di Federico Simonelli

«Ora mi sembra che il timore principale sia che possa tornare Berlusconi, quando ci furono le elezioni da noi le preoccupazioni erano diverse, ma delle similitudini le vedo». Mentre giovedì a Bruxelles Mario Monti viene incensato dagli ambienti economici e politici europei e l’Eurogruppo sblocca i 34 miliardi che servono alla Grecia per non colare a picco, Gabriel Sakellaridis, coordinatore economico di Syriza, parla al telefono dal suo ufficio di Atene. Il giovane economista ricorda quando, nei giorni immediatamente precedenti alle elezioni greche, un po’ da ovunque in giro per l’Europa arrivava l’i nvito a votare per Néa Dimokratìa.

«Allora il timore era che vincessimo noi, Syriza, la sinistra che avrebbe trascinato la Grecia fuori dall’Euro. Ora la situazione con l’I t alia è diversa. Ma anche in questo caso c’è un forte impegno degli ambienti finanziari ed economici “mainstream ” perché in carica rimanga qualcuno che attui politiche molto coerenti con i loro interessi. Un po’ come fu con Papademos in Grecia». Il partito di sinistra radicale guidato da Alexis Tsipras a giugno fu la grande sorpresa delle elezioni, si piazzò secondo portando a casa il 28% dei consensi. Ora l’ultimo sondaggio lo dà al 30,5%, primo con uno scarto di 4 punti e mezzo sui conservatori di Samaràs che guidano il Paese.

Sakellaridis, cinque anni di recessione e austerità, crisi sociale ed economica, debito pubblico alle stelle. E ora, senza i soldi sbloccati dall’Eurogruppo, Atene rischiava di non riuscire a pagare gli stipendi. Cos ’è andato storto in tutta questa storia?
Non è facile rispondere, perchè a non funzionare è stato un complesso di cose. Ma bastano alcuni dati per capire che le politiche imposte alla Grecia dalla troika Fmi- Ue-Bce sono state fallimentari. Nel 2009 il nostro debito era al 127%. Quando hanno cominciato ad essere somministrate le ricette della troika è schizzato verso l’alto. La previsione per la fine di quest’anno è di un 180%. Il fatto è che si è alimentata una spirale. I tagli hanno provocato recessione, la recessione nuovo rigore, e se la recessione aumenta il rapporto debito Pil cresce e via dicendo. Senza crescita, una crescita che noi vorremmo sostenibile, non si va da nessuna parte.

Quali sono le proposte di Syriza in questo senso?
Le nostre proposte non sono cambiate dal 2010, quando eravamo ancora un piccolo partito. La Grecia deve crescere. E perché questo avvenga, è necessario un taglio immediato del debito e una moratoria sugli interessi che dobbiamo pagare ai creditori internazionali. Attualmente qualcosa come il 6% del nostro Pil se ne va ogni anno in interessi. Ecco se noi questi soldi li potessimo risparmiare, li potremmo usare per la crescita e per i servizi pubblici che sono alla canna del gas. Un’altra cosa che proponiamo è quella di legare l’andamento degli interessi alla crescita economica. Tutte cose già fatte, per esempio, con la ristrutturazione del debito tedesco nel ’53.

Il problema è chiaramente europeo, ma la Grecia continua a essere in qualche modo un laboratorio di politiche anticrisi.
Sì, solo che in questo laboratorio le cose stanno scoppiando. Quello di cui abbiamo bisogno è una politica pro-crescita a livello europeo. E non sto parlando solo dei Paesi periferici e in crisi, ma dei cosiddetti core countries . E poi la Bce dovrebbe cominciare a discostarsi dalla suo approccio originale di pura politica anti-inflazionistica.

Pensa che ci sia la possibilità di un cambiamento di approccio a livello comunitario?
Non lo so, ma lo spero. Se questo tipo di proposte ancora due o tre anni fa potevano sembrare disancorate dalla realtà, quasi utopistiche, adesso sono diventate materia di dibattito anche negli ambienti finanziari più conservatori.

Torniamo al prestito da 34 miliardi. Il primo ministro Samaràs ha detto che una volta arrivati questi soldi per la Grecia «sarà un nuovo giorno»…
Sarà un nuovo giorno sì, ma peggiore, se possibile. Chiaro è che questi soldi andranno a coprire necessità immediate importanti, ma per il resto se ne andranno in interessi. I prestiti in questa spirale generano solo altri prestiti, per cui tempo un anno o poco più saremo di nuovo punto a capo. Ben poco servirà a migliorare la situazione sociale e lavorativa del Paese.

Ce la descriva.
Non voglio drammatizzare, ma il quadro è davvero brutto. Abbiamo una disoccupazione che alla fine dell’anno toccherà il 29%, i salari sono stati decimati, un terzo della popolazione è sotto il livello di povertà, c’è una evidente crisi umanitaria. Basti pensare che ora è inverno e molti cittadini fanno il freddo perché si possono permettere il combustibile per i riscaldamenti. Ma il problema, dicevamo, è europeo. Quello che vorremmo è la creazione di una rete di solidarietà tra i Paesi in crisi, in grado di disegnare un nuovo tipo di approccio alla politica economica, alla crescita. In questo senso osserviamo la situazione italiana con attenzione, siamo in dialogo da tempo con i partiti della sinistra italiana e con le forze sociali.

Lei crede che la possibilità che la Grecia esca dall’Euro ci siano ancora?
Se succederà è perché non sarà cambiato l’approccio europeo alla crisi. Ma in ogni caso credo che l’effetto sarebbe talmente devastante da determinare la fine del progetto europeo. Per questo penso che alla fine la Grecia nell’Euro ci resterà. Anche se al governo dovesse andarci Syriza.

 

Pubblico 15.12.2012

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