito per il rimborso della “ricerca” e diventa generico. Il prezzo si abbassa per tale effetto e non a tavolino, producendo penalità per la sola speculazione delle multinazionali del farmaco. Ma, come è noto, in Italia è vietato colpire g i speculatori, meglio e più facile penalizzare i soggetti socialmente deboli.

Inoltre, bisogna agire sulla cultura. Il cittadino è stato sottoposto per anni alla politica di cura della malattia e non di prevenzione. I medici generici prescrivono farmaci e indagini diagnostiche anche quando non necessario. Questo fardello è conosciuto e ben presente ma nessuna politica sanitaria, ad oggi, ha affrontato seriamente il problema, così come nessuno si è messo di buona lena a verificare appalti e contratti , vergognosamente gonfiati e spesso inutili. Esistono vere e proprie gestioni mafiose, che la spending review si guarda bene di affrontare.

Il nostro sistema sanitario è al collasso, la spesa fuori controllo è solo la scusa per distruggerne la universalità e il principio di diritto costituzionale, agli amici degli amici non basta più il pezzo di torta di corruzione, clientele, ruberie, ora vogliono la torta intera. Monti, le banche, il trio politico che sostiene la maggioranza stanno lavorando per dargliela.

 

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