di Manuela Granaiola

Chi ha interesse a dividerci tra persone accettabili e persone inaccettabili?
Gli inaccettabili in questa società sono molti, quindi quelle che definiamo minoranze messe tutte insieme dal punto di vista di ciò che le unisce, ovvero la limitazione o l’assenza di diritti, in realtà sono una maggioranza: tutti coloro che fanno parte di un’altra razza, di un’altra etnia. E non si tratta di andare molto lontano basti pensare agli slogan della Lega Nord contro le popolazioni del Mezzogiorno.
Poi ci sono le donne, quando non chinano la testa di fronte al potere o alle pretese maschili;


gli omosessuali quando non si nascondono e anzi pretendono di avere dei diritti, i malati, soprattutto i disabili che chiedono un’organizzazione sociale e umana che li sostenga nel loro desiderio di fare tutto ciò che fanno i cosiddetti normali, i portatori di disturbi mentali che stanno aumentando in maniera vertiginosa e che segnalano in modo inequivocabile l’inefficacia di questo modello di società nell’integrare “i diversi”.

Le differenze di razza e le differenze di sesso sono storicamente i due capisaldi della repressione delle diversità o meglio della differenza. In una società nella quale dall’organizzazione economica dipende quella sociale costruita sulle esigenze del profitto, l’unico individuo accettabile in definitiva è stato per secoli il maschio bianco, occidentale,  eterosessuale meglio se di classe agiata.

Fino a non molto tempo fa tutti coloro che uscivano da questo schema, ovvero la stragrande maggioranza erano, poco o tanto, degli esclusi.

C’è stato un tempo nel quale il movimento operaio, quello giovanile e quello femminile hanno creato un nuovo spazio mentale, libero dalle briglie del patriarcato e dall’economicismo imperante, ma quel tempo è durato poco.

Vorrei ricordare che sono stati quelli i giorni in cui Franco Basaglia ha portato avanti la sua rivoluzione nel campo della psichiatria, una rivoluzione non violenta, fatta di idee e concetti  mai uditi prima. Una rivoluzione che negli anni più recenti è stata attaccata in tutti i modi, e ancora continua ad esserlo anche nelle aule parlamentari.

Ciò che colpisce è che negli ultimi decenni, esaurita  la spinta dei movimenti,  abbiamo assistito alla cancellazione progressiva dei valori di apertura culturale e morale di cui questi movimenti erano portatori.

Gli anni Ottanta e i decenni seguenti, in Italia, sono stati anni distruttivi dal punto di vista della decrescita morale del nostro Paese. Si parla tanto della decrescita economica, ma ben più grave è stato per il nostro Paese l’affermarsi di un individualismo sfrenato che, accompagnato dal populismo nella sfera della politica, ha prodotto i risultati che purtroppo abbiamo sotto gli occhi: l’espandersi del razzismo come reazione alla mancata integrazione degli immigrati, l’irrompere di usi e costumi avversi a qualsiasi forma di disabilità in quanto inaccettabile imperfezione fisica o intellettuale, la recrudescenza dell’odio verso la differenza sessuale, fino all’insorgere di una vera e propria guerra che ha come obiettivo la cancellazione della libertà femminile, attraverso quello che è giustamente stato denominato femminicidio.

Ho fatto cenno a Basaglia perché il tentativo di cancellare i diritti dei malati mentali è sintomatico di quanto sta accadendo nella nostra società, il mondo “capace di ospitarci tutti”  è ancora molto lontano e la crisi dei sistemi economici non aiuta, anche i tagli alla spesa sociale, il crollo dell’occupazione, in particolare di quella giovanile, fanno sì che le fila dei diversi aumentino di giorno in giorno.

Si pensi anche agli anziani, alle fragilità sociali più acute, un mondo ingiusto dal punto di vista della protezione sociale è un mondo senza diritti, è un mondo nel quale con la crisi si giustifica la perdita di opportunità e di tutele.

In questo contesto di diffusa sofferenza sociale c’è chi ritiene che battersi per i diritti sia un lusso, che prima si debbano tutelare i  ”normali”, gli integrati e poi si vedrà, ma la politica dei due tempi è da considerare inaccettabile in questo caso.

Forse dobbiamo riflettere anche sul fallimento del termine uguaglianza, perché non ci può essere richiesta di uguaglianza laddove vige la differenza che è appunto la grande ricchezza dell’umanità.

Quindi un sistema sociale giusto non è quello che ci rende tutti eguali, ma è quello che ci tutela e ci sostiene nella nostra differenza dall’altro.

Infine vorrei ricordare che esiste una maggioranza brutalmente discriminata una maggioranza non umana che sono gli animali. Se desideriamo davvero porre un  limite alla violenza dobbiamo includere anche loro nella nostra battaglia per i diritti.

E dunque è questo il punto rafforzare i movimenti che si battono per l’estensione del campo dei diritti, trovare le occasioni e i momenti per unificarli, ritornare alle grandi battaglie civili che hanno cambiato questo Paese prima con il divorzio, poi con la legge 194 per l’interruzione della gravidanza, dando spazio ai diritti delle coppie di fatto, comprese quelle omosessuali, creando una cultura diffusa contro la violenza alle donne, impedendo con una forte battaglia che si torni ai manicomi, lavorando per l’integrazione degli immigrati  e così via.

Il nostro Paese non è cresciuto quando il PIL andava meglio e lo spread non sapevamo neppure cosa fosse. Il nostro Paese è cresciuto con le battaglie per i diritti, quando centinaia di migliaia di italiani scendevano in piazza non per difendere se stessi, ma per affermare un modo diverso di concepire il mondo, l’unico solo mondo che ci accoglie tutti.

 

paneacqua.info

 

 

 

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