di C. Ma.

«Siamo pronti a tutto pur di assicurare ai Paesi Bassi un governo di sinistra e stiamo lavorando per convincere gli elettori a fare una scelta netta di rottura con il passato». Così Harry Van Bommel, numero due del Partito socialista olandese, riassume la strategia dell'Sp a poche ore del voto. Van Bommel si occupa di esteri ed Europa e per l'Sp ha guidato nel 2005 la campagna referendaria contro il trattato costituzionale europeo.
Il Partito socialista ha guidato i sondaggi per diverse settimane, ma negli ultimi giorni ha perso un terzo dei consensi. Perché?


Siamo stati alti nei sondaggi a campagna elettorale non ancora iniziata. Ora vediamo che un numero consistente di elettori si sta spostando verso il Partito laburista (PvdA, ndr) per ragioni strategiche. Tuttavia oltre il 40% degli elettori è ancora indeciso: contiamo su questo bacino.

L'esito più probabile delle elezioni sembra essere in questo momento una coalizione Viola (PvdA, D66, VVD). Come reagirete a questa prospettiva?
Per ora stiamo cercando di spiegare agli elettori che votando Sp sarebbero sicuri di votare per una coalizione di centro-sinistra. Sappiamo che la maggior parte degli elettori laburisti non apprezza l'idea di una coalizione Viola e questo ci fa ben sperare.

Se doveste vincere le elezioni o avere sufficiente influenza sul nuovo governo, che cambierebbe nelle relazioni tra Germania e Paesi Bassi rispetto alle politiche di austerity?
Non abbiamo niente contro la Germania, ma pensiamo che gli olandesi debbano mettere in primo piano i propri interessi nazionali. Il pacchetto di misure concordato con l'Europa non andrebbe avanti, questo è fuori discussione. Non alzeremmo l'Iva, né la quota di rischio personale nelle assicurazioni sanitarie, non ridurremo gli stipendi del settore pubblico. Si tratta di semplici misure che consentirebbero all'economia di continuare a girare. Alzare l'Iva dal 19 al 21%, porterebbe quattro miliardi di euro nelle casse dello Stato, ma comporterebbe anche una riduzione dei consumi nel Paese. Invece ora abbiamo bisogno di stimolare il consumo.

Il leader dei laburisti Samsom ha avvertito che non siederebbe in un governo che non avesse il suo nome sulla porta. Voi accettereste di stare in un governo guidato da Samsom, anche se doveste ottenere più voti?
Si, staremmo in un governo che abbia Samsom come primo ministro. Stiamo lavorando perché, non importa chi tra Sp e PvdA prenderà più voti, si possa formare un governo che abbia il suo asse centrale in questi due partiti.

Qual è il punto del vostro programma al quale non rinuncereste per nessuna ragione?
L'Sp e i laburisti sono d'accordo su un aspetto fondamentale, e cioè che le disparità di reddito nel Paese non devono aumentare. Questo è il nostro punto in comune. In ogni caso, non parteciperemmo a nessun governo che accettasse di far aumentare le differenze di reddito invece di farle diminuire.

L'Sp si considera più una forza radicale o riformista? Aderireste ad un fronte comune delle sinistre europee contro l'austerity?
Ci consideriamo una forza politica radicale per gli standard olandesi. Ci siamo guardati intorno, naturalmente, in Europa, ma abbiamo visto che è molto difficile trovare partiti che abbiano punti di vista simili ai nostri. Lo dico con rammarico, perché decisamente ci piacerebbe avere più forze politiche gemelle negli altri Paesi, ma sfortunatamente riusciamo a vederle solo nei Paesi del Nord Europa. Quando si va verso Sud è davvero difficile per noi trovare partiti che abbiano un programma comparabile al nostro.

Cosa vi divide dalle sinistre mediterranee?
Il fatto è che noi abbiamo adottato un approccio genuinamente socialdemocratico, e in questo senso ci differenziamo dalla maggior parte dei partiti di sinistra del Sud Europa che sono più radicali. Ad esempio vediamo il tradizionale modello olandese del "polder" come uno strumento prezioso per la nostra democrazia.

Lei è stato tra i promotori della campagna referendaria per il No al trattato costituzionale europeo, nel 2005. E' cambiato qualcosa nel vostro atteggiamento verso l'Europa?
Abbiamo sempre avuto un approccio critico nei confronti dell'Europa, il nostro euroscetticismo non è semplicemente legato alla crisi e alle soluzioni che sono state scelte. Piuttosto abbiamo obiezioni di principio riguardo alla direzione nella quale l'Europa si è sviluppata, e al modo in cui questo sviluppo è stato indirizzato dalle elite europee. Fin dagli anni '90 abbiamo detto che l'unione monetaria non era una buona idea. Avremmo dovuto costruire prima un'unione politica, passo dopo passo, e poi un'unione monetaria. Ci siamo sempre opposti al percorso scelto e abbiamo anche chiesto, all'epoca, di organizzare un referendum sull'unione monetaria, che però non è andato avanti. Abbiamo anche criticato il processo simultaneo di allargamento perché sapevamo che avrebbe portato solo a un gap democratico che è adesso ampiamente riconosciuto. In ogni caso è stato un processo troppo veloce, e lo vediamo ora in quei Paesi dell'Est Europa il cui percorso di adesione è stato congelato per gravi violazioni della libertà di stampa e dei diritti delle minoranze.

La vostra è un'Europa dei popoli?
No, vediamo l'Europa principalmente come una forma di cooperazione economica, e non crediamo che ci sia consenso a favore di un'unione politica. Non crediamo che il popolo olandese né quelli di altri Paesi vogliano rinunciare alla propria sovranità. Siamo contrari ad un'unione politica e non pensiamo che ci possa essere una qualunque forma di politica comune su esteri e difesa, perché i Paesi europei hanno posizioni troppo distanti tra loro in merito. Crediamo anzi che ci sia il pericolo concreto che le istituzioni europee stiano sfruttando la crisi per accelerare il processo dell'unione politica, il che alla fine ci porterebbe ad avere un super-Stato europeo a cui ci opponiamo nettamente.

 

il manifesto 12 settembre 2012

 

 

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