di *Loredana Fraleone -

Sono in pieno svolgimento gli esami di maturità, che vengono ancora chiamati così, tanto forte è nell'immaginario collettivo quello che è sempre stato vissuto come un rito di passaggio. Nella vita dei giovani che l'affrontano c'è sempre stato infatti un prima e un dopo la “maturità”. I diplomati in Italia, con un misero 62%, sono ben al di sotto della media europea al 79% e se la percentuale dei diplomati si può considerare un indicatore per valutare il livello di istruzione della popolazione, si vede bene come il divario con gli altri paesi europei sia la rappresentazione plastica di un paese, che si occupa dei giovani solo in quanto consumatori.
I maturandi attuali sono tra coloro che hanno potuto completare il loro percorso di studi, mentre tanti e tante, troppi, si sono persi durante gli anni, invertendo già da prima della pandemia quella riduzione dell'abbandono scolastico, che indica la mancanza di cura, da parte dei governi degli ultimi decenni, della scuola e del futuro delle nuove generazioni.
Circolano sulla dispersione scolastica indagini significative sul 2020, a fronte dell'assenza di dati ufficiali. “Save the children” segnala, in una di queste che nel 28% delle classi superiori almeno uno studente ha abbandonato, secondo l'IPSOS vi sarebbero circa 34.000 mila studenti dispersi, mentre la Comunità di Sant'Egidio fa salire il dato a circa 160.000.
Al di là della precisione di dati comunque allarmanti, lo stato del sistema di istruzione italiano, Università e scuola per l'infanzia comprese, è emerso in tutta la sua fragilità durante la pandemia: classi affollate, costi sempre più insostenibili per le famiglie, precariato dei docenti lungi dall'essere anche solo ridimensionato, un lavoro sempre più intenso e complicato per insegnanti che non vedono luce sul contratto di lavoro. L'elenco potrebbe allungarsi, ma ciò che va messo bene in evidenza è che da parte dell'attuale governo l'ossessione per l'intensificazione del rapporto scuola/mercato del lavoro è l'unica preoccupazione reale. Non la sicurezza, non una formazione in grado di misurarsi con la complessità, non investimenti in linea con quelli di altri paesi europei, ma solo l'impegno per un sistema che si vuole dimensionare il più possibile ai bisogni dell'impresa, ammesso che l'appiattimento culturale serva davvero ad imprese realmente competitive. E' emblematico che nell'esame di maturità dell'era Covid, su quattro punti da discutere, vi sia l'esperienza dei così detti Percorsi per le Competenze trasversali e l'Orientamento (PCTO), cioè l'Alternanza Scuola Lavoro, che ha cambiato definizione per essere più digeribile e non ha nulla a che vedere con le prospettive di lavoro dei/delle giovani, ma serve solo a quella egemonia culturale dell'impresa e del mercato, a cui deve sembrare inevitabile sottomettersi.
Tuttavia non è stato completamente pacificato il mondo della scuola, non lo fu neanche sotto il fascismo in fondo, forse per la sua natura intrinseca, forse per i legami storici con la Costituzione, forse per le contraddizioni che sopporta da troppo tempo. In questo anno di buio pandemico è stato l'unico segmento della società a mobilitarsi a fare proposte non solo per la fase terribile che stiamo ancora vivendo, ma anche per una prospettiva in cui l'accesso all'istruzione non sia un'evocazione costituzionale ma un reale diritto universale per l'emancipazione delle persone.
Ai ragazzi e alle ragazze impegnati negli esami di questi giorni bisogna rivolgere gli auguri, ma anche il messaggio che il dopo maturità potrà essere un salto nel vuoto, se non cercheranno di prendere in mano il proprio futuro, a partire dalla trasformazione del mondo in cui vivono.

