di Elisa Finocchiaro

Seduta sul bus, guardo le scie delle luci nel buio, fuori. Il vetro del finestrino riflette anche l’interno, così mi accorgo che la voce che sento, si sta rivolgendo proprio a me. Mimmo, così si fa chiamare Mohammed. Un berretto ed una tuta blu con una scritta sul petto che pubblicizza sanitari. Alcune parole le dice ad alta voce, come per sottolineare di conoscere espressioni che solo un romano doc potrebbe utilizzare. Mi chiede il permesso di appoggiare il suo zaino sullo spazio vuoto che ho affianco. Rispondo “Certo” e lui rimane stupito, e mi chiede “Come sai cosa c’è dentro? Potrei essere un terrorista”. E poi subito “Non preoccuparti, io sono idraulico, io lavoro con italiani”, come per rassicurarmi. Gli accenti sottolineano fortemente “idraulico” e “italiani”. Ride. “Io domani, lavoro, presto. Devo svegliarmi presto.”


Mi è chiaro questo episodio. Mentre la pericolosa e strumentalizzata retorica del conflitto di civiltà continua a mietere vittime, c’è chi getta benzina sul fuoco: «L’Islam è una religione assassina», dice la Santanchè, “e quanto è accaduto per la proiezione del film sulla vita di Maometto ne è la prova”.
Un politico non dovrebbe usare un linguaggio così pericoloso senza curarsi delle conseguenze. Ma in fondo anche lo scherzetto della t-shirt con la caricatura di Maometto è ricaduta sulle tasche dei contribuenti – ben due milioni di euro di scorta per il leghista Roberto Calderoli.
E i casi di “retorica delle crociate” sono stati molteplici. Un anno fa a Pordenone erano apparsi dei poster leghisti raffiguranti la città trasformata in una grande moschea e gli italiani costretti a fuggire, con lo slogan: “prima che sia troppo tardi”. Ma il linguaggio che usano taluni politici si chiama “linguaggio dell’odio”.
Il Comitato per l’Eliminazione della Discriminazione Razziale delle Nazioni Unite (CERD) ha dedicato il 28 agosto 2012 a Ginevra una sessione ai cosiddetti “hate speeches”. Otto associazioni italiane, hanno consegnato un rapporto che ha fatto il punto sulla situazione italiana, un rapporto preoccupante in termini di altissima diffusione di termini discriminanti nel discorso pubblico politico e mediatico. Una delle raccomandazioni del rapporto è quella di adottare un codice di condotta che sanzioni i partiti politici in caso di propaganda razzista e islamofobica.
Il premier turco Erdogan intanto, ha già promesso che presenterà il problema alla prossima Assemblea generale dell’Onu il 25 settembre, ed ha dichiarato: “L’Occidente non riconosce l’islamofobia come crimine contro l’umanità, anzi la incoraggia”.
Il linguaggio dell’odio e l’islamofobia sono dunque dati di fatto. E ad essi c’è chi reagisce con la paura, come Mohamed, e chi invece, reagisce con altro odio.

 

ilfattoquotidiano.it

 

 

 

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