di Mimmo Cosentino
Mentre la Sicilia brucia, nell’afa africana di questo torrido luglio 2012, boschi e riserve, e mentre si squagliano migliaia di posti di lavoro, il sistema di potere politico ed economico continua ad esibirsi in balletti di posizionamento, in vista delle elezioni annunciate – ma sarà vero? - per fine Ottobre.
Da Termini Imerese ai Cantieri navali di Palermo, dalla Nokia di Catania ai braccianti ormai ridotti a condizioni di servitù: l’elenco dei senza lavoro si allunga senza speranze e senza prospettive.

Uno spettacolo indecoroso. Da una parte il governo di Raffaele Lombardo, con le sue appendici rutelliane e finiane, e con l’assistenza dell’ex magistrato “duro e puro” Massimo Russo, convertitosi, nelle stanze dei bottoni, da un rigido giustizialismo ad un accondiscendente ipergarantismo  per gli esponenti politici accusati di rapporti organici con la criminalità mafiosa, procede in una forsennata  sequenza di nomine dirigenziali di natura clientelare, fino all’incresciosa collocazione di un detenuto ai vertici di uno dei tanti enti regionali.
Dall’altra parte il gruppo parlamentare del Pd che ritira la mozione di sfiducia e fa venire meno il voto d’aula fissato per il 26 luglio.
Il segretario Lupo, nel tentativo di mettere una toppa alle critiche che stanno travolgendo la credibilità del suo partito, già largamente compromessa per la partecipazione al governo Lombardo, fa votare dalla direzione, lunedì 9 luglio, la sconfessione dell’operato del gruppo parlamentare di cui fa parte, e la chiusura di qualsiasi alleanza con l’Mpa. E  rilancia l’impraticabile coalizione tra forze del centrosinistra e Udc. Il giorno dopo, però, riafferma la sua fiducia in Cracolici.
Una pantomima penosa che richiede alcune tempestive valutazioni: anche perché, intervenendo al congresso regionale del Prc, il segretario del Pd ha rivolto un disperato appello a Sel e Idv, per essere aiutato a sconfiggere le posizioni di quella parte del partito sulla quale scarica la responsabilità dell’accordo con Lombardo. Si tratterebbe, a suo dire, di uscire dal fallimento dell’ennesima operazione trasformista  con la costruzione di un’intesa tra forze del centrosinistra e moderati dell’Udc, ai quali viene riconosciuto il merito di avere preso da tempo le distanze dal sistema di potere ‘lombardiano’. Rimuovendo così, con un colpo di spugna, le numerose alleanze elettorali tra Udc, forze di centrodestra e, in alcuni casi, gli stessi autonomisti, che hanno caratterizzato le recenti amministrative di maggio. A cominciare da Palermo, dove, con la benedizione di D’Alia e Casini, l’Udc ha sostenuto il candidato sindaco del Pdl e di Miccichè.
In realtà il Pd porta  tutto intero il peso del fallimento dei governi Lombardo, nelle sue varie articolazioni, e della collaborazione disastrosa con le forze del terzo polo, ma soprattutto l’avere abbandonato definitivamente la prospettiva dell’alternativa e della costruzione di un percorso comune con le forze sociali e politiche che hanno fatto della liberazione dal dominio della borghesia mafiosa  e dell’affermazione del bene comune e degli interessi pubblici i principi ispiratori del proprio impegno.
Il fallimento investe senza condizioni coloro che hanno spinto con forza per l’abbraccio consociativo e trasformista con gli autonomisti, fino alla partecipazione spartitoria degli assetti di potere: da Cracolici a Lumia, a Crocetta, i vertici  della Lega delle cooperative, quei  settori sindacali, soprattutto delle grandi città, motivati da una concezione ultrapragmatica e concertativa, in alcuni casi clientelare, della propria funzione.
Questo schieramento, un vero e proprio sistema di potere, ha tentato con Ferrandelli  nelle primarie contro Rita Borsellino, e poi, con l’apporto subalterno di Sel,  contro l’elezione a sindaco di Palermo di Leoluca Orlando, di rilanciare con forza, nel momento di massima crisi dell’esecutivo a seguito dell’inchiesta IBLIS, l’asse con Lombardo e gli interessi da lui rappresentati, in primo luogo quelli dell’imprenditoria catanese.
Il fallimento investe nondimeno anche quella parte del Pd, da Lupo a Bianco a Crisafulli, che attraverso l’accordo con l’Udc, la Cisl e pezzi di Confindustria Sicilia ( Lo Bello ), pensano di esportare in Sicilia il modello Monti, un’ipotesi di governo ispirato alla modernizzazione autoritaria dell’apparato regionale, all’accelerazione delle privatizzazioni, ad un rilancio dell’economia fondata sugli aiuti alle imprese contestualmente ad un allentamento dei vincoli ambientali e dei controlli. Basti citare le battaglie sostenute per la realizzazione dei rigassificatori, a cominciare da quello di Melilli_Augusta. I riferimenti nazionali  sono Monti e Marchionne.
Si pone pertanto con forza la necessità della rottura del sistema di potere e dei suoi intrecci privatistici e affaristici. L’alleanza subalterna del Pd al sistema di potere di Lombardo ha avuto conseguenze devastanti sul fragile fronte dell’opposizione sociale. Fortemente condizionati o dalla condivisione della politica di Monti (Cisl, Uil) o dalla indeterminatezza delle scelte da assumere (Cgil), con scioperi proclamati e disattesi, i sindacati non sono stati in grado di unificare i vari settori in lotta. Lotte generose di fabbrica, e insubordinazione dei territori colpiti da inondazioni e disastri, sono rimaste isolate. Al moltiplicarsi dei presidi davanti alle prefetture, si è tentato di rispondere con la costruzione di un blocco interclassista, dalla Confindustria alle cooperative ai sindacati: la prova generale è stata fatta nella manifestazione del 1 Marzo a Palermo. Un rinnovato patto tra i produttori che infiniti danni ha già in passato arrecato alla Sicilia, e che rispolvera, cosciente o meno, un polveroso sicilianismo funzionale all’autonomismo di Lombardo.
