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CONTRO IL FASCISMO DI OGGI, COME IERI

 

 

 

di Bianca Braccitorsi *

 

 

 

 

 

Le elezioni di questa primavera si giocano in un Paese stremato da una crisi che ha stravolto la vita quotidiana e le aspettative per il futuro della grande maggioranza degli italiani e della quale non si vede l’inizio della fine, né lo spiraglio di luce che molti speravano, nel passaggio dal centro destra di Berlusconi al governo tecnico di Monti.

Un cambiamento in verità c’è stato, molto vistoso, fra la chiassosa corte del primo e l’irreprensibile condotta pubblica e privata, il linguaggio sobrio e lo sguardo severo del secondo, ma le scelte politiche sono rimaste immutate, come èra naturale, essendo i ministri del nuovo governo uomini e donne di destra, fermamente convinti (loro si) della divisione del mondo in due classi sociali contrapposte e del loro dovere di uscire dalla crisi salvando il potere e i privilegi della classe che ne è responsabile e riportando alla subalternità obbediente di un tempo la classe detta appunto “subalterna”.

In conseguenza della loro scelta politica i ministri di Monti – fra i quali non risultano precedenti o frequentazioni fasciste e razziste e che probabilmente giudicano le parole fascismo e antifascismo termini in disuso senza nessun riferimento alla realtà del 2000 – stanno riesumando la normativa del lavoro e il ruolo del sindacato nei termini sperimentati con successo da Mussolini negli anni trenta, non considerano o derubricano in rissa fra opposti estremisti le provocazioni, le aggressioni e gli oltraggi ai valori e ai protagonisti della Resistenza, non trovano nulla da eccepire al trattamento inflitto ai migranti e ai richiedenti asilo giudicato razzista da tutta Europa, garantiscono la governabilità con un sistema elettorale maggioritario, peggiorativo della legge Acerbo, che precedette il plebiscito del ’29.

Non si tratta di episodi isolati o coincidenze casuali, ma di decisioni e scelte che, oltre a precipitare in miseria la vita già difficile di migliaia di lavoratori, contribuiscono a mettere a rischio lo stesso assetto democratico del nostro Paese già indebolito dai continui attacchi a quella Costituzione che della nostra democrazia è stata ed è base e garante.

A questi rischi noi diamo il nome di fascismo e sappiamo che il suo antidoto è, oggi come ieri, l’antifascismo, da sempre e per sempre idea fondante dei comunisti e della sinistra degna di questo nome; due nomi che dobbiamo far circolare nelle città e nei paesi chiamati al voto e alla mobilitazione contro l’insidioso diffondersi del neo fascismo di strada e istituzionale il cui sviluppo inciderebbe pesantemente sulla vita e sulle scelte di libertà e di autonomia non solo di uomini e donne, ma anche di tutte le comunità già oggi oppresse dai tagli di bilancio che pongono limiti oggettivi alla autorevolezza del loro governo e alla stessa possibilità di rispondere ai bisogni dei cittadini.

La presenza di un sempre maggior numero di enti locali schierati in difesa dei loro diritti e della libertà di tutti potrebbe avere anche un suo peso sul destino del Paese intero: come la resistenza del popolo No Tav ci dimostra e ci insegna un diffuso e unito movimento “dal basso” di sindaci e cittadini può diventare un alleato prezioso per le forze del nuovo antifascismo che già si stanno organizzando in molte parti d’Italia grazie alla volontà e all’entusiasmo di vecchi partigiani e di giovani e giovanissimi militanti di una nuova resistenza.

La Federazione della Ssinistra va alle elezioni in una situazione irta di difficoltà – dall’oscuramento dell’informazione alla legge elettorale, studiata in modo da cancellare ogni opposizione della

 sinistra di classe, - ma ha le carte in regola per presentare agli elettori le proprie critiche e le proprie proposte alternative. A patto che le une e le altre arrivino a tutti gli elettori magari supportate dalla loro conferma nei programmi e nelle liste elettorali nelle quali debbono essere presenti sia gli esponenti riconosciuti dell’antifascismo locale che le possibili scelte provinciali, comunali e di municipi, che sottolineino l’intreccio di una coscienza antifascista con i problemi e i pericoli locali e

 

nazionali. Di qui l’importanza dell’odg già approvato in parecchi comuni che prevede l’inserimento negli Statuti comunali della definizione del comune come “Antifascista e antirazzista” e la precisazione degli impegni che ne derivano.

 

 

* Responsabile "Antifascismo" PRC

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