*Responsabile Scuola Università Ricerca PRC/SE

Oggi 9 giugno 2021 mobilitazione con presidi in molte città italiane tra cui Roma, davanti a Montecitorio tra le 15 e le 18, per chiedere modifiche al decreto Sostegni bis, la cui conversione in legge è cominciata alla Camera e prevede la stabilizzazione di appena 9.000 precari rispetto alle oltre 100 mila cattedre vacanti.
La protesta è organizzata da diversi sindacati tra cui Flc Cgil, Cisl Scuola e Uil Scuola che contestano “I criteri per le stabilizzazioni costruiti scientemente a tavolino proprio per ridurre il numero delle persone da assumere in pianta stabile”.
Si pretende contemporaneamente il possesso dell’abilitazione o della specializzazione nel sostegno e l’anzianità di servizio di 36 mesi quando è noto che: gli abilitati sono pochi perché i corsi abilitanti non si fanno dal 2014.
Per il sostegno è altrettanto noto che dei circa 30 mila specializzati disponibili, che permetterebbero di coprire i 25 mila posti in organico scoperti, pochi hanno l’anzianità di servizio richiesta.
E’ evidente che, dietro la retorica sull’importanza dell’istruzione e della formazione è ancora una volta in atto un'operazione di risparmio ai danni della scuola…. mentre si danno miliardi alle imprese.
Con i provvedimenti in campo, concorso Azzolina, decreto sostegni bis e immissioni in ruolo si arriverebbe all’inizio della scuola con almeno 60 mila cattedre da assegnare rispetto alle 110 mila attualmente vacanti. Altro che “ci rivediamo a settembre” per studenti e insegnanti! La girandola degli incarichi, la perdita di continuità didattica, la condizione di precariato per decine di migliaia di insegnanti segnerà anche il prossimo anno scolastico, alla faccia della centralità della Scuola decantata dal ministro Bianchi e da Draghi.
Rifondazione Comunista sostiene tutte le mobilitazioni del personale precario della scuola, docente e ATA, che va stabilizzato sia se in possesso di abilitazione senza i tre anni di servizio, sia non abilitato con i tre anni di servizio, inserendolo in un percorso di formazione durante l'anno di prova. Va abolita la distinzione tra organico di fatto e organico di diritto e coperto subito almeno quello di fatto che ammonta a circa 100.000 cattedre vacanti. Va abolita la norma assurda e incostituzionale che vieta la di ripresentarsi a successivi concorsi ordinari.

Loredana Fraleone, responsabile Scuola
Antonello Patta, responsabile lavoro
Partito della Rifondazione Comunista/Sinistra Europea

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Si pone sempre più pressante il problema di unificare il mondo della scuola intorno ad obiettivi che salvaguardino prioritariamente la sicurezza e la qualità, creando le condizioni per una profonda riflessione su “quale formazione per quale società”.

E’ necessario riprendere temi che negli ultimi decenni sono stati sempre più marginalizzati, allo scopo di subordinare la scuola all’impresa e al mercato, alle loro esigenze, cioè ai loro interessi.

Il sistema d’istruzione è oggi sempre meno in grado di formare la cittadinanza indicata dalla Costituzione, di offrire saperi a ciascuno e ciascuna a prescindere dalla condizione di partenza, di garantire il pluralismo culturale che dovrebbe essere affidato alla libertà d’insegnamento.

La pandemia potrebbe fornire l’occasione per ripristinare e rilanciare i principi costituzionali relativi al sistema d’istruzione, ma con un governo e un Parlamento legati a doppio filo alla Confindustria la situazione può peggiorare ulteriormente.

Il progetto di integrazione scuola pubblica enti privati, attraverso “patti di comunità” e quant’altro, punta a ripetere l’operazione andata in porto con la sanità: una progressiva sottrazione di funzioni alla Scuola pubblica per portare nel mercato ciò che ne sta ancora fuori.

Tuttavia la nuova attenzione sulla Scuola, prodotta dai problemi segnalati dalla pandemia, potrebbe creare le condizioni, in presenza di nuove ed evidenti forme di selezione di classe, per un’inversione di tendenza rispetto agli ultimi decenni.

