Intervista a Maurizio Landini di Loris Campetti
«Non si esce dalla crisi aumentando l'orario e riducendo ancora l'occupazione. Cisl e Uil negano la democrazia»
Chiunque vincerà le elezioni dovrà continuare la strada imboccata da Monti. Questo è il diktat che giunge dal Quirinale e da palazzo Chigi. Maurizio Landini è di tutt'altro avviso: «Io penso l'opposto, perché le politiche di Monti non ci hanno portato fuori dalla crisi economica e hanno aggravato la crisi sociale. Se non si mettono in discussione le cause che hanno prodotto la crisi, non c'è via d'uscita, solo macelleria sociale. Bisogna invece difendere il lavoro e costruirne di nuovo, dentro un diverso modello di sviluppo rispettoso dell'ambiente e dei diritti. Per questo serve una politica industriale mirata, investimenti pubblici e privati, ricerca e innovazione. I soldi vanno cercati dove sono, colpendo i redditi più alti e la rendita e non tagliando sulla scuola, la cultura e la sanità. Servono politiche finalizzate a cancellare diseguaglianze, discriminazioni ed esclusione dal lavoro di intere generazioni di giovani». Col segretario generale della Fiom parliamo di lavoro, contratti e politica.
Federmeccanica insieme a Fim e Uilm sta cucinando un nuovo contratto nazionale separato fatto per seppellire il contratto nazionale. Come reagisce la Fiom all'ennesima esclusione?
La Fiom ha proposto un accordo unitario per mettere al centro la difesa del lavoro. Una tregua di un anno che blocchi la stipula dell'ennesimo contratto separato. Insieme, sindacati e Federmeccanica, dovremmo chiedere al governo la defiscalizzazione degli aumenti salariali e il sostegno delle aziende che tutelano il lavoro distribuendo quel che c'è tra tutti. Un anno di tregua, per applicare l'accordo confederale del 28 giugno 2011 verificando la rappresentatività dei vari sindacati e definire su base certificata i criteri della rappresentanza.
Però sia Finmeccanica che Fim e Uilm hanno risposto picche.
Non solo, Fim e Uilm hanno chiesto a Federmeccanica di tenere la Fiom fuori dalle trattative. Siamo a una violazionazione esplicita della democrazia e delle regole stabilite dall'accordo tra Cgil, Cisl, Uil e Confindustria. Siamo all'estensione del «modello Marchionne» che produce guasti ai danni dei lavoratori e del sistema paese. Inoltre, bisogna sapere che le condizioni ineludibili poste da Federmeccanica prefigurano la morte del contratto nazionale e di regole e garanzie uguali per tutti: Federmeccanica vuole l'aumento del tempo di lavoro, 250 ore di straordinario non contrattabili, la fine dei minimi salariali uguali per tutti, con deroga per le aziende in crisi, l'«esigibilità degli accordi» che si traduce con una regolamentazione del diritto di sciopero. Fim e Uilm hanno accettato il confronto sulla base di queste pretese padronali. Noi chiediamo ai contraenti dell'accordo del 28 giugno di imporre alle loro organizzazioni il rispetto delle nuove regole, che garantiscono il diritto di tutti i sindacati rappresentativi di sedere ai tavoli di trattativa.
L'hai chiesto anche a Susanna Camusso, che siede al tavolo sulla produttività con Confindustria, Cisl e Uil?
Certo che l'ho chiesto alla Cgil: che senso ha trattare, se non si rispettano le regole del confronto in un settore di importanza generale per il sistema economico del paese? La crisi, il disimpegno del governo e le risposte politiche sbagliate stanno aggravando la crisi, dall'informatica alla siderurgia, all'auto. Taranto pone un problema generale che riguarda la qualità della produzione, dei processi produttivi e dello sviluppo. Interi settori metalmeccanici rischiano di essere cancellati. Dunque, se si violano le regole generali e condivise sulla rappresentanza si apre una ferita che non colpisce solo i metalmeccanici, ma tutti. Il confronto in atto sulla produttività dev'essere interrotto finché non sarà garantita a tutte le organizzazioni sindacali l'agibilità.
Il vostro sciopero generale del 16 novembre avrà questi punti al centro della mobilitazione?
Contratto, democrazia sindacale, diritti dei lavoratori, ai quali è vietato esprimersi sugli accordi che li riguarda ed eleggere i propri rappresentanti. Con lo sciopero chiediamo un radicale cambiamento della politica del governo, chiediamo un suo protagonismo negli indirizzi di politica industriale; che non si vede, a differenza che in Francia, Germania, negli Usa. Addirittura, i settori pubblici dell'industria sono allo sbando, come Finmeccanica schiacciata tra la cattiva gestione, gli scandali e l'assenza di un piano industriale. Alla giornata di lotta del 16 parteciperanno gli studenti che si battono contro un modello privatistico e classista della conoscenza: insieme vogliamo costruire un diverso modello di sviluppo, per un'Italia diversa e un'Europa sociale
Il 14 novembre, c'è uno sciopero generale in Spagna, Portogallo e Grecia e mobilitazioni in tutto il continente. Voi come ne siete partecipi?
Il 16, due giorni dopo - il 15 a Taranto, dove si terrà una manifestazione regionale - in tutt'Italia saranno presenti sindacalisti europei. Aspettiamo di sapere cosa deciderà le confederazione per il giorno 14. Il nostro è già un appuntamento europeo.
Ai partiti che si presentano alle elezioni per costruire un'alternativa alle destre, e almeno a parole in discontinuità con Monti, cosa chiedete?
Di mettere il lavoro in testa ai programmi, se sono interessati a confrontarsi con i lavoratori. Non è da oggi che la Fiom chiede alle forze di sinistra da che parte stanno, e quali politiche hanno in testa. La Fiom l'ha detto a tutti con chi sta, e a tutti lo ripete ogni giorno nei posti di lavoro, ai banchetti dove si raccolgono le firme per i referendum sul lavoro, e lo ripeteremo in massa nelle piazze con lo sciopero generale del 16 novembre.
Il Manifesto - 26.10.12