di Loris Campetti
Si riunisce oggi a Modena una delle componenti più attive della zoppicante democrazia italiana: 5mila delegati metalmeccanici, una rete fatta di nodi diffusi in tutto il territorio nazionale e tra loro intrecciati che rappresentano un pezzo di classe non sedata da promesse false e prebende e non «incorporata» nel pensiero unico.
Questo pezzetto costituente di una nuova, possibile democrazia italiana si riconosce e si organizza nella Fiom, un sindacato autonomo dai partiti, dai giochi politici, nonché Autonomo dalla controparte imprenditoriale pubblica e privata, autonomo dai governi, siano essi di centrodestra, di centrosinistra o ipocritamente definiti tecnici. Eppure la Fiom è un soggetto «politico» secondo la migliore tradizione sindacale italiana: essere fuori dai partiti, rifiutare di farsi partito non vuol dire indifferenza rispetto agli indirizzi politici ma il contrario.
Il dramma del nostro paese è la caduta verticale della rappresentanza, innanzitutto quella politica: nessuno rappresenta un mondo del lavoro rimasto senza sponde e interlocutori forti. A lungo andare, la cancellazione della centralità del lavoro dalle agende dei partiti e la sua svalorizzazione producono rabbia e solitudini, fino a mettere in crisi la stessa rappresentanza sociale, in un contesto che colpisce salario, pensioni, occupazione e futuro dei giovani. Sono centinaia di migliaia i posti di lavoro cancellati nell'ultimo lustro, solo nal settore metalmeccanico.
Il reticolo democratico riunito oggi a Modena è un fattore «anticiclico», perché parla di un altro modello di sviluppo, ecologicamente e socialmente compatibile, di altre politiche: dentro l'orizzonte e le ricette liberiste non c'è futuro per i lavoratori e per i loro saccheggiati diritti, non c'è democrazia ma solo diseguaglianze. I 5 mila delegati metalmeccanici parleranno di contratto negato o separato, di democrazia sindacale sospesa sulla base del modello Marchionne, di rappresentanza decisa dai padroni e non più dai lavoratori e, soprattutto, parleranno di lavoro e della sua qualità. E preparano un autunno incandescente, fitto di appuntamenti: domani prenderà il via la raccolta di firme per i due referendum sul lavoro lanciati inizialmente dall'Italia dei valori e quindi fatti propri da un ampio schieramento politico e sociale, e la Fiom sarà in prima fila nella battaglia contro l'art.8 della manovra ferragostana di Berlusconi che mette nell'angolo i contratti nazionali e per il ripristino integrale dell'art.18 dello Statuto dei lavoratori. Che garantiva, e dovrà nuovamente garantire, il reintegro di chi è stato licenziato senza giusta causa. Siccome siamo già di fatto nel pieno della campagna elettorale, i gazebo per la raccolta di firme imporranno alle forze politiche in campo di fare i conti con il tema troppo a lungo rimosso del lavoro. E questo è un lucido esempio di cosa voglia dire per la Fiom fare politica.
Sabato 20 invece l'appuntamento è a Roma in piazza S. Giovanni per una grande manifestazione dei dipendenti delle aziende in crisi - in cui i metalmeccanici rappresentano, loro malgrado, la componente maggioritaria - promossa dalla Cgil. E una rappresentante della segreteria nazionale della confederazione di cui la Fiom è parte sarà presente all'assemblea di Modena, ma ci saranno anche i rappresentanti degli studenti e della Flc-Cgil (lavoratori della conoscenza) per ricordare le ragioni dello sciopero e delle manifestazioni di oggi in tutt'Italia.
Può bastare una grande manifestazione al sabato per tentare di invertire una politica classista, a rovesciare la logica che pretende di ridurre i diritti e allungare orari e vita lavorativa, con una logica che all'opposto chiede riduzione degli orari, contratti di solidarietà e sostegno alle imprese virtuose che scelgono questa strada e puntano sull'innovazione? Secondo la Fiom è necessario un ulteriore segnale, ancora più forte, che non può che essere lo sciopero nazionale dei metalmeccanici, visto che quello generale di tutti i lavoratori è, da mesi, soltanto minacciato. Saranno i 5 mila delegati a dire la parola decisiva, scegliendo data e modalità dell'iniziativa di lotta.
Fiat, Finmeccanica, Alcoa, Ilva e l'elenco del disastro industriale (morale) italiano potrebbe riempire un'intera pagina di giornale: la Fiom ne parla, cerca soluzioni, organizza le persone colpite per evitare di abbandonarle alla solitudine, disegna scenari diversi e concreti.
Possibile che se ne debba occupare soltanto la Fiom?
Il Manifesto - 12.10.12