di Giovanna Capelli
Alla Camera del Lavoro di Milano, in una sala gremita si è svolto il dibattito fra Paolo Ferrero, Maurizio Landini e Oscar Lafontaine. Senza retorica e infingimenti, i protagonisti del confronto sono entrati nel merito delle diverse strategie che percorrono la sinistra italiana, mettendo a nudo, da un lato, la convergenza delle analisi sulla crisi e dall'altro la diversità delle proposte e dei percorsi.
Oscar La Fontaine ha sintetizzato il comune punto di vista sulla crisi, mettendo a tema la necessità di porre fine alla «dittatura delle banche e della finanza» e di avviare una stagione di democrazia diretta, fondata sulla partecipazione e volta a creare le condizioni che consentano alla maggioranza del popolo, cioè ai lavoratori e alle lavoratrici di contare, rovesciando una condizione nella quale i parlamenti non rispettano la sovranità popolare e sono corrotti dallo strapotere della finanza, succubi delle sue strategie. Il discorso di Lafontaine è stato significativo anche per la biografia di un uomo politico che ha avuto il coraggio di rompere politicamente con la socialdemocrazia tedesca e di trarre dal fallimento di quell'esperienza la convinzione che sia necessario lavorare alla costruzione di una sinistra anticapitalista in Germania, mescolando storie diverse, in un grande sforzo di unità e di contaminazione delle esperienze e delle culture, fondando la Linke e la Sinistra Europea, la sola soggettività politica transnazionale europea che si pone l'obiettivo di occupare la dimensione europea come spazio politico minimo per affrontare da un punto di vista di classe i problemi della globalizzazione, per unificare e collegare le forze sociali e politiche che non accettano di pagare la crisi e per non rifluire nel nazionalismo sciovinista o nelle secessioni. Il punto di vista di Oskar LaFontaine ha fatto anche da sfondo ad un vivace confronto fra Ferrero e Landini sul che fare qui ed ora. Grandi sono le convergenze sulla analisi della fase, lucida e opportunamente "pedagogica" l'esposizione di Paolo Ferrero che si è posto l'obiettivo esplicito di offrire gli strumenti per sapere che cosa è la crisi e la speculazione finanziaria, da cosa è provocata e come la si può fermare, considerato che non è il prodotto di una legge di natura. Da un punto di vista rigorosamente sindacale, Landini ha ricostruito la storia del rapporto capitale-lavoro in fabbrica, a partire dalla sconfitta alla Fiat degli anni Ottanta, quando cominciò la fase della globalizzazione neoliberista. «Ora - ha detto - siamo ad un nuovo cruciale passaggio di paradigma sociale. Con l'articolo 8 della manovra, con la New Company di Marchionne, non solo si umilia il lavoro, ma lo si cancella dal diritto, dalle leggi, si chiude un'epoca».
Ma allora che fare? La domanda è per tutti, ma è chiaro che è rivolta in primo luogo alla politica, e chiama in causa quella che Landini chiama «la mancanza di rappresentanza politica del lavoro». E qui nascono le differenze. Landini pensa che si debba lavorare per fare in modo che Berlusconi vada a casa al più presto,giudica negativo un governo tecnico e si rende conto che nello schieramento dell'opposizione prevalgono politiche subalterne ai diktat neoliberisti della Bce,ma è per accettare la sfida del governo, senza chiusure, fissando alcuni punti: abolizione dell'art.8, riforma del welfare, salario minimo perchè il popolo della sinistra chiede di cambiare qui ed ora. Ferrero, benchè più cauto e pessimista, accetta la sfida e ne arricchisce il percorso proponendo le primarie sul programma. Ma ricorda che anche l'esperienza di Obama dimostra che non bastano né un programma né un laeder, nè una vittoria elettorale. Perché in primo piano c'è la necessità di una sinistra anticapitalista, fuori dall'Ulivo.
Liberazione 14/10/2011