di Stefano Galieni
La riunione del direttivo nazionale della Cgil di ieri è stata piuttosto travagliata. Il documento presentato dalla segreteria e portato alla discussione è stato sommerso da una valanga di emendamenti e da critiche tanto che il testo finale, nonostante alcune modifiche ha ottenuto 90 voti favorevoli, 35 contrari e 6 astenuti. Gianni Rinaldini, responsabile nazionale dell'area "La Cgil che vogliamo" commenta quanto accaduto.
«Il direttivo di ieri si è concluso con un pronunciamento che ha assunto, ad un certo punto della discussione, il tono di un voto di fiducia sulla segreteria. A fronte di diversi emendamenti presentati, peraltro non da parte nostra, la segreteria, dopo una sospensione, si è presentata dicendo che si potevano scrivere cose ma coerenti col documento già approvato rispetto alla riforma dell'articolo 18 mettendola sul terreno di un voto sulla segreteria. Si tratta di un metodo che considero assolutamente inaccettabile. Un meccanismo ormai usuale secondo cui il voto non è più sul merito, ma sulla crisi della Cgil. Ovviamente mi riferisco a quel comunicato della segreteria che esprimeva un giudizio positivo sulla riforma dell'articolo 18 concordata da Monti con i segretari di partito. Su questo noi abbiamo ribadito la nostra contrarietà per una cosa molto banale, non è vero che quella formulazione preveda il reintegro di fronte di licenziamenti per ragioni economiche. È un falso lo prevede solo se è discriminatorio ma camuffato da economico, il "licenziamento economico" in quanto tale non prevede più la reintegra, questo conseguentemente ci porta a mantenere le 16 ore di sciopero compreso lo sciopero generale. L'altro aspetto da rimarcare è che anche di fronte ad una forzatura sulla votazione, il 30% dei presenti si è espresso contro il documento e altri si sono astenuti. Questo consegna alla Cgil un dato politico anche perché il testo non ha ottenuto l'approvazione dei segretari di categoria dei metalmeccanici, della scuola e della funzione pubblica».
E rispetto allo sciopero generale?
«Si dà mandato alla segreteria di programmarlo in base all'andamento delle votazioni in parlamento, quindi dopo il passaggio al Senato. Io penso fra fine maggio e inizio giugno. Ma nello stesso tempo si preannuncia una piattaforma unitaria con Cisl e Uil su fisco e lavoro con conseguente sciopero. Io ho dichiarato che non è molto comprensibile un percorso unitario che sbocca in due scioperi diversi, è una situazione non chiara».
Nel frattempo ci sarà la mobilitazione contro la precarietà per il 10 maggio
«Non si possono separare i precari dall'articolo 18, non coinvolgendoli nella partita si separa invece di unire. Intanto gli scioperi sono già partiti. Noi continuiamo, prendiamo per buone le decisioni prese nel precedente direttivo e non consideriamo chiusa la partita per l'articolo 18 che deve vivere in tutte le questioni, nelle mobilitazioni sulla precarietà come sugli ammortizzatori sociali. La controriforma del governo è impregnata della modifica all'articolo che ne attraversa il senso. Dobbiamo unire il problema delle tutele con la loro estensione agli altri soggetti».
Cosa pensi che accadrà nel prossimo futuro?
«Si è aperto un problema di negoziato nella gestione del confronto. Da una parte gli scioperi vanno avanti e le manifestazioni spesso sono aperte con striscioni con su scritto "L'articolo 18 non si tocca" dall'altra c'è un documento che va da tutt'altra parte. Una situazione schizofrenica con i lavoratori, ci si rimettono dei soldi scioperando, soprattutto in questa condizione di crisi. Si tratta di problemi delicati e si è scelto di tentare di chiudere questi disagi con una sorta di voto di fiducia. Un voto che a questo punto dichiara la crisi della Cgil e insisto che metterla in questo modo è un fatto di assoluta gravità nella vita democratica dell'organizzazione. Nel frattempo anche le singole categorie si stanno muovendo per proprio conto per promuovere iniziative».
Nonostante la controriforma era stata annunciata come lo strumento per salvare il Paese, oggi lo spread supera i 400
«Mah si torna daccapo. Anche da un punto di vista negoziale di un confronto sulla situazione, il sindacato non sta discutendo un accordo ma della mediazione fra i partiti e il governo. Credo sia stato un grave errore quello di abbassare i toni. La Confindustria ha messo in tasca il risultato e poi ha rilanciato. Confindustria chiede modifiche peggiorative per i lavoratori. Il sindacato non ha agito lasciando spazio a Confindustria con i relativi appoggi politici e creando le condizioni per cui sarà la Confindustria che porterà a casa qualche cosa con peggioramenti rispetto al ddl. C'è un evidente problema di gestione della partita nella maggioranza sindacale. Questo per dire che rispetto allo spread non è che si può far finta di scoprire col documento di programmazione economica che i soldi per il fisco non ci sono. I calcoli fatti precedentemente ipotizzavano una riduzione del pil di 0,4 ma si sapeva che si andava verso un calo oscillante fra l'1,5 e il 2%. Ora ci spiegano che rifacendo i conti non ci sono le risorse per intervenire sul fisco le misure che si vanno effettuando creano una recessione più pesante, si va verso la chiusura di stabilimenti con decine di migliaia di licenziamenti. Avviene l'opposto di quello che dice Monti. Ci avviciniamo alla Spagna e alla Grecia. L'ipotesi che si possa uscire dalla crisi con la recessione in Europa è una follia».
Nel frattempo entra in costituzione l'obbligo del pareggio di bilancio
«Beh in questa maniera diventa complicato per il Pd auspicarsi che Hollande vinca in Francia per riaprire la partita in Europa e poi votare compatto come ha fatto in parlamento per misure che vanno nel segno opposto. Hanno accettato di modificare la costituzione e appoggiano chi è critico a simili proposte, una situazione quantomeno ridicola. Intanto cresce fra la gente un clima pericoloso, si fa aumentare la sfiducia verso i partiti e verso il parlamento mentre emergono ogni giorno casi gravi di corruzione. Il tutto si incrocia col disagio sociale crescente e questo è estremamente pericoloso».