di Claudio Grassi

La raccolta firme in difesa del mondo del lavoro rappresenta una straordinaria occasione non soltanto per difendere il principio che non si può accettare la compressione dei diritti, ma anche per identificare e rilanciare il mondo del lavoro come soggetto vitale della e per la democrazia. Ed in ultima analisi è questo anche il migliore antidoto a quel senso diffuso di scollamento e rifiuto verso la politica che troppo frettolosamente viene  spesso identificato nella generica formulazione dell’antipolitica.

La modifica dell’art.8 ci ha parlato di una stagione di declino, dove fu messo in atto da un berlusconismo alle sue fasi terminali il maldestro tentativo di ultima supplica verso i poteri forti per evitare la sua cacciata. Si è provato a barattare, perché di questo si è trattato, la possibilità di derogare la contrattazione nazionale in cambio di una maggiore clemenza nei tempi del redde rationem all’interno del capitalismo nostrano.

Ma oltre a non essere servito ad evitare l’arrivo di Monti, il fatto gravissimo che tutto ciò ha invece prodotto è stato di aver portato il metodo Marchionne da eccezione a regola, e dunque la possibilità che uno strappo violento alla logica della contrattazione tra le parti sociali a livello aziendale abbia maggiore valore di un accordo nazionale. Un vero e proprio atto di prevaricazione della parte più forte su quella più debole: dobbiamo ristabilire il principio che i diritti devono essere certi per tutte e tutti ed inseriti in un’unica cornice non derogabile da nessuno.

Nell’assalto all’art.18 c’è stato invece una definitiva presa di coscienza da parte di quelli stessi poteri che, incassato il successo dell’operazione Monti, hanno deciso di varcare e ampliare la breccia che si era prodotta. E dunque su questo tema sono intervenute tutte le armi di distrazione di massa conosciute; si passa quindi da “è un atto per l’occupazione perché a maggiore facilità di uscita corrisponde maggiore possibilità d’entrata” (smentito puntualmente ad ogni rilevazione effettuata sul mercato del lavoro), al sempre valido “ce lo chiede l’Europa (ulteriore falsità, considerate le tutele previste nei principali Paesi della Ue)”. La verità è che in assenza della piena funzionalità dell’art.18 si pone in essere l’ennesimo ricatto, quello dell’imporre la scelta inaccettabile tra lavorare o avere diritti, producendo nei fatti una sterzata in senso autoritario in ogni luogo di lavoro.

Di fronte a questo duplice attacco è necessaria una risposta forte da parte delle molte anime della sinistra, assieme ad una nuova stagione di lotta e di protagonismo sindacale. Questi sono i temi naturali, per così dire, dove coagulare sull’obiettivo comune tutte le forze che ad oggi troppo spesso hanno frammentato le rispettive organizzazioni anziché unirle per far fare un passo avanti a tutti. La presentazione di questi quesiti e il lancio della campagna #lottoperildiciotto è il primo grande segnale di questo cambiamento possibile e necessario, dove le uniche stelle di riferimento devono essere quelle del lavoro, dei diritti e della dignità.

Non possiamo permettere che passi la logica del ricatto, né che si antepongano i particolarismi all’obiettivo di difendere il mondo del lavoro, né che sia permesso ai padroni di continuare nella classica manovra del dividere per meglio imperare: all’atomizzazione sociale che ci vorrebbe tutti in lotta orizzontale tra simili, noi dobbiamo rispondere con una firma unica verso l’alto, per rompere l’assedio e dare voce e rappresentanza a chi oggi in fabbrica non può scioperare per paura di perdere il posto di lavoro, al giovane che non ha speranza di trovare un suo futuro, al pensionato che vede sfuggire le conquiste di tante rivendicazioni, alle donne che in molti luoghi sono ancora vittime di discriminazione sia di genere sia salariale.

 

claudiograssi.org

 

 

 

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