di Franco Astengo

La validità della formulazione di un forte auspicio circa la possibilità di una presentazione unitaria di tutte le forze della sinistra d’alternativa risiede in molte ragioni: prima fra tutte quella riguardante la necessità di recuperare una presenza nelle istituzioni repubblicane, la cui assenza, come abbiamo avuto occasione di osservare amaramente nel corso di questa legislatura, appare davvero del tutto esiziale sul piano della prospettiva politica e della possibilità di affrontamento di tutte le grandi questioni che- soprattutto ma non solo – la crisi ha portato violentemente con sé sul piano del lavoro, dello stato sociale, della stessa convivenza democratica.


E’ però emerso, nel corso del dipanarsi delle vicenda italiana di questi ultimi tempi, un motivo che non esito a definire “centrale” e che riguarda la stessa legalità democratica.
Un motivo legato alla creazione del “governo tecnico” che con grande alacrità, da quasi un anno, sta lavorando su posizioni elaborate esclusivamente sul piano ideologico in una funzione di vera e propria “lotta di classe” nei confronti dei lavoratori, dei pensionati, dei ceti più deboli, dei giovani disoccupati e precari: questo per bocca dello stesso Presidente del Consiglio “dovevamo aggravare la crisi per risanare”. La domanda sorge spontanea: “aggravare la crisi per chi?”.
Nel frattempo è stata manomessa la Costituzione nel punto fondamentale dell’articolo 81, introducendo la strozzatura dell’obbligatorietà del pareggio di bilancio.
L’elenco potrebbe proseguire ma sarebbe troppo lungo.
Tocco quindi il punto centrale del tema che intendevo sviluppare in questa occasione: il governo Monti è nato, certamente nei confini della Costituzione dal punto di vista della forma, ma al di fuori di essa nella sostanza della legalità democratica.
Una nascita favorita da una posizione del PD che deve essere ricordata anche nel corso di una possibile campagna elettorale sostenuta con forza da una compagine unitaria della sinistra d’alternativa.
Il PD, rifiutando la logica prospettiva elettorale nel momento della caduta del governo di destra e accettando la logica di una presunta e mai verificata emergenzialità che si è poi visto era causata da motivi ben diversi da quelli addotti in quella fase, con la scusa del “non voler governare sulle macerie” (mi è già capitato di scrivere che, se al 25 Aprile, i partiti del CLN si fossero comportati allo stesso modo l’Italia sarebbe stata consegnata al Comando Alleato), ha aperto la  strada ad una duplice sciagura: quella relativa allo “strappo istituzionale” che ha portato alla formazione di un governo irresponsabile di fronte agli elettori creando un precedente molto pericoloso; quella di aver aperto la strada all’adozione di provvedimenti rivolti alla distruzione dei diritti dei lavoratori, dello stato sociale, dell’affermazione – come ho già ricordato – di logiche antipopolari.
Questa responsabilità ricade su tutto il Partito Democratico (“rottamatori" o meno) ed è particolarmente pesante anche perché nel 2008 questo Partito si presentò con l’idea della “vocazione maggioritaria” e adesso accetterà una legge elettorale congegnata in modo da far sì che, alla fine, si troverà la strada per una conferma di questo governo nato al confine della stessa legalità repubblicana.
Per questi motivi alle forze della sinistra d’alternativa (svanita, appare chiaro, l’illusione delle primarie come momento “salvifico”) tocca pensare, da subito, a una possibilità di presenza elettorale vista soprattutto in funzione di un recupero di “legalità democratica” violata gravemente in una fase particolarmente difficile della nostra vita repubblicana.

 

 

 

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