di Annalisa Cuzzocrea e Matteo Pucciarelli
Luigi De Magistris ne è convinto: il candidato premier della lista arancione alle elezioni del 2013 sarà Antonio Ingroia. È vero, l’ex sostituto procuratore di Palermo è ora in Guatemala per un prestigioso impegno Onu. Ha lasciato l’Italia anche perchè «stanco di essere un bersaglio». E però, sabato primo dicembre sarà qui, al teatro Vittoria di Roma, per tenere a battesimo l’assemblea di Cambiare si può!, il manifesto lanciato all’inizio del mese dai professori Luciano Gallino e Marco Revelli, da don Marcello Cozzi di Libera, dalla scrittrice Chiara Sasso e da un vasto pezzo di società civile che va da Paul Ginsborg a Moni Ovadia passando per l’operaio Fiat licenziato a Pomigliano Antonio Di Luca.
Un’operazione, quella di un manifesto che all’inizio del mese aveva 70 firme e che ora ne ha 3.600, fortemente sostenuta proprio da Luigi de Magistris. Il sindaco arancione sarà protagonista insieme a Ingroia dell’assemblea di Roma, e dodici giorni dopo lancerà nome, simbolo e prime candidature della lista. Ci lavora da tempo. Ci lavorano i suoi a Napoli. La convergenza con Giuliano Pisapia, però, è fallita negli ultimi giorni. Il sindaco di Milano spingeva affinché l’operazione avvenisse all’interno di un’alleanza con il Pd. E non è un caso, che ieri abbia formalizzato il suo endorsement per Nichi Vendola alle primarie. De Magistris ci ha pensato un po’. Il legame con Pisapia, così come quello con Michele Emiliano e Marco Doria, era importante per richiamare quell’“onda arancione” che è stata vincente alle amministrative, con risultati andati ben al di là delle aspettative. I professori che mesi fa avevano già lanciato il movimento Alba (alleanza per il lavoro, l’ambiente e i beni comuni), però, spingono per restare fuori. E si fanno forti della vicinanza a un nome che può fare la differenza in termini di voti, quello appunto di Antonio Ingroia, già corteggiato da Antonio Di Pietro e da Beppe Grillo (cui ha cortesemente detto no).
Tra i numi tutelari di Cambiare si può! c'è infatti un altro magistrato ed ex membro del Csm, Livio Pepino, che con Ingroia ha storicamente un solido rapporto non solo di lavoro, ma anche di amicizia. Sarebbe stata quella la chiave della svolta. Verso una strategia che vede gli arancioni correre da soli alle elezioni e puntare a superare lo sbarramento (se resta il porcellum, alla Camera è al 4 per cento) per fare poi da ago della bilancia nel dopo partita. Sono contrari a qualsiasi continuità con il governo Monti, ritengono che firmando la carta d’intenti del Pd Vendola abbia di fatto sconfessato questa linea, sperano che i numeri li premino talmente tanto da convincere Bersani a cercare loro, piuttosto che Casini, Riccardi o Montezemolo.
Soprattutto, non vogliono liste piene di ex. Il che li allontana dall’altro movimento nascente, quello del fuoriuscito dall’Idv Massimo Donadi, che con il suo Diritti e libertà si pone molto, ma molto più al centro. Resta da capire se nell’elettorato ci sia ancora spazio per un’altra lista di “sinistra sinistra”, vista l’esistenza in vita di Comunisti italiani e Rifondazione comunista (con i quali un’alleanza è possibile). Il mantra resta il coinvolgimento di società civile e movimenti, ma ovviamente non basta, serve un nome. Per questo, il comunicato che annuncia l’assemblea chiude sibillino: «Definiremo le nostre strategie future e accoglieremo un ospite gradito e sul cui sostegno facciamo grande affidamento: Antonio Ingroia».
La Repubblica 24/11/2012