di Carmine Fotia

Claudio Fava può vincere in Sicilia? È la prima domanda cui deve rispondere chi ha sostiene la candidatura dell'esponente di Sel alla presidenza della Regione, anche perché in Sicilia si deve rispondere al coro che bolla come "populista" chiunque si differenzi dal conformismo emergenziale. Salvo poi scoprire che sono proprio i drop-outs a interpretare sentimenti dell'opinione pubblica che le oligarchie di partito non riescono ad avvertire.
La prima ragione per cui Fava può vincere è che può ben rappresentare, come ha già fatto Orlando a Palermo, la voglia di rottura con il sistema di potere che opprime la Sicilia e contro il quale (lo ha ricordato Antonio Ingroia nel suo ultimo libro) ciclicamente la Sicilia si ribella, spezzando vecchie complicità che l'attraversano, se intravede una speranza radicale ma concreta.

Il vecchio sistema di potere siciliano, fondato sull'uso spregiudicato della spesa pubblica, è esploso in mille pezzi, dopo essersi, in alcune sue parti, mischiato con il potere criminale. Lascia sul campo una terra desolata dove, mentre le oligarchie politico-burocratiche si arricchivano la maggioranza della popolazione si impoveriva paurosamente. Con la crisi è saltato il nesso per cui il sistema politico-mafioso-clientelare generava un suo sistema di convenienze di massa. Dunque, una politica virtuosa, che tagli inefficienze e ruberie, non è solo una necessità "moralistica": è la condizione per recuperare risorse pubbliche e metterle al servizio di una crescita equa, in grado di fare fronte al malessere sociale cui non può dare risposta una politica fatta solo di tagli. Di questa "sobrietà equa", Fava può certo essere interprete: la sua storia personale lo mette al di fuori dalle lobby che hanno fin qui massacrato la Sicilia e la coalizione che lo sostiene è estranea ai giochi di potere degli ultimi venti anni.
E qui viene la seconda ragione per cui Fava può vincere. Ovvero il fatto che in ognuna delle coalizioni che lo avversano è forte il segno della continuità con il ventennio passato: da Miccichè, che è stato l'uomo di Berlusconi in Sicilia e ora si allea con Lombardo, travolto dalle inchieste sui rapporti con la mafia, a Musumeci, portabandiera Pdl, a Crocetta, che rappresenta il Pd che ha appoggiato Lombardo e ora si allea con l'Udc.
Da questo punto di vista Fava rappresenta l'unica vera discontinuità e può raccogliere il consenso di tutti quei cittadini che vogliono voltare pagina, al di là della loro appartenenza politica, perché non è un uomo di partito in senso stretto. In questo senso può anche intercettare un voto "grillino". Tuttavia, Fava viene dalla sinistra e può rappresentare anche il riscatto per i tantissimi elettori del Pd siciliano che assistono al suicidio di un partito che ha avuto la genialità di legarsi a un sistema di potere corrotto nel momento di declino.
Infine, ma qui siamo nel campo delle conseguenze, la vittoria di Fava alla guida di una coalizione di non-allineati, aperta ai cittadini, può essere una scossa salutare per tutta la politica nazionale, perché dimostrerebbe, sconfiggendo l'alleanza Pd-Udc, che non è ineluttabile un destino neocentrista e che si può rifondare un nuovo centrosinistra animato da una radicale ispirazione riformatrice.

 

il manifesto 5 settembre 2012

 

 

 

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