di Elena Marisol Brandolini

Barcellona. Continueranno anche in agosto le mobilitazioni dei sindacati, nelle città spagnole: si ritroveranno ogni venerdì, in coincidenza con la celebrazione dei Consigli dei Ministri, davanti ai diversi palazzi istituzionali, per protestare contro le misure economiche del governo popolare di Mariano Rajoy. Poi, in settembre, il giorno 12, una giornata di lotta nel settore pubblico, il più penalizzato dall’ultimo decreto di tagli. E, soprattutto, sabato 15 settembre, la convocazione di una Marcia a Madrid, proveniente da tutti i territori della Spagna e la promozione di un referendum popolare, perché i cittadini possano pronunciarsi sulle poltiche del governo.

Questo il programma deciso dalla Cumbre Social, un cartello che raccoglie oltre 150 organizzzioni sociali e i sindacati confederali Comisiones Obreras e Unión General de Trabajadores, costituitosi nella giornata di ieri, a Madrid, perché, dicono, le poltiche del governo impoveriscono la maggioranza della società e deteriorano il modello sociale.

CC OO e UGT non escludono di convocare anche uno sciopero generale nei prossimi mesi, ma non avrebbero fretta di fissare una data precisa. Mentre i sindacati di Euskadi ELA e LAB hanno deciso di anticipare tutti, indicendo uno sciopero generale nei Paesi Baschi e in Navarra per il 26 settembre prossimo, come risposta alle politiche economiche dell’Esecutivo centrale.

Se dunque lo scenario sociale è più che in movimento, sembra invece che il prossimo finesettimana sarà un po’ più tranquillo per spread e borse europee. E’ bastato che il presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, intervenisse dicendo che la BCE avrebbe fatto tutto il necessario per salvaguardare l’euro, perché lo spread spagnolo si riportasse nuovamente sotto i 600 punti, dopo una settimana di record che aveva fatto ascendere il differenziale tra gli interessi del debito spagnolo e debito tedesco fino a 650 punti.

Annuncio giunto all’indomani della sollecitazione lanciata nell’incontro tra il ministro dell’Economia spagnolo Luis de Guindos e il suo omologo francese Pierre Moscovici, circa l’urgenza di applicare le conclusioni del Consiglio Europeo di fine giugno, con l’avvio di un meccansimo automatico anti-spread e la supervisione dei sistemi creditizi europei a carico della BCE.

Nel frattempo, la Commissione Europea ha dato il via libera al piano di ricapitalizzazione delle banche spagnole per 100 miliardi di euro. E mentre nel parlamento spagnolo sfilano i responsabili e privilegiati testimoni del fallimento di Bankia, sempre di più lo spettro del “riscatto totale”, ossia la richiesta di salvataggio all’Europa per l’intera economia del paese, si va facendo strada.

E anche la Catalunya, dopo la Comunidad Valenciana e Murcia, ha dichiarato che ricorrerà al Fondo de Liquidez Autonómico (FLA), il meccanismo di liquidità centrale messo a disposizione per le comunità autonome che non riescano più ad autofinanziarsi sul mercato dei titoli pubblici. Si tratta perciò di una richiesta di salvataggio allo Stato spagnolo, che però non presuppone un intervento vero e proprio dello Stato sulle Comunità che vi facciano ricorso, come nel caso del meccanismo europeo. Questo si affrettano a chiarire i rappresentanti del governo catalano che deve far fronte, prossimamente, alla scadenza di debito per quasi 6 miliardi di euro.

Una richiesta venuta dalla Generalitat il giorno prima dell’approvazione nel Parlament catalano del nuovo patto fiscale, anche in chiave di “forzatura” del dibattito. Un patto fiscale proposto da Convergència i Unió (CiU) già in campagna elettorale, partito oggi al governo della Catalogna, e rivisitato nella trattativa con le altre formazioni politiche. Il nuovo sistema di finanziamento riproduce il “concerto economico” basco, con la gestione tributaria (esazione, gestione, gettito, liquidazione, revisione, sanzione e ispezione) di tutti i tributi che intervengono in ambito catalano, affidata alla Agencia Tributaria de Catalunya, sotto la tutela della Generalitat, quale unica amministrazione responsabile. Nel patto si riconosce che vi sarà una collaborazione amministrativa della Agencia con altre amministrazioni di diverso livello; si rispetta il vincolo di progressività del prelievo e di lealtà istituzionale; si prevede la necessità di una quota di compensazione a carico della Catalogna per i servizi dello Stato e la solidarietà interterritoriale; come pure il coordinameto bilaterale tra Stato e Generalitat per negoziare il modello di finanziamento e la sua revisione periodica.

Il punto più contrastato del patto, quello dell’agenzia tributaria non consorziata con lo Stato, è stato approvato con una maggioranza del 63% dei voti nel parlamento catalano: a favore  CiU, ERC (Esquerra Republicana) e Iniciativa per Catalunya (la versione catalana di IU); contrario il Partido Popular; astenuti i socialisti, con l’eccezione dell’ex-consigliere Ernest Maragall, del settore catalanista del partito socialista, che ha votato a favore. I socialisti hanno sostenuto tutti gli altri punti del patto, ma hanno voluto esprimere la loro divergenza sugli strumenti scelti e anche sul modello di riferimento, il concerto basco, ritenendo che sarebbe stato preferibile lavorare piuttosto su un modello di tipo federale.

Ora la Generalitat è chiamata dal parlament ad avviare una trattativa con il governo centrale. Perché è un fatto che la crisi riduce ancor più le risorse economiche che si considerano già insufficienti e alimenta sentimenti di sapore indipendentista.

 

paneacqua.info

 

 

 

 

Condividi

Cerca

Sostieni il Partito


 

COME SOTTOSCRIVERE

  • tramite bonifico sul cc intestato al PRC-SE al seguente IBAN: IT74E0501803200000011715208 presso Banca Etica.
  • attivando un RID online o utilizzando questo modulo
  • con carta di credito sul circuito sicuro PayPal (bottone DONAZIONE PayPal sopra)

Ricordiamo che le sottoscrizioni eseguite con la causale erogazione liberale a favore di partito politico potranno essere detratte con la dichiarazione dei redditi del prossimo anno