di Marco Sferini
Un giorno, mentre mi adombravo sulle parole del pontefice sull’omosessualità, un compagno mi ha detto: “Ma Marcò, ma che stai a di’! Quello è er papa, che pretendi che te dica?”. Subito, lo confesso, ho dato ragione piena a chi mi diceva queste parole. Ho pensato: eh certo, che può mai affermare il capo della Chiesa Cattolica su queste tematiche se non quanto il magistero stesso insegna, detta, afferma, proibisce e inibisce…
Poi, però, ho voluto in me approfondire quel ragionamento e ho pensato che se si fosse ragionato così sempre, allora nemmeno sarebbero esistiti i tentativi di emancipazione del cattolicesimo davanti al rapido evolversi della società in temi di diritti civili.
Non sarebbe stato possibile il Concilio Vaticano II e, prima ancora, tutte le eresie e tutti coloro che sono stati considerati eretici da chi pretendeva di possedere l’unica vera interpretazione della parola divina in terra.
Il punto, quindi, è la messa in discussione di determinati parametri di analisi e di giudizio che la Chiesa ancora pretende di poter affermare sul piano del rapporto tra teologia e sviluppo sociale, tra dottrina, fede e piena espansione della persona umana.
Si ricorre, spesso, ai testi evangelici per dimostrare che Gesù non ha mai detto una sola parola contraria all’amore omosessuale. Non vi è traccia nei Vangeli canonici (sinottici o meno) di affermazioni moraleggianti. Anzi, quando gli uomini assumono atteggiamenti di aperta condanna verso una prostituta secondo la legge di Mosè, Gesù li redarguisce con la famosa frase: “Chi di voi è senza peccato, allora scagli la prima pietra”.
Cosa rende, dunque, più peccatori gli omosessuali degli eterosessuali? Perché l’amore omosessuale è un amore indicibile, dannato e stigmatizzabile, mentre l’amore coniugale tra donna e uomo (notare che io ho scritto tra donna e uomo, ma si trova sempre scritto: “tra uomo e donna…”; viene sempre prima l’uomo in molti testi, libri, articoli…), essendo finalizzato alla procreazione, ed essendo questo l’unico rapporto sessuale concesso agli esseri umani che non vogliano cadere nel peccato della “lussuria”, viene bendetto e consacrato sempre, anche quando i matrimoni sono stati e sono di favore, di interesse?
Perché, si può chiaramente dire, la Chiesa rappresenta ed è un potere politico, economico, oltre che un consesso religioso. E questo è certamente vero. Ed è pur vero che proprio all’interno della vastità del mondo romano, è proprio il Cristianesimo a rafforzare il romano matrimonio e a far impallidire le leggi sulla famiglia promulgate da Augusto.
Ma sarebbe ingiusto attribuire al solo fenomeno religioso cristiano (cattolico o meno che sia) l’omofobia dilagante. Consideriamo che in questa società di egoismi prodotti dal rampantismo, dall’opportunismo e dal potere delle merci, la virilità viene assunta come valore dell’uomo che è pienamente indipendente e quindi un “vero uomo”.
Il maschio omosessuale, proprio perché tale, già per questo non è più considerabile un maschio: magari sarà un uomo, ma maschio mai. Perde la sua natura virile, come se non fosse capace di amare con la stessa intensità con cui ama un uomo, un maschio eterosessuale.
Per una strana ragione, per un’etica sovrastante tutte le altre, l’uomo che ama un altro uomo è stato nel tempo: un deviato, un invertito, un finocchio, un pederasta, un frocio. Magari gli si può anche attribuire qualche ipotesi di congiunzione con la pedofilia, visto che gli omosessuali non cercano le ragazze, ma i ragazzi.
E allora nasce il mito funesto del gay molestatore di bambini. Mentre ci accorgiamo che, purtroppo, sono in tutta evidenza i blocchi posti all’attività sessuale proprio degli uomini a generare voglie che altrimenti sarebbero naturalmente vissute senza forzatura, senza abbruttimenti, senza violenze, senza coercizioni.
Il romano pontefice ancora una volta parla come un teologo più che come un papa. Ma del resto, Ratzinger è un teologo e quindi mette sul piano della dottrina della fede tutto quello che riguarda la vita umana, ne interpreta ogni aspetto e non si lascia sfuggire nulla che non possa passare tra le maglie strette del giudizio apostolico.
Ratzinger dice che i tentativi di rendere il matrimonio «fra un uomo e una donna giuridicamente equivalente a forme radicalmente diverse di unione» sono «un’offesa contro la verità della persona umana» e «una ferita grave inflitta alla giustizia e alla pace».
Un’offesa alla verità della persona umana. A ciò che l’essere umano è. Quindi, sono una negazione dell’individuo, un ottenebramento della sua vera natura. E parla, infine, di lacerazione della giustizia e della pace.
Sono parole che non avrebbe mai detto Giordano Bruno. Sono parole che non avrebbe mai pronunciato don Lorenzo Milani. Sono parole che non avrebbe mai fatto uscire dalla sua bocca il frate barnabita Ugo Bassi ai tempi della Repubblica Romana.
Sono parole che un interprete umano, consapevole della sua fede fondata su un amore universale, non potrebbe mai pronunciare ad un popolo di credenti.
Un vero uomo di dio, un vero uomo del prossimo, dovrebbe proclamare nell’uguagliaza civile anche quella sociale e viceversa. Omnia sunt communia. Ma sembra che, invece, il potere prevalga sulla parola, per chi come me, laico e agnostico, alla ricerca del mistero della vita, dell’universo, di un Essere Supremo, di quel “senso del sacro” che Pier Paolo Pasolini aveva così bene visto nella natura; e che prevalga sull’istinto di fede di ciascuno e di ciascuna.
E’ permesso agli omosessuali frequentarsi. Ma non sposarsi. Non reclamare un diritto civile affinché l’un l’altro possano proteggersi in ogni frangente della vita.
Riconosciamo, una volta per tutte, che ci sono cittadini e cittadine che non hanno gli stessi diritti civili della maggioranza della popolazione. Forse, riconoscendo questo, capiremo anche che i diritti sociali sono parimenti attaccati e che non esiste una graduatoria per l’emancipazione. Non c’è uguaglianza sociale dove non esiste piena uguaglianza civile. E non può esservi mai libertà assoluta dell’individuo nella sua espressione di persona, laddove non esiste il riconoscimento che nessuno ha diritto di sfruttare un’altra persona, un animale, la natura su questo disgraziato, bellissimo pianeta.
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