di Paolo Beni

Non c’è dubbio che la vicenda greca offra indicazioni preziose alla sinistra italiana: sulla possibilità di costruire un’alternativa al paradigma liberista, ma anche sui rischi della frammentazione e sulla necessità di aggregare i diversi sociali attorno ad un progetto di cambiamento.

La crisi greca ci squaderna sotto gli occhi uno spaventoso arretramento dei diritti sociali, civili e politici conquistati in decenni di storia europea. La pretesa di liberare il mercato da ogni vincolo sociale sta cancellando l’universalismo dei diritti che le Costituzioni democratiche del dopoguerra…. avevano sancito come principio irrinunciabile.

E’ sempre più chiaro che la vera prospettiva europeista è fuori dal liberismo, in un progetto transnazionale di solidarietà e giustizia sociale, partecipazione e controllo democratico sull’economia e la finanza.

C’è un filo che lega, pur con evidenti diversità, i risultati delle recenti elezioni francesi e tedesche col successo di Syriza in Grecia: in Europa stanno maturando le condizioni per un cambio di rotta. Quando sono chiamati a esprimersi col voto i cittadini europei bocciano le scelte della destra conservatrice e neoliberista di fronte alla crisi; la sinistra raccoglie consensi quando si oppone alle ricette imposte dai tecnocrati del mercato, viene invece punita dagli elettori laddove è subalterna al ricatto dei poteri finanziari.

L’Europa del monetarismo ha fallito e i suoi governi, succubi di fronte all’impunità del mercato, scelgono di scaricare il costo di quel fallimento sui più deboli. Ma le politiche di austerità e rigore a senso unico si dimostrano impotenti ad arginare la crisi e far ripartire la crescita, spingono le economie europee nella recessione, producono il massacro dei diritti sociali e la messa in mora della democrazia. La situazione implode ed è evidente che serve un’alternativa, ma questa non esiste dentro le compatibilità imposte da quegli stessi poteri che della crisi sono i primi responsabili.

Serve una svolta profonda, che parta dalla presa d’atto del fallimento del liberismo e della necessità di rimettere in discussione le basi culturali di quel modello di sviluppo. E’ l’ora di cambiare strada, con scelte nette e rigorose nell’orizzonte di uno sviluppo mirato alla riconversione ecologica dell’economia, alla qualità e alla sostenibilità delle attività produttive, ai beni pubblici e sociali. Non è vero che il risanamento dei conti pubblici sia incompatibile con l’equità, la giustizia sociale, la partecipazione democratica. E’ questione di scelte: rimettere al centro del modello economico e sociale il lavoro, i beni comuni, il welfare pubblico, la sostenibilità ambientale, la cultura e l’istruzione, una vera democrazia al servizio delle persone e delle comunità.

Questa oggi è la vera sfida per la sinistra. Saremo in grado di affrontarla solo se sapremo produrre un grande sforzo culturale. Per alimentare un nuovo progetto serve un pensiero nuovo, che parta dalla critica degli errori compiuti in questi anni in cui l’illusione di mitigare il liberismo e contenerne gli effetti sul piano sociale ha prodotto la più grande sconfitta storica della sinistra. Nella società italiana c’è una domanda di cambiamento che non trova risposte adeguate e solo col rinnovamento della politica potrà avere uno sbocco positivo. In questa situazione c’è un grande spazio per la sinistra, se saprà rappresentare in modo credibile un’altra idea di economia, di società, di democrazia.

La prima condizione è che i partiti non facciano ancora una volta l’errore di confidare nella propria autosufficienza e prendano atto della crisi che li attraversa. Ciò che serve non sono le scorciatoie leaderistiche o le alchimie tattiche, ma ricostruire il rapporto con la società, coinvolgere i soggetti sociali, dare dignità alle diverse forme della rappresentanza. E’ dal basso che può crescere l’alternativa: dai territori e dalle comunità locali, dall’iniziativa civica diffusa che riconquista lo spazio pubblico e ridà senso a un’idea della politica che non è gestione dell’esistente ma processo collettivo di trasformazione.

 

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