La lotta all’abbandono scolastico, accelerato dalla didattica a distanza, acquista perciò in questa fase un valore strategico.

Le politiche degli ultimi decenni hanno già prima della pandemia portato ad un aumento della dispersione dal 2017, in controtendenza con gli anni precedenti, in cui il dato si presentava invece in diminuzione, come è avvenuto nei paesi dove le risorse per l’istruzione incidono in modo consistente sul PIL.

In Italia, gran parte dei tagli di risorse alla Scuola sono stati prodotti con l’aumento del numero degli alunni per classe e con il dimensionamento scolastico, che ha lasciato vuoti interi edifici, territori privi di scuole e ha permesso una significativa riduzione del personale docente e ATA.

Una delle conseguenze dei tagli sono di conseguenza le così dette “classi pollaio”, che spesso comprendono anche più di un/a disabile, eludendo la norma che anche in presenza di uno/a solo/a prevede il numero massimo di 20, come recentemente sancito da una sentenza del TAR.

Le classi affollate sono diventate tra i problemi più urgenti da affrontare sul piano sanitario, stante la durata della pandemia e le più che probabili possibilità dell’arrivo di nuovi virus, come previsto dagli esperti, che già avevano annunciato l’arrivo di questa.

Non solo per la sicurezza è necessario garantire un contesto sano a studenti e insegnanti, ma anche perché solo un numero limitato di alunni/e consente la cura necessaria per garantire il diritto allo studio. Rifondazione Comunista pone come obiettivi di questa fase, propedeutici alla rimessa in campo della scuola della Costituzione:

– Un aumento delle risorse al sistema d’istruzione pari almeno a un punto di PIL, per recuperare i tagli, prodotti nel corso degli anni da governi di centrodestra e centrosinistra – pari a circa 10 miliardi- e raggiungere almeno la media europea.
– Una drastica riduzione degli alunni e alunne per classe, che porti lo spazio a disposizione per ciascuno ad almeno 3 mq e comunque per un numero non superiore ai 18 nella scuola secondaria e 15 nella primaria.
– Assunzione del personale docente e ATA necessari per coprire l’aumento dell’organico, derivante dalla riduzione del numero degli alunni e delle alunne per classe.
– Abolizione della differenza tra organico di diritto e organico di fatto, con l’immediata immissione in ruolo di tutti i precari che ne hanno i requisiti.
– Ridefinizione del dimensionamento, riportando le Istituzioni scolastiche a un massimo di 900 alunni e una soglia minima che tenga conto delle zone montane e le isole.
– Finanziamento e programmazione di un piano straordinario di edilizia scolastica, per garantire finalmente edifici a norma e la creazione di spazi adeguati per tutte le attività, che si svolgono nelle scuole, a partire dai laboratori.
– La reintroduzione del medico scolastico e di tutti quei servizi, che un tempo garantivano un supporto molto importante ai tanti problemi sociali, per i quali le scuole sono state lasciate sole a farsene carico
– Un sistema di trasporto efficiente e adeguato alle necessità delle scuole.

Gli obiettivi urgenti, di questa fase, devono sgomberare il campo dai problemi più assillanti, per poter riaprire un confronto interno ed esterno alle scuole su come garantire l’accesso all’istruzione a tutte e a tutti, dai nidi all’Università, a partire da un’effettiva gratuità e l’abolizione del numero chiuso.

Deve essere ripensato un sistema di valutazione -l’INVALSI va semplicemente abolito– che, al contrario di una misurazione inutile e falsata, costituisca la guida per elevare il più possibile le capacità di ciascuno/a. Va elevato l’obbligo scolastico fino ai 18 anni, anche come antidoto all’abbandono degli studi.

Vanno ripensati e rilanciati gli Organi Collegiali, per una reale partecipazione di studenti, docenti, personale ATA, territori alla vita delle scuole.

A cura del Dipartimento Scuola PRC-S.E.

