Intervista a Maurizio Landini
di Loris Campetti
Il prossimo sabato a Roma il gruppo dirigente Fiom e una platea di delegati metalmeccanici chiederanno ai segretari dei partiti di sinistra e centrosinistra di spiegare quali idee e programmi hanno in mente per costruire un'alternativa alle politiche classiste e liberiste del governo Monti. Questo appuntamento, a cui si sono detti disponibili Bersani, Di Pietro, Vendola e Ferrero, ha creato un certo parapiglia. Ne parliamo con il segretario generale Maurizio Landini.
Allora Landini, la Fiom si fa partito?
La Fiom fa quel che ha sempre fatto: fa sindacato, e poiché sta vicino alla sua gente si rende conto del peggioramento delle condizioni di lavoro e di vita, a cui sta dando un forte contributo il governo Monti con i suoi provvedimenti contro i pensionati presenti e futuri, contro i precari e i giovani, con lo smantellamento dei diritti e delle tutele, con l'attacco agli ammortizzatori sociali nel pieno di una crisi pesantissima. La nostra gente ci testimonia il solco sempre più profondo con una politica distante dai lavoratori che non si sentono rappresentati politicamente da nessuno. È normale che chi si occupa di rappresentanza sindacale si interroghi sulla crisi di quella politica.
Cosa chiedete ai partiti di sinistra?
Il loro programma, sapere da che parte stanno, se vogliono davvero cambiare questo paese, se pensano che sia l'ora di costruire un'altra Europa, ché quella fondata solo sulla moneta, sul libero mercato e sulla finanza ci ha precipitati in questa crisi. Vogliamo un'Europa fondata sul lavoro e sui diritti e non sulla loro riduzione. Chiediamo una rappresentanza politica che non sia a senso unico, basata sul solo diritto d'impresa. Serve un programma alternativo alle politiche del governo Monti e vogliamo sapere se questa è anche la convinzione di chi si candida all'alternativa.
Lo chiedi a chi, come il Pd, sostiene questo governo, persino nella cancellazione dell'articolo 18?
Per questo chiediamo un confronto. Ci sono leggi sbagliate da cancellare, quelle sul lavoro targate Berlusconi-Sacconi e quelle targate Monti-Fornero. Poi ci sono leggi mai fatte come quella sulla rappresentanza sindacale. Oggi viviamo una situazione del tutto estranea alla democrazia: devo ricordare ai lettori del manifesto le rotture di Marchionne, l'esclusione della Fiom dalle fabbriche Fiat, l'attacco al contratto nazionale? Sono due anni che denunciamo queste cose e dalle forze del centrosinistra non abbiamo ottenuto risposte convincenti. Dicevano che Pomigliano era un caso unico e invece, come sosteva la Fiom, era un grimaldello per ributtarci agli anni Cinquanta, se non peggio. Insomma, esiste o no il problema della rappresentanza politica del mondo del lavoro?
Avete invitato anche Beppe Grillo?
Il movimento 5 stelle ha modalità politiche diverse, ma noi al confronto siamo interessati. Non mi convincono gli attacchi contro la presunta antipolitica, preferisco capire le domande che sottendono la massiccia astensione e il voto a forze che fanno politica in forme diverse. È in atto un attacco alla democrazia nel lavoro e nella società, la risposta non può che cercarsi nell'allargamento della democrazia e della partecipazione.
Ma intanto il Senato ha cancellato l'articolo 18...
Per noi la partita non è chiusa, abbiamo indetto due giornate di mobilitazione per il 13 e 14 giugno, la prima con iniziative in tutte le provincie e la seconda con un appuntamento dei metalmeccanici a Roma, davanti al Parlamento. Non escludiamo nulla per bloccare questa riforma che colpisce giovani, precari per i quali chiediamo un reddito di cittadinanza, lavoratori di cui intendiamo difendere ed estendere diritti e tutele.
Dieci anni fa la Cgil portava in piazza tre milioni di persone in difesa dell'articolo 18. Oggi non si va oltre i presidi.
Calma, noi seguitiamo a pensare che serva, subito, lo sciopero generale. Non siamo noi a dirlo, è il direttivo nazionale della Cgil che l'ha deciso. Non ci sono ragioni per non mettere in campo quella decisione. Non basta: percorreremo tutte le strade per impedire che la crisi venga usata per cancellare diritti e tutele, anche attraverso una raccolta di firme. I referendum si possono fare e anche vincere, come la storia recente insegna.
Che altro chiederete ai segretari dei partiti di sinistra?
Se intendono inserire nei programmi con cui chiederanno il voto la centralità del lavoro, la sua qualità, i diritti connessi. Se ritengono necessaria una diversa politica industriale ed economica orientata a un modello di sviluppo socialmente e ambientalmente compatibile. Persino questo devastante terremoto in Emilia che ha fatto scempio di operai dovrebbe insegnare qualcosa: lo stato deve investire in sicurezza e svolgere un ruolo attivo per impedire la fuga di imprese e multinazionali dalla zone terremotate e dall'Italia. Se non arriveranno segnali positivi, temo che gli appelli al voto, anche se a farli sarà la sinistra, non convinceranno i lavoratori che la Fiom si onora di rappresentare.
il manifesto 2 giugno 2012