di Alberto Ziparo

Il governo ha deciso: non chiude il progetto del Ponte sullo Stretto ma lo rinvia. La costosissima agonia del Ponte andrà avanti per almeno altri due anni, che serviranno «a verificare la fattibilità tecnica ed economico-finanziaria del progetto», prima della decisione definitiva. La società del Ponte (la Sdm), che spende circa mezzo milione di euro al mese solo per sopravvivere, potrà così continuare a sprecare risorse pubbliche nell'unica attività che porta avanti ormai da una quarantina d'anni: l'eterna progettazione. 
Ma c'è di peggio: le imprese consorziate per la realizzazione del Ponte, in attesa di un'opera che non si farà mai, potranno realizzare infrastrutture «collaterali, funzionalmente autonome rispetto al manufatto principale ma comprese nel programma». Siamo all'assurdo. 


Siamo all'assurdo: una opera non si realizza ma si possono costruire le attrezzature di contorno. Eppure Monti e Passera sembravano avviati sulla strada giusta, la chiusura definitiva di un telenovela costata già moltissimo agli italiani, in una progettazione infinita che in 40 anni non ha dimostrato neppure la fattibilità del manufatto (a dispetto dei CettoQualunquistici annunci di Berlusconi), evidenziandone invece i gravissimi impatti ambientali e paesaggistici, la sostanziale inutilità trasportistica, i sempre crescenti ed esorbitanti costi di realizzazione(8,6 miliardi di euro il conto sintetico allegato all'ultima versione del progetto).
Nei mesi scorsi l'esecutivo aveva preso atto dell'esclusione del Ponte dai programmi di infrastrutture strategiche comunitarie e aveva definanziato completamente il programma (operazione peraltro già avviata prima da Tremonti e Berlusconi), dichiarando più volte che «il ponte non è una priorità» e che la questione sarebbe stata «definita compiutamente». Nelle ultime settimane si era chiarita anche la questione delle penali, inesistenti in caso di bocciatura del progetto definitivo: per cui una chiusura in questa fase comportava solo i rimborsi spese. Tutto faceva pensare ad una fine della storia. Invece è arrivato un rinvio, che sostanzialmente «sbologna» la decisione al nuovo governo. E soprattutto permette a società e imprese di continuare a sprecare soldi pubblici proprio nel giorno in cui l'esecutivo assume, tra l'altro, l'odiosa decisione di negare i contributi ai malati di Slòa.
Protestano gli ambientalisti (che hanno sempre contestato anche tecnicamente il progetto, smascherandone infattibilità e insostenibilità) insieme a buona parte del centrosinistra e ai Noponte. Si chiede l'intervento di Napolitano, sempre schierato contro gli sprechi, oggi più che mai inaccettabili.
Appena insediati, Passera e il suo vice Ciaccia, che da banchieri avevano fatto da consulenti ad Impregilo, l'impresa capocordata del ponte, avevano rassicurato chi si preoccupava di possibili conflitti d'interesse: «Da rappresentanti del governo adesso cambia tutto! Parleranno i fatti», rispondevano. Appunto.

il manifesto 2 novembre 2012

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