di Francesco Piccioni
Bisogna dare atto a Mario Monti di saper difendere le proprie immagini retoriche anche quando i dati che lui stesso illustra le smentiscono. Del resto, non poteva certo lasciar spegnere quella «luce in fondo al tunnel» che solo lui aveva intravisto, esponendosi ai lazzi generali (memorabile il Marchionne del «speriamo non sia la luce del treno che ci sta arrivando addosso»). Ieri, nella conferenza stampa convocata per spiegare la Nota di aggiornamento al Def (documento di economia e finanza) del 18 aprile scorso, i numeri non erano quelli da grandi annunci ottimistici. Anzi.
Il governo ha infatti rivisto al ribasso le stime sull'andamento del prodotto interno lordo (Pil) nel 2012: la previsione precedente parlava di un -2,4%, ora scesa al -2,6. Ma l'anno non si è ancora concluso e l'ultimo trimestre - che sta per iniziare - si presenta come più negativo dei precedenti. Fin qui nulla di nuovo. L'unica buona notizia viene dalla scoperta di «fieno in cascina per evitare un altro aumento dell'Iva».
Il problema, per la retorica montiana, è invece il 2013. Lo zero tondo di «crescita» stimato nel Def si trasforma in un -0,2%. Poca roba, direte voi. Vero, ma è una piccola caduta che si aggiunge alla precedente. Le statistiche possono essere ingannevoli, per i profani. Ogni anno non si riparte da un immaginario «punto zero», ma esattamente dal livello che ci ha lasciato in eredità quello prima. Detta altrimenti, la recessione proseguirà per tutto il 2013. Ma Monti non accetta di autosmentirsi, così gioca sull'«effetto trascinamento» - un andamento negativo si ripercuote sulle performance del periodo successivo - per sostenere che «l'anno prossimo sarà un anno in ripresa, cioè l'andamento sarà crescente». I suoi numeri dicono di no. Al massimo, si può dire che la prima parte del 2013 proseguirà in discesa per poi leggermente «risalire» nella seconda parte dell'anno; sempre restando, naturalmente, al di sotto del già disperante 2012 che è andato molto peggio del non proprio entusiasmante 2011.
Fa niente... Per lui la cosa importante era soltanto poter concludere «quindi la luce della ripresa si vede». Le stime per il 2014 parlano in effetti di un possibile +1,1%, seguito da un +1,3 nel 2015 grazie all'aumento della domanda interna ed esterna «in virtù degli effetti positivi delle riforme strutturali» da lui realizzate. Le date indicate sono lontane e saranno certamente precedute da altre «revisioni delle stime». soprattutto, non si vede come possa riprendersi la «domanda interna» se proprio lui, soltanto 24 ore prima, aveva consigliato alle imprese impegnate nel rinnovo dei contratti di lavoro di non concedere aumenti salariali. Quanto agli effetti depressivi, e non «sviluppisti» delle riforme strutturali, era stato ancora Monti ad ammetterli, Rivendicandoli.
Molto dipende dal contesto globale (la «domanda esterna»). E anche qui le cose non vanno affatto bene. Ieri è stata registrata per l'undicesimo mese consecutivo una flessione dell'attività manifatturiera in Cina, causata dalla crisi europea e dalla stagnazione Usa. Dove, sempre ieri, il superindice ha avuto una piccola ma imprevista caduta, oltre a richieste di sussidio di disoccupazione superiori alle attese.
E anche dall'Europa - pur «calmata» dalle promesse della Bce - non arrivano buoni segnali. Il premier spagnolo Mariano Rajoy, secondo la stampa locale, meditava una richiesta «berlusconiana» all'Europa: poter utilizzare per il bilancio dello Stato il «resto» dei 100 miliardi messi a disposizione dalla Ue per salvare le banche iberiche (impegnati al 60%). In questo modo, pensava, si sarebbe sottratto a eventuali «condizionalità» supplementari per accedere agli aiuti della troika (Bce, Fmi, Ue). La risposta è stata immediata e tranchant: Jean-Claude Juncker, parlando non a caso alla tv tedesca, ha promesso che le condizioni per dare aiuto a Madrid saranno «molto dure».
Probabile, dunque, che le prossime «revisioni delle stime» siano ancor più al ribasso. Ma, quando avverrà, Monti sarà quasi fuori da palazzo Chigi e nessuno si ricorderà più della «luce» che ancora ieri addolciva le sue ricette.
il manifesto 21 settembre 2012