di Fabio Faggi
Nel silenzio mediatico più abietto e vergognoso, in questi giorni, si sta perpetuando un attacco bipartizan ai diritti dei figli minorenni vittime di violenza, sia essa assistita o diretta, ed alle loro madri.
In quest’ottica, Rifondazione Comunista Basilicata interpreta la discussione portata in Senato, dei disegni di legge n. 957 (PDL-UDC), n. 2800 (IDV), n. 2454 (PD e Radicali), n. 3289 (UDC-SVP) sull’affido condiviso e del n. 43 (Sen. Peterlini) sulla doppia residenza, come una vera e propria aberrazione legislativa priva di alcun motivo d’essere.
Questi ddl nascono, in primis, col fine di introdurre, da parte del legislatore, il concetto di PAS, finta sindrome mai ascritta a nessun albo delle malattie psichiche, e INVENTATA da Richard Gardner, personaggio quantomeno ambiguo che, tra l’altro, ebbe a sostenere che la pedofilia è intrinseca in ogni essere umano.
Ovviamente, di parere opposto all’esistenza di questa falsa malattia esistono centinaia di pagine di letteratura scientifica da cui si evince che la PAS ha l’unica ragion d’essere nella giurisprudenza e nella difesa di pedofili, violenti e genitori inadempienti.
Attualmente il solo Brasile la annovera come sindrome esistente e, quindi, con effetti legali.
In altri paesi, come gli Stati Uniti o la Spagna è stata rigettata subito tanto dalla comunità scientifica quanto dagli organi della magistratura competenti; mentre in Canada e in Gran Bretagna dopo una prima applicazione è stata poi respinta per l’evidente infondatezza scientifica e per i gravi danni cui portava. Spiegare nello specifico i meccanismi legali, e solo legali, perché, come già chiarito, essendo inesistente, la pas non ha meccanismi medici, è al contempo semplice e riduttivo.
Trattasi di un paletto legislativo che può essere usato ogni qualvolta non ci sia possibilità di affido condiviso, ponendosi in priorità anche rispetto ai casi di violenza assistita.
Nei paesi dove trova o ha trovato applicazione l’uso a fini legali della PAS, non è raro il caso in cui la madre, volendo difendere sé stessa ed il figlio da un eventuale padre violento, è stata esclusa dall’affidamento proprio grazie al ricorso alla SINDROME DA ALIENAZIONE GENITORIALE.
Praticamente, nel momento in cui venisse negato l’affido condiviso al violento, questi, ricorrendo alla pas, potrebbe vedere riconosciuta un’operazione di plagio da parte del genitore affidatario, e quindi vedersi affidato il minore anche laddove il bimbo stesso avesse assistito alle percosse del violento (verosimilmente padre) nei confronti della vittima (verosimilmente madre).
Tutto questo è possibile partendo da un mancato riferimento specifico ad un’eventuale impossibilità all’affidamento del minore al genitore violento ed all’assunto che la madre sia affetta da isteria e tendenze manipolatorie, insomma, il concetto de “La madre malevola”.
Ovviamente, quest’operazione ha l’intento di “costringere” le parti all’affido condiviso, ma, assai spesso, ottiene solo di inibire le denunce delle violenze domestiche subite per paura di perdere l’affido dei bambini.
A questo va aggiunto alla discussione il reintegro di norme mirate al ripristino della patria potestà, infatti, se pure soggetto alla potestà dei genitori fino alla maggiore età o all’emancipazione, dovessero sussistere condizioni di pericolo o grande pregiudizio per il figlio, il padre ha diritto a prendere provvedimenti urgenti e indifferibili, norma condivisibile se includesse entrambi i genitori, ma così come viene presentata alla discussione in aula non può essere definita meno che discriminatoria.
Siamo sicuri potrebbero bastare già le ragioni fin’ora elencate per provocare indignazione in ognuna ed ognuno di noi, ma, purtroppo, la discussione della vergogna non si ferma qui. Infatti, il legislatore, pretende di entrare negli accordi presi tra le parti per la divisione dei beni.
Si arriva a mettere agli atti che, per esempio, la situazione di chi ha la disponibilità dell’abitazione non debba cambiare nel tempo, pretendendo di fare di un’eventuale moglie separata,una vedova bianca.
Questa, infatti, dovrà rimanere sola e legata al posto in cui risiede al momento della divisione, pena la perdita dell’abitazione, dovendo quindi rinunciare a lavori che non siano entro un determinato chilometraggio e ad una vita sentimentale “normale” pena l’alienazione dal suo bene.
Per questi motivi, Rifondazione Comunista Basilicata si ripromette di fare quanto possibile per opporsi a questa visione unilaterale e patriarcale della società, promuovendo e partecipando ad ogni iniziativa messa in essere per far sì che leggi discriminatorie come queste non vedano mai la luce.