di Tonino Bucci

Sono una novità nella politica. La patria d'origine dei pirati – se ne esiste una – è l'Europa continentale del nord, Svezia e Germania soprattutto. Ma cominciano ad affacciarsi anche in Italia. In ogni paese il programma di base è lo stesso, salvo adattamenti ai singoli contesti nazionali. Tutti i partiti aderiscono a un'Internazionale pirata. Stando alle categorie tradizionali il fenomeno è di incerta collocazione ideologica. I pirati non si definiscono né di destra né di sinistra. Sono un movimento per le libertà digitali. Al centro del programma mettono le questioni della Rete, la proprietà intellettuale, la riforma del copyright e del diritto d'autore, il diritto alla copia e alla libera circolazione delle opere digitali, perlomeno in sfere sottratte al mercato.

Da questo punto di vista la visione dei pirati è un liberalismo radicale dei diritti del cittadino del web 2.0 ma l'attenzione al precariato giovanile, la proposta del reddito di cittadinanza e l'idea che il sapere non possa essere una merce fa dei pirati un movimento vagamente socialdemocratico. A ogni modo i temi digitali che propongono sono in larga parte ancora inesplorati dalla politica “ufficiale”. La domanda è se le questioni digitali possano avere uno spazio politico ed eventualmente un bacino elettorale anche in Italia. In Germania, alle elezioni per il rinnovo del parlamento regionale del Land Nordrhein-Westfalen di maggio, il Partito dei pirati ha registrato uno dei suoi migliori exploit di sempre con un 7,8 per cento, superato solo dall'otto virgola nove al Land di Berlino due anni fa. Dalle analisi dei flussi elettorali sembrerebbe confermato che i pirati tedeschi hanno catturato i voti di cittadini che in passato si erano astenuti o da ex elettori delusi in fuga da altri partiti. Sulle stesse percentuali viaggia anche il Partito pirata svedese (fondato nel 2006 da Rickard Falkvinge) che alle europee del 2009 raggiunse il 7,1 per cento.
Qualcosa di analogo potrebbe accadere anche in Italia? Nel nostro paese esiste un partito pirata ufficialmente registrato all'Internazionale pirata ma attualmente conta neppure duecento iscritti. Tuttavia, secondo un recente sondaggio curato da Spincon e ripreso nella home page del sito ufficiale dei pirati italiani, la neoformazione raggiungerebbe una percentuale dell'1,6 per cento nelle intenzioni di voto, di poco al di sopra della percentuale attribuita ai Verdi. Nulla di eclatante, certo. Ma in ogni caso il dato conferma che alle prossime elezioni il comportamento nelle urne degli italiani non sarà niente affatto scontato. I legami di appartenenza degli elettori ai partiti (fino a ieri) dominanti nel nostro sistema politico si stanno allentando. La percentuale degli indecisi è consistente – dicono i sondaggisti – e il numero di coloro che prendono in considerazione l'idea di non votare più lo stesso partito e di rivolgersi verso le “novità” che offre il mercato politico è probabilmente più alta che in passato. Tra queste novità potrebbe esserci, perché no, un partito pirata, sul modello di quelli esistenti in Svezia e in Germania.
L'esordio elettorale dei pirati nel nostro paese sarebbe significativo anche per un altro motivo, perché romperebbe il monopolio di cui finora sui temi digitali ha goduto il Movimento 5 Stelle di Grillo. La parentela tra pirati e grillini è stretta, ma su un punto le differenze sono marcate. A grillo i pirati italiani e, prima di loro, quelli tedeschi, contestano un deficit di democrazia interna. Lo statuto del M5S riconosce Beppe Grillo come unico proprietario e detentore del marchio del movimento, attribuendogli di fatto un ruolo di giudice in ultima istanza per ogni controversia che dovesse sorgere tra gli iscritti per via di quello statuto proprietario che rende Grillo padrone assoluto del marchio del movimento e arbitro in ultima istanza in ogni caso in cui è in ballo la possibilità di espulsione di un membro (critica dei pirati tedeschi al M5S).
Per i pirati la centralità della Rete non riguarda solo i temi digitali stricto sensu. Ci sono i contenuti del programma, certo: la privacy del cittadino quando naviga in internet, la tutela dal potere di sorveglianza dei provider, la modifica del copyright e del diritto d'autore, la libertà di riprodurre e far circolare le opere digitali in ambiti non finalizzati al lucro, il diritto di accesso al sapere indipendentemente dalle proprie condizioni economiche, per esempio attraverso l'istituzione di pubbliche mediateche (il programma dei pirati italiani). Ma il punto fondamentale – quello che probabilmente marca la differenza tra pirati e M5S) è la considerazione della Rete non solo come contenuto del quale la politica deve occuparsi, ma anche come forma della politica stessa, come rivoluzione nei rapporti tra elettori ed eletti e nei modi di prendere le decisioni nella cosa pubblica.
Il web 2.0 ha innescato una rivoluzione oltre che sul piano tecnologico anche nella sfera delle relazioni. La diffusione di blog, forum, social network, di facebook e di twitter, ha reso possibile l'interazione orizzontale tra gli utenti. Se poi a questo si aggiunge la possibilità di condividere i contenuti digitali – dall'open source al peer to peer e al file sharing – si comprende quale trasformazione sia avvenuta in questi anni nella vita associativa. Se, da un lato, c'è chi dà una lettura negativa e parla di ritorno digitale del tribalismo, di nascita in rete di tante comunità chiuse al proprio interno e accomunate da interessi omogenei, di villaggi virtuali abitati da piccoli gruppi, dall'altro, l'impatto sulla sfera delle relazioni ha ispirato ai pirati la possibilità di usare la Rete come uno strumento di partecipazione democratica. «Non abbiamo una segreteria - spiega Shining, nickname di un tesserato del Partito dei pirati italiani - non abbiamo un direttivo, non abbiamo un comitato centrale. Non esiste nemmeno un portavoce: tutti sono autorizzati a parlare a nome del movimento, portando avanti i temi e gli argomenti condivisi dagli iscritti. Il nostro è un partito orizzontale costituito su un'assemblea permanente on-line, dove chiunque può avanzare proposte, integrarle, proporne la modifica o la bocciatura». Ogni membro del partito può accedere con un account al sito web liquidfeedback.com, un software di e-democracy che simula in grado di elaborare con un complesso algoritmo quale idea o quale candidato risulta più gradito alla maggioranza più larga possibile di coloro che hanno preso parte alla discussione o all'emendamento della proposta in questione. «Non passa l'idea più votata – spiega ancora Shining – ma si esprime un ordine di gradimento tra le varie idee avanzate, dalla quella preferita a quella cui si è decisamente contrari. In questo modo il risultato finale consente di adottare effettivamente la proposta più gradita alla maggioranza più ampia dei votanti» (intervista su http://www.notapolitica.it/2012/6/28/pautasso_cultura-28-06.aspx). All'atto dell'iscrizione al partito viene fornita una chiave d'accesso individuale per garantire che dietro ogni account ci sia una persona e impedire alterazioni del gioco.

 

 

 

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