12maggio_striscione

di Diego Novelli
Sabato scorso a Roma si è svolta una manifestazione organizzata dalla Federazione della Sinistra. È stato un piacere vedere alla televisione (anche se per non molti secondi) quel lungo corteo con tante bandiere rosse portate da giovani e anziani, uomini e donne che non si sentivano imbarazzati nello sventolare l'antico vessillo, simbolo dei lavoratori del braccio e della mente.

L'appello venuto da quella piazza - come riferisce Daniela Preziosi sul manifesto - è stato unire la sinistra italiana e quella europea per lottare contro le politiche del rigore a senso unico. Sacrosante parole che si sentono tutti i giorni parlando per strada con la gente semplice, non abituata agli arzigogoli di una certa politica, che appena ti vede ti dice: «Ma quando la finirete di litigare tra di voi; perché non vi mettete ragionevolmente tutti assieme anziché dividervi?»
Impresa non facile, tanto più quando leggi che dal palco gli oratori che si sono succeduti (forse anche per assecondare alcuni settori della piazza) hanno riservato sacrosante bordate nei confronti del governo Monti, non disdegnando, però, alcuni strali al Pd di Bersani e al Sel di Vendola. Vorrei sapere dagli organizzatori della manifestazione qual è la linea strategica indicata dai dirigenti della Federazione di Sinistra. «Si deve smettere - ha detto Paolo Ferrero - di rivolgersi a Bersani con il cappello in mano e Vendola deve piantarla di inseguirlo». Già. Sempre Ferrero ha assicurato che «si presentassero insieme alle elezioni Idv, Sel e Fds supererebbero il 20% dei consensi, imponendo una svolta nel Paese». Abbiamo letto bene? Con il venti per cento dei voti il simpatico Ferrero pensa di cambiare le cose in Italia? Ma dove vive? In un colpo solo vuole regalare al fronte avverso il 28-30% dei consensi che oggi può raccogliere il Pd?
Per poter vincere le prossime elezioni politiche (per andare al governo comunque sia per cambiare l'esistente?) è necessario un profondo rinnovamento di tutta la sinistra con spirito unitario. Il ché vuol dire da una parte smetterla di inseguire Casini (come fanno Bersani e D'Alema) non dimenticando però settori democratici presenti tra gli elettori catalogati da una certa pubblicistica come moderati. Dall'altra i gruppi dirigenziali della sinistra devono lavorare, come indicava Antonio Gramsci, per far crescere tra le masse una coscienza critica, che guardi alla realtà per quello che è e non per quello che noi vorremmo che fosse. Ma al di là delle alchimie politicistiche si guardi ai contenuti. Si prenda come punto fondamentale per un reale programma di governo per il cambiamento la Costituzione della nostra Repubblica: non c'è nulla da inventare ex novo, sta tutto scritto. Semmai con tutte le forze democratiche ci si deve battere con maggiore coerenza e continuità per vedere la Carta attuata dopo 65 anni dalla sua promulgazione! Le vocazioni minoritarie vanno bene nelle comunità religiose che hanno a disposizione il premio per l'aldilà. Chi non ha questa fortuna vorrebbe ottenere qualche cosa di concreto anche all'aldiqua, soprattutto per dirla evangelicamente, «per gli ultimi».
da Il Manifesto, mercoledì 15 Maggio 2012

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