di Stefano Galieni

Antonio Marotta, segretario regionale del Prc è fra i candidati di punta delle elezioni siciliane che si svolgeranno domenica. Il clima dell’isola è in queste ultime fasi, concitato e incandescente. Tu cosa ne pensi?

«È Un clima difficile. Le persone sentono lontana la politica e questa lontananza è dovuta a motivi reali e concreti. Gli scandali, l’immagine negativa di una istituzione basata solo sulla conservazione del potere, la percezione di una vera e propria casta basata sul clientelismo e sulle nomine, sulla gestione della spesa pubblica e sul peso della criminalità mafiosa. Su 27 membri dell’Assemblea regionale siciliana ce ne sono 27 fra arrestati e inquisiti, quindi si tratta di una istituzione che ha mostrato il peggio di se.

Il precedente presidente, Cuffaro è condannato, per Lombardo – che si è dimesso – c’è un procedimento in corso. Certamente attendiamo il giudizio della magistratura ma questo porta ad un distacco ancora maggiore dalla politica. A noi spetta il compito di dare una speranza, Di segnare una rottura e una discontinuità radicale col passato dominato dalla borghesia democristiana. E insieme alla rottura definire un programma credibile e realistico, capace di costruire consenso e partecipazione per far riavvicinare i cittadini alla “buona politica”. Si può fare stimolando la partecipazione alle lotte sociali, combattendo i tagli alla scuola, sostenendo i precari dei servizi sociali, difendendo Termini Imerese che è stata annientata dai progetti di Marchionne».

Questo si scontra molto con la linea del Pd siciliano

 «Si tratta di un Pd che ha fatto scelte che lo hanno collegato ad un centro moderato. Il Pd ha abbandonato le lotte operaie e contadine e operato scelte programmatiche che lo collocano lì. Io riconosco le capacità di Crocetta come sindaco, ma quelle potenzialità verranno risucchiate in un ottica in cui la presenza incombente dell’UDC e le avances di Lombardo finiranno col prevalere. Lo ha già detto l’ex assessore alla sanità Russo che chi vince proseguirà un progetto. Il Pd ha salvato Lombardo e continua a farlo quando le sue dimissioni dovevano arrivare già da anni ma hanno prevalso vecchi metodi di gestione della cosa pubblica. Io credo che la linea siciliana sia coerente con quella nazionale dove il Pd avalla tranquillamente l’attacco ai diritti, a partire dall’art 18 e a quello allo studio, la riforma delle pensioni, fino a garantire le posizioni di privilegio della grande industria, soprattutto la Fiat di Marchionne. Fra il partito che sostiene Lombardo e quello che sostiene Monti non ci sono nei fatti differenze sostanziali».

E a sinistra?

«Il solo fatto che si sia arrivati ad una coalizione è di per se una vittoria. Da noi sono insieme forze che non collaborano a livello nazionale come opposizione alle destre. Il mio auspicio è che la Sicilia dopo essere stata per tanti anni laboratorio politico per le peggiori nefandezze diventi invece esperimento di avanzamento della politica. Purtroppo le scelte di Vendola, di subalternità al Pd, configgono con questa ipotesi ma bisogna far valere il fatto che ad esempio da noi, oltre che i partiti, sono presenti e si sono aggregate forze come i movimenti “No ponte” quelli per l’acqua, quelli contro il Muos e l’Altragricoltura, per non parlare di tanti collettivi di precari. Un segnale importante che andrebbe recepito».

Anche la presenza di Giovanna Marano come candidata alla presidenza è un segnale importante.

