di Giuseppe Grosso
Laia Ortiz, deputata del gruppo La izquierda Plural a Madrid, ha 33 anni, è laureata in scienze politiche ed è portavoce del partito Iniciativa per Catalunya Verds (Icv).
Qual è la vostra posizione sull'indipendenza?
Icv ha sempre creduto alla possibilità di ritagliare per la Catalogna uno spazio adeguato all'interno dello stato spagnolo. Tuttavia noi difendiamo il diritto all'autodeterminazione, probabilmente l'unica soluzione efficace al malessere sociale che deriva dall'ostilità del Pp e dall'indifferenza del Psoe alla questione identitaria.
Detto questo, va precisato che la priorità di Icv è combattere le politiche neoliberiste e l'austerità, che in questo momento sono il vero problema della Catalogna, della Spagna e di tutta l'Europa: non può esserci autodeterminazione se non ci liberiamo prima del giogo dell'austerità, che in Catalogna sta facendo chiudere una media di 20 aziende al giorno. Raggiunto questo obiettivo, il popolo catalano sarà veramente libero di decidere autonomamente la sua relazione con lo stato spagnolo.
Barroso ha dichiarato che se i catalani decidessero per l'indipendenza, non avrebbero diritto di cittadinanza nella Ue.
Se la Catalogna raggiungesse un legittimo e democratico accordo sull'indipendenza, la Ue dovrebbe dare una risposta altrettanto democratica, senza barricarsi dietro un no a priori. L'Europa di oggi è dominata dagli interessi dei singoli stati-nazione a discapito dell'interesse generale della comunità. Il nostro partito è sempre stato europeista, ma il progetto di Europa che abbiamo in mente è distinto dall'attuale realtà continentale: noi auspichiamo un'Europa federale che sia uno spazio politico di solidarietà tra popoli, non semplicemente un grande mercato.
Come vi collocate nei confronti del Cup, il partito con il quale l'Icv ha molti punti di contatto sul piano politico e sociale?
Purtroppo nonostante le molte convergenze politiche, bisogna prendere atto di un'importante divergenza. Loro sono per una secessione senza negoziazioni e per l'uscita dall'Europa; noi, invece, non crediamo a un indipendentismo magico come soluzione a tutti i problemi della Catalogna.
Nell'ultima parte della campagna elettorale avete ricevuto varie critiche dal Partido Socialista e dal suo leader Pere Navarro.
È la reazione alla nostra crescita, che corrisponde alla loro emorragia di consensi. Il Psc paga le conseguenze di un crescente scollamento con la società catalana. Noi abbiamo puntato sulla lotta ai tagli e siamo cresciuti; loro sulla questione identitaria e ora sono in difficoltà. La gente ha bisogno di risposte politiche alla crisi.
Però sembra che ai catalani prema più la questione identitaria che quella dei tagli. Il giorno della Diada sono scese in piazza più di un milione di persone, mentre lo scorso 14N, molte meno...
Non credo. Bisogna stare attenti a non cadere nella trappola delle destre, che fomentano l'immagine - falsa - di una Catalogna ripiegata solo sulla questione dell'indipendenza. Lo dimostra il fatto che in Catalogna sempre più persone si uniscono alla protesta quotidiana contro lo smantellamento dello stato sociale.
Che scenario si aprirà se vincerà ancora CiU?
Uno scenario in cui la disparità sociale andrà inesorabilmente aumentando e in cui le sinistre occuperanno uno spazio fondamentale per fare un'opposizione dura e creare un'alternativa politica credibile in collaborazione con tutti i movimenti sociali.
il manifesto 24.11.2012