di Luigi Franco
Una risposta alla Curia milanese, che sulle coppie di fatto “deve rispettare le decisioni del consiglio comunale”. E un invito al prossimo Parlamento a “riconoscere le unioni civili”. Nel cortile di Palazzo Marino Giuliano Pisapia risponde alle domande dei cronisti, mentre a pochi metri inizia la discussione sulla delibera di iniziativa consigliare che istituirà il registro delle unioni civili. L’Aula è più gremita del solito. Ci sono giornalisti di quasi tutti le testate e rappresentanti di diverse associazioni per i diritti lgbt, a segnare un passaggio cruciale per la maggioranza arancione: il provvedimento è stato promesso fin da subito, in campagna elettorale, e nei mesi scorsi il sindaco di Milano è intervenuto più volte per dire che non ci avrebbe rinunciato.
L’ha fatto capire anche nel suo discorso di benvenuto a Benedetto XVI, in visita a Milano a inizio giugno per l’incontro mondiale delle famiglie. Qualche limatura rispetto al testo uscito dalla commissione Pari opportunità sarà necessaria, ma alla fine la delibera con ogni probabilità passerà. Dopo l’esame dei 51 emendamenti depositati si dovrebbe arrivare a un voto trasversale alle forze politiche. Perché nella maggioranza qualcuno ha già annunciato la sua astensione. Come il democratico Andrea Fanzago che due giorni fa dichiarava: “La delibera nel migliore dei casi non servirà a niente, perché non apre a nuovi veri diritti”. La sua posizione, come quella di qualche altro cattolico del Pd, è stata rinvigorita dalla dura presa di posizione della Curia milanese, secondo cui il provvedimento non è altro che un’operazione di immagine che rischia addirittura di favorire la poligamia. Opinione a cui il sindaco replica: “Così come rispetto le decisioni della curia in campo religioso, la Curia deve rispettare le decisioni del Consiglio comunale. Comprendo la posizione della Curia, ma ognuno ha il proprio ruolo nel rispetto delle posizioni e delle idee degli altri”.
Intanto dalla maggioranza è già arrivato l’ok a cambiare quel riferimento alle unioni civili come “un insieme di persone” che ha fatto sì che la Curia temesse il peggio. Il testo, che ha come prime firmatarie Marilisa D’Amico (Pd), Anita Sonego (Fds) e Patrizia Quartieri (Sel), avrà bisogno anche di qualche altra modifica. Dovrebbe già esserci l’accordo per cambiare il passaggio in cui si fa riferimento alla “famiglia anagrafica”, definizione che non piace a tutti coloro che vorrebbero votare a favore. Gran parte degli emendamenti sono stati presentati dalla Lega. E dal Pdl, partito in cui si registrano alcuni distinguo. Perché se gran parte dei consiglieri e il capogruppo Carlo Masseroli sono contrari al registro delle unioni civili (“Equiparare la famiglia naturale alla coppia gay è scorretto perché sono due cose diverse”), Giulio Gallera, coordinatore milanese del Pdl, lascia intendere in Aula che se passeranno alcune modifiche voterà ‘sì’. “Non c’è una natura di serie A o B o chi ha più natura degli altri”, afferma Gallera in uno dei passaggi del suo discorso. Per poi aggiungere: “Non è giusto pensare che le coppie omosessuali non abbiano gli stessi diritti degli eterosessuali”. Alla fine dal pubblico lo applaudono, così come è succede per tutti gli interventi di esponenti della maggioranza a favore del provvedimento. In tribuna anche Marco Mori, presidente dell’Arcigay di Milano, e il vice presidente del Pd Ivan Scalfarotto, concentrato sul suo smartphone a fare la diretta twitter del dibattito. Contrari al registro sono i consiglieri della Lega, favorevole Mattia Calise del Movimento 5 stelle e Marco Cappato dei Radicali. Mentre Manfredi Palmeri (Fli) si riserva di fare “un’attenta valutazione” sul voto. La seduta è aggiornata a oggi pomeriggio. Con la maggioranza che spera di centrare l’obiettivo già entro la fine di questa settimana.
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