«Il ruolo che ha assunto completa il quadro di una sinistra partecipata e guidata da una esponente stimata. Permette la definizione di un quadro credibile che dovrebbe far riflettere anche le forze nazionali. Io sono ottimista, dopo l’incidente occorso a Claudio Fava, in parte dovuto ad inefficienza del suo staff di Sel e in parte ad una legislazione regionale fondata su un autonomismo vetusto e arcaico. Certo all’inizio abbiamo sentito un rallentamento ma rapidamente abbiamo cominciato a considerare il valore aggiunto che porta una donna che proviene dal mondo del lavoro. A mio avviso riesce ad essere molto incisiva parlando di questioni pratiche, è in grado di garantire un continuum basato sui bisogni della gente, caratteristica che spesso a noi uomini manca e poi è una dirigente della Fiom, estremamente interna alle vertenze siciliane nella lotta alla mafia e nella difesa del lavoro. Giovanna Marano sa di cosa parla quando ragiona di diverso modello di sviluppo fondato sulle energie alternative, quando propone la ripubblicizzazione dei servizi, dell’acqua, della raccolta differenziata, una gestione diversa dei trasporti. La sua  è una linea in perfetta sintonia con il programma del Prc, ragiona sulla necessità di creare posti di lavoro di qualità, di garantire servizi pubblici e un sistema di utilità sociale. Si pone il tema del reddito minimo garantito, una proposta che in Sicilia è obbligatoria, in un contesto in cui prevale il lavoro nero, il precariato, la disoccupazione. Ha capito che da noi è in atto un vero e proprio scontro di classe, anche in ambiti antichi come l’agricoltura».

In questa lista unitaria è rilevante la presenza del Prc

«Certamente, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo. Si tratta di compagne e compagni che sono conosciuti per come si spendono nelle proprie attività. Qui a Palermo abbiamo candidato Matusa Battaglia che svolge lavoro sociale nel quartiere Zen e Giusi Ustica, una psicoterapeuta, inoltre Angelo Campagna. A Catania abbiamo il segretario provinciale, Pierpaolo Montalto e Luca Gangemi, ex segretario regionale e con esperienza istituzionale provata, a Enna, Nella Benintende molto attiva nel mondo della scuola, ad Agrigento Stefano Sghembi che ha lasciato il Pd e che vive nella nostra base rossa di Favara. A Messina il candidato dell’FdS è Santagati,che proviene dalla Cgil, ma c’è anche Sturniolo, che entra in quota Prc per il movimento No Ponte. A Trapani, Carmelina Atria, è la sola nostra candidata, e Siracusa si espone la compagna Piccione. Sono in strada e sicuramente ho involontariamente omesso altri compagni e compagne, ma in realtà in Sicilia si sta costruendo un partito forte e capace di riaggregare, con molti giovani e che ci fa ben sperare anche per il futuro».

La destra invece è frastagliata e distrutta o ha scelto di non farsi carico del disavanzo pubblico, di oltre 6 miliardi.?

«E’ vero che non ci sono risorse da poter gestire e sistemare. Un peso enorme per la nuova giunta che non potrà spartirsi la torta. Ma anche qui si sente la fine della spinta propulsiva berlusconiana. Se uomini come Granata e Zamparini, che appoggiavano la coalizione che sostiene Micciché hanno cambiato posizione, qualcosa significa. Il primo sembra orientarsi verso Crocetta, il secondo verso l’altro candidato di destra, Musumeci. Insomma ci sono rotture e nuove alleanze sintomo di un contesto di crisi. Si tratta della cartina di tornasole di una situazione critica per il centro destra molto più complessiva».

Ora è molto sponsorizzato il “fenomeno Grillo” che riempie le piazze. Sovrastimato?

«Noi siamo un laboratorio anche per capire il quadro nazionale in maniera più completa e non solo per sondaggi. Anche nella scorsa tornata elettorale amministrativa Grillo è venuto, e ha preso meno voti di noi, non eleggendo neanche un consigliere. Oggi gode di maggiore visibilità. C’è un atteggiamento di supporter e fiancheggiatori anche nei grandi sistemi mediatici che non comprendo. Di fatto le piazze in cui passa sono strapiene. A differenza che in passato, oggi molti affermano che lo voteranno, ma il suo è un movimento trasversale il cui serbatoio è soprattutto nel centro destra. Non trascura nei suoi comizi battute accattivanti sulla mafia e che parlano soprattutto alla pancia del paese ma non esprime alcuna idea concreta. Non c’è nei suoi discorsi un progetto, non parla di privatizzazioni, dei problemi contingenti. In un suo comizio il candidato ha affermato di giocare sui programmi altrui e sulla denuncia delle tante schifezze. Raccoglierà una parte del voto di protesta ma non credo nelle affermazioni dei sondaggi. Come diceva Nenni, è facile che a piazze piene corrispondano urne vuote

Noi potremmo rappresentare la differenza?

«Stiamo battendo ogni paesino per questo, per far capire che esiste una politica di alternativa e una possibilità di cambiamento delle vite individuali e della collettività. Ce la combattiamo fino alla fine».

 

 

 

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