di Roberto Romano
l comunicato del governo sulla spending review è un pugno allo stomaco. Le misure adottate non sono una «rivisitazione della spesa», ma una vera e propria manovra correttiva da 4,5 miliardi per 2012, 10,5 per il 2013 e 11 per il 2014. Misure di contenimento della spesa pubblica peraltro parziali. Siamo infatti in attesa di un altro provvedimento legato alle agevolazioni fiscali, che secondo l'ex ministro del tesoro valeva 20 miliardi. Il tutto senza evitare l'aumento dell'Iva, solo posticipato. Altri 4 mld di euro. La sanità sarà colpita da un taglio aggregato di 13 mld di euro, non di meno le regioni e comuni. In altre parole, il governo nega che la minore crescita del pil non ha «minacciato» i conti pubblici, ma le misure adottate sono esattamente pari alle minori entrate che la riduzione del pil determinerà.
Se le previsioni di crescita erano negative tra il meno 2% e il meno 2,5%, con queste misure si riduce la domanda e, per questa via, determinerà una ulteriore contrazione della crescita.
Così come il governo afferma che un euro di investimenti crea 3 euro di pil (scusate, ma la stupidità è nella relazione tecnica del decreto sviluppo), se dovessimo adottare lo stesso «de-moltiplicatore», il taglio della spesa della pubblica amministrazione - per forza di cose lineare - dovrebbe determinare una contrazione del pil di un ammontare identico a quello paventato dal decreto sviluppo. Ovviamente non utilizziamo questo metro di misura; i bocconiani riescono a far di tutto, ma l'andamento delle esportazioni, della domanda interna, degli investimenti, unitamente al taglio secco della spesa pubblica, con il taglio del 10% degli impiegati e meno 20% dei dirigenti, determinerà una crescita del rapporto debito/pil ben oltre il 120%. Magari i bocconiani dovrebbero studiare Paolo Sylos Labini e Pasinetti. Sarebbero un po' meno stolti.
Attenzione: questo provvedimento interessa le misure che riguardano il recupero del mancato gettito legato alla recessione. Non ci sono ancora le misure che dovrebbero essere adottate per implementare il patto euro plus e poi fiscal compact, cioè delle misure pari a 1/20 del rapporto debito pil superiore al 60%. L'Europa si impegna per 120 mld di euro per la crescita, ma obbliga gli stati a misure che valgono il doppio delle risorse stanziate per la crescita. Questa crisi è molto peggio di quella del '29. Krugman l'ha descritta efficacemente. Ma gli europei si meritavano dei dirigenti-tecnici-politici così scadenti? Ci sarà un momento in cui «la forza delle idee diventerà più forte degli interessi costituiti» (Keynes)?