di Vincenzo Comito
«Titoli pubblici fragili, banche fragili, crescita fragile». Così Christine Lagarde, direttore del Fondo monetario internazionale, ha sintetizzato ieri a Tokyo il corto-circuito della crisi, spiegando all'Asia che i guai non sono solo dell'Europa e che le previsioni per l'economia mondiale del Fmi saranno riviste al ribasso la prossima settimana, in un quadro «diventato più preoccupante». Rallentano le economie emergenti, la disoccupazione Usa non scende sotto l'8,2% e in Europa Mario Draghi, presidente della Banca centrale europea, aveva parlato di debolezza dell'eurozona mentre annunciava mercoledì scorso la riduzione dei tassi d'interesse dall'1% al minimo storico dello 0,75%.
L'ottimismo propagandato dal Consiglio europeo del 28-29 giugno si è già dissolto. Le decisioni annunciate sono già tutte arenate. L'Eurogruppo ha rinviato di un mese la decisione sui 100 miliardi di euro per le banche spagnole, ha bloccato il pagamento dei fondi d'emergenza per la Grecia e inizia ora ad affrontare il buco delle banche di Cipro.
Lo scudo antispread progettato per limitare il rialzo dei tassi d'interesse sul debito pubblico non ha cambiato i comportamenti della speculazione: ieri i tassi sui titoli spagnoli a dieci anni sono tornati a un insostenibile 7% e le contromisure sono ancora tutte da preparare. Le Borse crollano perché deluse dal mancato arrivo di altra liquidità straordinaria; alla finanza drogata dalla speculazione non basta neanche che i tassi d'interesse della Bce siano ora vicini allo zero. Il successo del vertice europe, la presunta vittoria di Monti hanno solo rallentato per pochi giorni una crisi che sembra inarrestabile.
Monti ha ottenuto un intervento automatico del fondo salva-stati nel caso di tassi di interesse sui titoli pubblici troppo alti. Ma quanto alti? E a quali condizioni avviene l'intervento? Non si sa ancora nulla, Monti e Merkel non hanno dato interpretazioni convergenti e in ogni caso, per avere questa copertura Italia e Spagna saranno soggette al monitoraggio di Commissione Europea e Bce.
E poi i soldi non bastano. Il totale dei debiti pubblici italiani e spagnoli si aggira intorno ai 2800 miliardi di euro e il fondo salva-stati, per essere credibile, dovrebbe avere una dotazione di almeno 2500 miliardi o avere la possibilità di ottenere grandi prestiti dalla Bce, cosa cui i paesi nordici hanno messo il veto. Per ora il fondo potrebbe intervenire sul mercato dei titoli con 150 miliardi di euro, un'inezia.
Se il vertice di Bruxelles ha avuto dei vincitori, questi sono la Bce, che allarga molto i suoi poteri di vigilanza sul sistema bancario, Angela Merkel, che non ha dovuto sborsare un euro in più di prima e infine la Spagna, che ha portato a casa 100 miliardi di euro alle proprie banche; lo stesso meccanismo potrebbe valere anche per le banche irlandesi. Il fondo salva-stati potrà ricapitalizzare direttamente le banche spagnole; così si evita di caricare il bilancio pubblico spagnolo di un altro 10% di indebitamento sul Pil, ma i tempi sono lunghi, almeno sei mesi. Si prova a rompere il legame perverso tra crisi del debito pubblico e crisi bancaria, ma per ora senza successo, visto il rialzo degli spread di Madrid.
Veniamo alla Bce. Entro fine anno avrà la supervisione delle banche europee. Finora si pensava a un'unione bancaria fatta di vigilanza a livello continentale, un meccanismo europeo di garanzia dei depositi bancari, infine un meccanismo di salvataggio degli istituti in crisi. Di questi tre punti ne è stato approvato soltanto uno, mentre siamo da tempo, in alcuni paesi, sotto la minaccia di una corsa agli sportelli per l'assenza di fiducia verso le banche. Anche qui mancano i dettagli: la Bce controllerà tutte le banche o solo quelle più grandi? Controllerà anche le casse di risparmio tedesche? Quali saranno esattamente i suoi poteri di intervento? Che rapporti ci saranno con l'altro meccanismo approvato da non molto tempo, l'Eba, che giace inerte senza poteri? Ci saranno mesi di trattative serrate dagli esiti incerti.
Nessun soldo in più per finanziare la crescita è stato il risultato ottenuto dalla Germania di Angela Merkel. Per far apparire questo come un successo della Francia di François Hollande, a Bruxelles si è inventato un "patto per la crescita" che riutilizza fondi preesistenti o li cerca sui mercati attraverso la Banca europea degli investimenti, nulla che possa avere effetti contro la recessione europea. La novità, piuttosto, è rappresentata dall'avvio dei project bond: si introduce un principio di un certo rilievo, ma lo strumento ancora una volta dispone di appena 4,5 miliardi di euro.
Delle decisioni prese al Consiglio di Bruxelles resta - sul piano finanziario - il salvataggio europeo delle banche private, che potrebbe alleggerire il peso sui conti pubblici nazionali e - sul piano politico - l'apparente rottura dell'asse tra Germania e Francia, con un possibile contrappeso nell'alleanza (assai fragile) tra Italia, Spagna e Francia. Ben più lungo è l'elenco di quello che il vertice europeo non ha deciso. Non c'è stato nessun incremento nel fondo salva-stati, non sono stati istituiti gli eurobond, non è stato dato il potere alla Bce di comprare titoli pubblici a volontà sul mercato primario o di prestare soldi al fondo salva-stati, non è stato avviato un sistema di garanzia dei depositi bancari. L'unione bancaria e l'unione fiscale esistono solo sulla carta.