di Alessandro Robecchi
Riassumiamo. Sono favorevoli a un governo Monti-bis Angela Merkel, Barack Obama, i vescovi italiani, Veltroni, Casini, un po' di Pd, un po' di PdL, la federcaccia di Ostuni, l'associazione di micologia di Trento, il dopolavoro ferrovieri di Orte, Beppe Fioroni, la federcircensi, Raffaele Bonanni e la sua famiglia, il sindacato frontalieri dell'Istria, il patronato degli elettrauto, l'Assococomeri che riunisce i produttori di angurie dell'alto Lazio, e Sergio Marchionne. Si tratta di un pezzo importante di società civile che punta coerentemente a un'applicazione innovativa e rivoluzionaria dell'istituto democratico delle elezioni. Cioè: votare in modo che si verifichi un pareggio, pur dopo sei mesi di risse televisive, e quindi implorare Mario Monti di concedere il bis a un paese stremato.
Già si preparano le convocazioni per interessanti convegni come: «Una speranza per un nuovo centro-destra nella figura di Mario Monti». E anche: «Nuove prospettive del centro-sinistra nella continuità dell'agenda Monti». Constatando che alcuni minuscoli pezzettini di welfare ancora resistono a dispetto di tutto, Confindustria sta pensando a una grande iniziativa nazionale che riunirà i piccoli e medi imprenditori in una grande fiaccolata a favore di un governo Monti-bis. Per risparmiare e dare un segnale di austerità le fiaccole saranno composte dalle bozze di rinnovo dei contratti nazionali di lavoro. La spinta per un Monti-bis viene anche dalle fasce più disagiate della popolazione come banchieri, finanzieri e supermanager di aziende pubbliche che hanno lanciato un manifesto per la continuità dell'azione di governo che deplora «lo stanco rito delle elezioni» e auspica una democrazia diretta espressa dai consigli di amministrazione. Il sindacato primari ospedalieri ha fatto sapere di desiderare ardentemente che non si perda la proficua esperienza del governo Monti, e ha comunicato che in ogni caso si opporrà all'assistenza gratuita d'emergenza per i casi senza speranza, anche se nel comunicato consegnato alle agenzie non si fa il nome di Pier Luigi Bersani.
il manifesto 30 settembre 2012