Nel pieno della crisi del centrodestra, sancita dal crollo dei consensi al Pdl alle elezioni amministrative, e dalla proliferazione di nuove formazioni e liste, ora civiche, ora travestite da leghismo del Sud ( Miccichè ), lo scontro politico si va concentrando sull’eredità lombardiana.
Il più pericoloso, perché in assoluta continuità con la storia peggiore della sinistra in Sicilia, quella del consociativismo e del trasformismo, magari sotto le ali protettive di una union sacrèe resa obbligata dalla crisi economica,politica e istituzionale, è dato dallo schieramento che sta promuovendo la figura dell’ex comunista Rosario Crocetta, la cui candidatura è già lanciata da megacartelloni costosissimi ( pagati da chi? ) che campeggiano nelle diverse città dell’isola. Non entreremo in questa sede sulle caratteristiche emergenziali della esperienza amministrativa dell’ex sindaco di Gela. Ci interessa capire come e perché ha goduto, e continui a giovarsene, tanto che il quotidiano La Sicilia rappresenta oggi il suo strumento mediatico più efficace e rilevante, dell’amplificazione propagandistica e del quotidiano di mario Ciancio e Tony Zermo. Paradossalmente, sulla stessa lunghezza d’onda si colloca “il manifesto”, che,  a firma di Massimo Giannetti, ha prima appoggiato, con argomenti mistificatori, Fabrizizio Ferrandelli, e, ora, fa l’apologia di Crocetta.
Questa aggregazione può vantare l’adesione convinta di Lumia e Cracolici, degli ambienti di Confindustria Sicilia vicini al neo Presidente Antonello Montante e che partecipano al governo della regione con l’imprenditore Marco Venturi, di Sindaci adusi alle più spregiudicate operazioni politiche e amministrative, in primis quello di Vittoria, luogo simbolo del lancio della candidatura di Crocetta, in settori significativi della Cgil, a partire da quella catanese,  fino a quel ceto politico spinto da ambizioni e brama di collocazione, e che si è rappattumato, da destra e da sinistra (presunta), attorno alla candidatura di Fabrizio Ferrandelli a Sindaco di Palermo.
Tra le due parti in competizione è in corso una guerra per bande, con accuse reciproche tremende, che vengono scagliate pubblicamente, e che riguardano la vicenda Lusi così come la vicinanza di questo o quell’esponente a personaggi per niente raccomandabili, fino all’accusa di pattuizione spartitoria con Lombardo dei finanziamenti e delle nomine clientelari.
L’Unità, d’altra parte, per firma di un commentatore di nome Provenzano,  auspica la ricomposizione dell’area dei progressisti e dei moderati, proprio attorno al nome di Crocetta, che ha già incassato anche i pronunciamenti favorevoli degli ex missini Granata e Briguglio ed  il significativo appoggio di esponenti di punta del Mpa, primo tra tutti il capogruppo all’Ars D’Agostino.
E Repubblica, nella pagina di Palermo del 12/7/2012, riporta gli apprezzamenti e il gradimento di Raffaele Lombardo  per la auspicata elezione, come suo successore, di Rosario Crocetta a governatore, mentre egli si ritirerebbe, novello Cincinnato, nelle sue tenute a “coltivare mariuana”, così da potere provare finalmente “l’ebbrezza di uno spinello”. Siamo costretti a subire, assieme al degrado della vita istituzionale  e della normale dialettica democratica, il decadentismo delle classi dirigenti isolane. Fino a quando?
La costruzione di una lista unitaria delle forze della sinistra e dell’alternativa, dai chiari contenuti programmatici, è stata giustamente collocata, dal recente congresso regionale del Prc-Fds, nella gestione pubblica dei beni comuni, nel rifiuto netto delle privatizzazioni, nella scommessa di uno sviluppo autocentrato ed ecocompatibile, nell’affermazione dei diritti sociali e civili come principio inderogabile nel governo della regione, nella affermazione della Sicilia come terra di pace, solidale, antirazzista e di cooperazione, spazio pubblico che promuove le relazioni e il pieno riconoscimento delle culture della differenza,  e la realizzazione concreta della integrazione delle realtà migranti.
La proposta va allargata a quegli elettori, militanti e quadri del Pd, interessati a realizzare un’alternativa autentica al dominio della borghesia mafiosa e al degrado prodotto dal sistema di potere consolidatosi da oltre un decennio all’Ars.
Già circola un appello firmato da sindacalisti e personalità dell’intellettualità democratica, dei movimenti antimafia e dell’associazionismo. Facciamolo diventare  lo strumento che avvia, anche in Sicilia, il percorso della rottura del sistema dei partiti che ha operato unanimisticamente all’Ars, da più di dieci anni, e che lancia un segnale inequivocabile di opposizione e alternativa al dominio della borghesia mafiosa. Palermo, con l’elezione di Orlando, ha già dato un segnale importante. C’è bisogno che diventi speranza generale del cambiamento.

 

 

 

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