Rifondazione Comunista sostiene lo sciopero della scuola indetto dai sindacati della Scuola COBAS, UNICOBAS, USB, CUB per il 6 maggio, data prevista per lo svolgimento dei test di “misurazione delle capacità” nella scuola elementare, solo rinviati negli altri ordini di scuola.

La piattaforma della mobilitazione prevede oltre alla contestazione delle prove invalsi una serie di richieste quanto mai condivisibili come l’aumento delle risorse da destinare alla scuola, la riduzione del numero di alunni per classe, la stabilizzazione dei precari, l’internalizzazione dei servizi in appalto, consistenti aumenti salariali, fine della didattica a distanza da settembre e altre

riguardanti questioni che affliggono la Scuola da anni e che la pandemia ha solo evidenziato.

Lo sciopero è importante perché con le sue proposte vuole introdurre nel dibattito sul pubblico, cresciuto in questa fase idee e proposte alternative a quelle degli attuali governanti.
E’ infatti chiaro che le misure dell’attuale governo, rispetto all’avvio del prossimo anno scolastico, non si discostano da quelle precedenti e le riforme preannunciate si pongono nel solco tracciato dalla “Buona scuola” di Renzi, con un’ulteriore svalorizzazione del lavoro docente, una gerarchizzazione finalizzata a rafforzare la catena di comando che parte da un ministero legato a doppio filo con Confindustria, l’affermazione di un impianto culturale sempre più dipendente dai valori dell’impresa e del mercato.

I soldi ci sono! Rifondazione Comunista ritiene preziosa ogni mobilitazione che vada nella direzione di un uso delle risorse finalizzato ai diritti colpiti in questi anni dalle privatizzazioni e da una ridistribuzione della ricchezza sempre più a favore di una piccola minoranza della popolazione.

Loredana Fraleone – responsabile Scuola Università Ricerca PRC/SE
Nello Patta – responsabile lavoro PRC/SE

Invece di occuparsi del grave problema dell’abbandono scolastico, che in Europa ci relega agli ultimi posti per diplomati e laureati, di che si preoccupa il ministro del “governo dei migliori”? Di far effettuare le prove INVALSI “almeno” nella scuola elementare, da un sistema che da anni cerca di inculcare una valutazione standardizzata per ognuno/a e per ogni dove, come se si volesse far indossare la taglia 52 a tutti/e indipendentemente dalla corporatura, con prove che escludono, se non penalizzano, un pensiero più articolato non collocabile tra il vero e il falso. Un Ente costoso e fallimentare, modellato su criteri made in USA, dove si è cominciato a capire che persino l’innovazione industriale non sa che farsene di menti binarie.

La valutazione a scuola è stata spesso affrontata come un esito naturale piuttosto che un punto di partenza dal quale individuare le strategie migliori, per valorizzare al massimo le diverse capacità, i test INVALSI non fanno altro che esasperare questo criterio.

Va dunque riaperto un dibattito culturale e sociale sulla valutazione, che sgombri il campo da metodiche penalizzanti per allievi/e e insegnanti, espropriati di criteri che solo la conoscenza delle singole situazioni può stabilire e quindi svalutati su una parte rilevante della professionalità docente.

Ben venga allora lo sciopero sui pesanti problemi della scuola indetto dai COBAS, USB, UNICOBAS; CUB della scuola proprio il 6 maggio, nel giorno della somministrazione della prima prova nella scuola elementare, scandaloso oltre tutto in questa situazione pandemica. Ben venga una seria discussione sulla valutazione con l’abolizione, in tutti gli ordini di scuola, di un sistema che ha mostrato di non essere efficace neanche per contrastare l’abbandono scolastico in crescita già prima della pandemia.

Rifondazione Comunista è per una valutazione che valorizzi al massimo le capacità di tutti/e e per la restituzione alla scuola dei suoi compiti costituzionali.

Maurizio Acerbo, segretario nazionale
Loredana Fraleone, responsabile Scuola Università Ricerca
Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea

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