di Barbara Ciolli
L'Onu ha chiesto un'unità investigativa speciale per far luce sulle denunce di vittime civili dei droni americani. E il governo pachistano ha dichiarato che l'80% di morti nei raid degli aerei senza pilota sono civili innocenti. Denunce gravi, che rischiano di andare a vuoto.
IL PIANO DISPOSITION MATRIX. Nei prossimi anni, la guerra contro il terrorismo del Nobel per la pace Barack Obama - e non solo la sua, se il presidente non sarà riconfermato alla Casa Bianca - sarà sempre più coperta e scrupolosamente programmata.
Non più crociate costose e fallimentari contro il terrore, come quelle in Iraq e in Afghanistan, in cui continuano a morire soldati. Ma un programma sofisticato di uccisioni cosiddette mirate, messe a segno da aerei tele-guidati. Il tutto in un'ottica, come direbbero alcuni manager, di ottimizzazione dei costi.
Così, alle istruzioni della Cia per le torture in campi di detenzione come Guatanamo Bay (mai chiusa), si sono aggiunti i libretti d'intelligence di Disposition Matrix, con le liste di bersagli umani da colpire: biografie, location e una vasta gamma di operazioni possibili.
GUERRA, LA NUOVA VIA DI OBAMA. La sinistra liberal e pacifista di una certa upper class americana rimprovera a Obama di aver personalmente congegnato un sistema sempre più capillare e “intelligente” per stroncare il network di al Qaeda. Spostando, più in generale, tutte le guerre americane dalla superficie a un livello nascosto.
Il piano è però bipartisan. Avviato nel 2010 e concepito per andare avanti almeno un decennio, il progetto Matrix ha ricevuto il placet dello sfidante repubblicano Mitt Romney.
Per i droni Usa 11,5 mld di dollari in 10 anni
In soldoni, si tratta di 1,4 miliardi di dollari per l'ampliamento e la costruzione di nuove strutture super-protette, solo nella base di Lemonnier in Gibuti: l'ex colonia francese sullo stretto strategico del Corno d'Africa, dove, negli due ultimi anni, gli Usa hanno più investito in droni per intensificare la loro guerra perpetua al terrore.
Complessivamente, secondo le stime degli analisti, nel prossimo decennio la spesa annua per i sistemi senza pilota si gonfierà da 6,5 a 11,5 miliardi di dollari. A Lemonnier, dove partono le operazioni per la Somalia e lo Yemen e si accede facilmente all'Oceano indiano e al Mar Rosso, il traffico di mezzi militari è passato da 768, tra decolli e atterraggi mensili, del 2010, ai 1.666 del luglio 2012.
GIBUTI, LA CENTRALE DEI DRONI. Come ha documentato, in una lunga inchiesta, il Washington Post, il 30% delle operazioni aeree della base in Gibuti viene svolto su droni, già aumentati di otto unità, fino a una media di 16 velivoli senza pilota, in decollo e atterraggio ogni giorno.
Ma non solo. Quotidianamente, sulle piste di Lemonnier (condivise con l'adiacente base francese e con i voli dell'aeroporto internazionale del Paese) scorrono anche quattro aerei da combattimento F15, per portare a termine, insieme ai droni, missioni strettamente coperte da segreto.
DA 300 A 1.100 GUIDATORI. Per potenziare le vie di rullaggio e costruire nuovi siti di stoccaggio e carico-scarico di bombe e missili, il dipartimento della Difesa ha appaltato lavori per 62 milioni di dollari. E sempre a Lemonnier, la base simbolo dell'impulso dato da Obama alla guerra telecomandata, il personale che coordina e guida i velivoli senza pilota è programmato passare da 300 a 1.100 unità, chiuse in un nuovo, enorme compound.
L'impulso alla base Usa in Gibuti. E i piani per Sigonella
Tutti i piloti dei grandi velivoli d'acciaio sono membri del Joint special operation command (Jsoc), il commando centrale chiamato a coordinare le unità speciali d'élite impegnate in operazioni antiterrorismo, inclusi i Navy Seals che, il 2 maggio 2011, catturarono e uccisero in Pakistan Osama bin Laden.
In Gibuti, le menti dei droni lavorano in incognito e in regime di massima sicurezza, all'interno di una struttura circondata da antenne paraboliche e chilometri di filo spinato. Gli operai al lavoro nei cantieri e i circa 3.200 soldati americani non coinvolti direttamente nelle missioni non hanno la minima idea di quali siano i target delle campagne aeree, costantemente aggiornati e monitorati nell'enorme data base in progress di Matrix, elaborato dal National Counterterrorism Center (Ncc), da tutte le agenzie di intelligence Usa e dagli uomini dell'Jsoc.
LE BASI DEI DRONI IN AFRICA. Come nel campo di Lemonnier, altre basi segrete americane stanno nascendo in Africa: almeno sei, secondo il quotidiano statunitense, in aggiunta alle già esistenti in Qatar, Afghanistan e Pakistan, per combattere gli affiliati di al Qaeda in Mali, Libia e nelle altre zone d'ombra del continente.
Con l'ostracismo di Islamabad, che ha iniziato a prendere le distanze dalle operazioni coperte degli Usa nei villaggi del Waziristan denunciando 2.300 morti per droni, l'Africa centro-orientale è diventata il suolo privilegiato dal quale far partire gli attacchi, senza dare troppo nell'occhio.
Ma anche l'Europa non scherza. Sdoganati dalla guerra in Libia, sotto l'ombrello della Nato, anche dalla base italiana di Sigonella hanno iniziato a levarsi i droni che continuano a pattugliare dall'alto l'ex Paese di Gheddafi.
NATO, SDOGANATA SIGONELLA. Ttra Global Hawk, Reaper e Predator, i droni in Sicilia saranno potranno arrivare a 20. Cinque, entro il 2017, andranno a coprire il programma antiterrorismo di smart defense Ags dell'Alleanza atlantica, avviato nel maggio 2012.
In totale, entro il 2021, il Pentagono conta di portare gli aerei senza pilota da 340 a 650 unità: soldati della guerra evoluta, quasi da Grande fratello, ma egualmente cinica del nuovo millennio. La Nato si adegua.
lettera43.it