di Vittorio Agnoletto

Sbaglia profondamente Di Pietro quando difende la decisione con la quale contribuì ad impedire la commissione d'inchiesta sul G8. Il leader dell'Idv motiva tale scelta con la necessità di non interferire con il lavoro dei magistrati.
Nulla di più sbagliato; Di Pietro sa perfettamente che i ruoli dei magistrati e quelli di una commissione d'inchiesta parlamentare sono molto diversi fra loro: i primi devono individuare le responsabilità penali specifiche e individuali e, con i limiti che tutti conosciamo, è quello che è avvenuto ad esempio con la sentenza della Cassazione; la seconda deve innanzitutto individuare le responsabilità di chi ricopre ruoli apicali nelle forze dell'ordine, negli apparati dello Stato e nel governo.

Responsabilità relative alle disposizioni impartite, alla regia complessiva della gestione dell'ordine pubblico, all'azione degli uomini di governo.
La commissione d'inchiesta, allora, sarebbe stata essenziale per poter ad esempio obbligare Fini, Scajola, De Gennaro, Castelli, ma anche Bianco e Amato, a rispondere a domande precise che avrebbero probabilmente anche aiutato gli stessi magistrati a ricostruire con maggiore facilità gli scenari. Certo, alla fine probabilmente la politica si sarebbe, come al solito, assolta con la classica mozione di maggioranza, ma il materiale raccolto avrebbe portato alla luce il ruolo di chi invece è riuscito a sfuggire a qualsiasi indagine penale. È sufficiente un solo esempio: Fini avrebbe dovuto rispondere, in un contraddittorio, cosa ci faceva per ore quel pomeriggio nella sede operativa dei carabinieri.
Ma Di Pietro nella sua intervista al manifesto di ieri rincorre l'impossibile: cerca di mostrarsi equidistante tra gli aguzzini e le vittime. Scelta ovviamente irrealizzabile e inaccettabile. Vorrei chiedere a Di Pietro quali responsabilità attribuisce ai manifestanti, a meno che, con undici anni di ritardo e dopo tutte le sentenze che lo smentiscono, non pensi di riproporre la sovrapposizione tra Black Block e Gsf.
La verità e molto semplice: Di Pietro, come l'insieme dell'attuale parlamento e dei grandi media, continuano a considerare la Diaz e Genova come un episodio isolato causato da qualche mela marcia da ricercarsi tra la truppa.
Ma la realtà è molto diversa: ad essere stato messo sotto accusa e condannato è tutto il vertice della polizia e il suo modo di operare; la sua scelta di boicottare e di contrastare il lavoro della magistratura. L'omertà e la costruzione di prove false a Genova sono state la regola non l'eccezione.
Sotto accusa sono i meccanismi di reclutamento e di formazione della polizia: centinaia di persone in divisa che cantano inni fascisti e che inneggiano al Duce sono incompatibili con la nostra Costituzione.
Fingere di non vedere tutto questo non solo significa non voler comprendere cosa è accaduto nel 2001 a Genova, ma è una scelta che può essere molto pericolosa anche per il futuro prossimo, per i mesi di resistenza democratica e sociale che ci aspettano.

 

 

Vittorio Agnoletto è stato portavoce del Genoa social forum al G8 del 2001 ed è coautore con Lorenzo Guadagnucci de "L'eclisse della democrazia. Le verità nascoste sul G8 2001 a Genova" (Feltrinelli)

 

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