di Tonino Bucci

Il piano di aiuti alle banche spagnole non ferma la crisi dell'euro. Gli attacchi dei famigerati “capitali" ai debiti pubblici dei paesi dell'Ue continuano. Alle spalle della Spagna chi trema di più è proprio l'Italia. Quella di ieri, probabilmente, è stata la giornata più lunga del governo Monti.

Di nuovo lo spread rispetto ai Bund tedeschi è schizzato in alto, toccando quota 490.
Qualcuno torma a parlare di elezioni anticipate. In serata il premier si è visto costretto a convocare i segretari dei partiti che sostengono il suo governo per fare il punto su crisi economica e speculazione finanziaria. «Nel corso dell'incontro, che è durato un'ora, i tre leader hanno confermato il pieno sostegno al Governo e l'impegno a portare sollecitamente a compimento le riforme all'esame del Parlamento e i provvedimenti in corso di elaborazione nell'ambito della spending review». Così recita la nota di Palazzo Chigi. Ma anche sotto lo stile ufficiale si capisce la preoccupazione. Monti sa che il governo è traballante e cerca di rafforzare il patto di maggioranza. Il premier vuole un mandato "forte" per presentarsi in Europa e chiedere, come ormai si ripete da tempo, «misure per la crescita». Già oggi è prevista una mozione di sostegno in Parlamento, in contemporanea con l'informativa di Monti a Montecitorio sul vertice informale Ue del 23 maggio e alla vigilia dell'incontro con il neopresidente francese Francois Hollande.
Il nervosismo, però, è a fior di pelle. Monti fa di tutto per ostentare tranquillità. Nega che l'Italia possa essere il prossimo paese, dopo la Spagna, ad aver bisogno degli aiuti europei e, anzi, non nasconde la propria irritazione per chi azzarda pronostici del genere. «Considero del tutto inappropriato - ha detto il premier italiano riferendosi al ministro delle finanze austriaco, Maria Fekter - che un ministro delle finanze di un paese membro dell'Ue commenti in questo modo la situazione di un altro paese membro». Ma c'è poco da nascondere, la crisi dell'eurozona è sotto gli occhi di tutti. Lo dice il direttore generale del Fondo monetario internazionale, Christine Lagarde: «ci sono meno di tre mesi per salvare l'euro». A Milano, ieri, piazza Affari ha perso l'uno per cento. I titoli bancari vanno giù- Unicredit, Intesa e Banca popolare in testa. La stessa Bce è costretta ad ammettere che le banche sono una fonte di rischio. Dello spread in risalita s'è già detto. Una bella grana per il governo Monti che sull'emergenza degli attacchi speculativi ha costruito una vera e propria “narrazione". Fin dalla propria nascita, l'esecutivo dei tecnici si è presentato agli italiani come l'unica soluzione possibile all'emergenza dello spread. Oggi si scopre invece che malgrado tutte le “riforme" di cui il governo Monti ha menato vanto, l'attacco speculativo non si è fermato affatto. Tra le scelte politiche compiute e l'andamento dello spread dei nostri titoli non c'è relazione. Quest'ultimo dipende da due fattori che al momento “sovradeterminano" la politica (o, se si preferisce, è la politica che si lascia sovradeterminare). Il primo fattore sono gli interessi tangibili dei cosiddetti mercati, degli investitori privati (banche, assicurazioni, fondi pensione) che investono o disinvestono su titoli azionari e titoli di stato. Il secondo è lo statuto della Bce, un organismo privato che però condiziona i destini delle popolazioni. Come noto, la Bce per statuto non può acquistare titoli di stato dei paesi membri in difficoltà. E' una scelta politica, solo politica, che costringe gli stati a finanziarsi sui mercati ed esporsi, di conseguenza, agli attacchi della speculazione.
La crisi delle banche spagnole è l'ennesima conferma dell'instabilità del sistema. La Spagna ha chiesto aiuti per i propri istituti di credito in difficoltà per lo scoppio della bolla immobiliare. Il prestito si aggira intorno ai cento miliardi. Al momento non è ancora chiaro invece quali saranno in cambio le condizioni poste dall'Europa al sistema bancario spagnolo. Anche per quanto riguarda i tassi d'interesse dei prestiti, la trattativa è in corso. E, infine, resta ancora da accertarsi se il denaro per le banche spagnole arriverà dal già esistente fondo Efsf (European Financial Stability Facility) o dal nuovo Esm (European Stability Mechanism), che entrerebbe in vigore da luglio. Non è una questione di lana caprina, come ha spiegato l'economista Joseph Halevi. Se arrivasse dall'Efsf, il prestito non avrebbe precedenza di rimborso e, quindi, gli Stati che contribuiscono non avrebbero garanzie nel caso la Spagna avesse difficoltà a restituire gli aiuti. Se si trattasse invece di un prestito del nascente Esm, quest'ultimo avrebbe la precedenza nei rimborsi rispetto a qualunque altro creditore privato.
A parte questo, rimangono però altri interrogativi sull'efficacia dell'operazione. Tanto per cominciare, cosa assicura che, iniettando dosi generose di denaro pubblico nelle banche, queste rimettano in moto il sistema creditizio e quindi le imprese e quindi l'economia reale? Chi garantisce che le banche spagnole, una volta ottenuto il prestito, ricambino il favore? I fatti, finora, hanno dimostrato il contrario.Di fronte alla crisi economica le banche stringono i cordoni della borsa e riducono al minimo la concessione di crediti a imprese e consumatori. Preferiscono investire nella speculazione. Così il cerchio del paradosso si chiude. La Bce trasferisce il denaro pubblico dei contribuenti europei nelle casse delle banche, le quali a loro volta utilizzano il denaro ricevuto per speculare sui titoli di stato. Col risultato di spingere i governi sempre più sulla via indicata dalla Bce: tagli al welfare, quindi recessione,  quindi disoccupazione, quindi più tasse per realizzare un pareggio di bilancio che si allontana sempre più (di patrimoniale, però, neanche la parola). Insomma, i contribuenti (che poi sarebbero in maggioranza lavoratori dipendenti) pagano due volte.
E se non bastasse, c'è un altro effetto perverso dei prestiti agli istituti bancari spagnoli. I soldi non vengono versati direttamente nelle casse delle banche, ma in quelle dello Stato spagnolo che, a sua volta, li girerà agli istituti bancari in difficoltà.  Piccolo dettaglio, quei cento miliardi di euro figureranno tra le voci del debito spagnolo, contribuendo a far aumentare il rapporto debito-pil del paese. E non è difficile prevedere che il peso di questo debito accresciuto graverà sulla popolazione spagnola.

 

 

 

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